Gigi Simoni, l’allenatore gentiluomo

di Emanuele Perego
(zonacalciofaidate.it)

Gigi Simoni alzò al cielo all’età di 59 anni la Coppa Uefa, era il 6 maggio del 1998. La sua Inter batté la Lazio (3-0) al Parco dei Principi di Parigi.

E’ il trofeo più importante vinto dal tecnico emiliano. Massimo Moratti, patron dell’Inter, lo chiamò alla Pinetina nell’estate del 1997.

Luigi, detto Gigi, nasceva a Crevalcore, alle porte di Bologna, il 22 gennaio del 1939. Si è spento all’età di 81 anni dopo aver lottato per mesi, colpito da un ictus nel giugno dello scorso anno.

E’ stato un uomo misurato e pacato, quasi mai fuori misura, lucido e cristallino durante le interviste; con i giornalisti è stato disponibile e affabile.

Rimane negli annali del calcio lo scontro tra Ronaldo e Iuliano all’interno dell’area di rigore durante il match-scudetto tra Juventus e Inter (1-0), il 26 aprile del 1998. L’Inter invocò il calcio di rigore e, in quell’occasione, anche Gigi Simoni contestò con veemenza l’arbitro Ceccarini di Livorno. Il mister ricevette “la panchina d’oro” come miglior allenatore italiano della stagione.

Era considerato dai critici detrattori un “allenatore di provincia”, giunto sul palcoscenico del grande calcio in età matura, abituato a lottare per non retrocedere e mago delle scalate nella massima serie dal carattere schivo e arcigno.

Il suo gioco equilibrato era semplice e basilare ma estremamente sagace; le qualità dei singoli esaltati al servizio del collettivo. In molti lo rammentano temperato nella tattica e acuto nei rapporti interpersonali. Il legame stretto tra Gigi Simoni e Ronaldo (Il Fenomeno) era paterno, schietto, trasparente.

Lo ricordiamo passeggiare con la moglie Monica all’interno della Fiera di Milano durante una kermesse del mobile, con il suo fare gentile e garbato, non disdegnando le domande rispettose di appassionati e curiosi.

“Gigi era una grande persona, un grande uomo” dice Beppe Bergomi, ex capitano nerazzurro, e aggiunge: “Per me è stato importantissimo, mi ha dato l’opportunità di giocare un quarto Mondiale”.

Iniziò da giocatore, vestendo le maglie del Mantova di Edmondo Fabbri, Napoli, Torino, Juventus, Brescia e Genoa. A Napoli vinse la Coppa Italia del 1961-62, mentre nel Torino formò la coppia con Gigi Meroni. Nel ruolo di centrocampista collezionò 386 presenze da professionista segnando 62 reti.

Nel 1975, dopo aver appeso le scarpette al chiodo, cominciò una lunga carriera da allenatore, girando in lungo e in largo la penisola italiana. Conquistò 8 promozioni, una cifra record per il calcio nostrano, di cui 7 in Serie A con Genoa (1975-76 e 1980-81), Brescia (1979-80), Pisa (1984-85 e 1986-87), Cremonese (1992-93), Ancona (2002-03), infine una in seri C1 con la Carrarese (1991-92).

 “Ci ha lasciati oggi, 22 maggio. Una data non casuale, la data più interista di tutte”.
La data del Triplete. 
Così comincia il comunicato dell’Inter sul sito ufficiale, che esprime il cordoglio della società nerazzurra alla famiglia e ai suoi cari.

Attenti, sto arrivando!!!!

Attenti, sto arrivando nel vostro bar preferito!
Dopo il successo di “Gentecheparla…dalla quarantena” durante il lockdown, torno con una piccola variabile che mi fa molto piacere: i bar hanno riaperto e cosa c’è di meglio di venire nel vostro bar preferito a parlare con voi e con il vostro amico barista (che i suoi grattacapi ce li ha di sicuro, ma tira avanti!)?
In diretta, a sorpresa, sulla mia pagina Facebook!

 

Stiamo combattendo il virus della paura!

Riaperti i locali cosa pensavate? Che le gente (con i pochi spiccioli rimasti in tasca) non andasse a prendersi un aperitivo o a mangiare una pizza? Bar e ristoranti dovevano rimanere vuoti??? Con le dovute cautele, certo…
Anzi, un buon segno: stiamo combattendo il virus della paura!
Ps. Chi vuol restare in casa, faccia pure. Ma non rompa le balle agli altri.

Altro che dono…

A quelli che pensano che questo virus sia un “dono” della Terra per purificarci (dal Male? Dallo smog? Da cosa esattamente?), rispondo che in molti ne avrebbero fatto volentieri a meno. Oltre 30mila persone sarebbero ancora vive e molti di noi avrebbero ancora un lavoro.
Altro che dono. A me sembra un “castigo” (ma non tirate in ballo Dio).

Voglio il mio vero caffè!

Con la (semi)liberazione del 4 maggio, una prima vera conquista, una prima vera parvenza di libertà l’abbiamo ottenuta: il caffè al bar. 
Ovviamente, non il vero caffè seduto nel mio bar preferito, con lo zucchero a portata di mano, la scollatura della barista a portata di occhi e la Gazzetta dello Sport a portata di…cervello. Quello è il mio sogno, quello è il mio vero caffè che voglio! Ma, per lo meno, abbiamo potuto riassaporare il gusto del caffè del bar, sebbene da asporto, sebbene in un bicchierino di carta, sebbene da consumare velocemente e furtivamente fuori dal bar, quasi come dei ladri, sebbene senza Gazzetta dello Sport, sebbene senza la scollatura della barista – ora in cassa integrazione – e sostituita dal barbuto proprietario. Meglio che niente! 
Ma come mi è mancato il caffè al bar! E’ la cosa che mi è mancata di più, durante questa maledetta quarantena! Anche il bar in piedi, al banco, all’italiana…certo che mi è mancato!
Ma che ne sanno gli stranieri che vogliono sempre sedersi al tavolino del bar, come se fossero al Florian di Venezia anche se si trovano a Pinerolo o a Formigine!? Se sapessero il gusto corroborante di energia pura di un caffè in piedi al bancone del bar……
Ecco, ora lo aspetto: al bancone o al tavolino, non importa. Io voglio il mio vero caffè!

“Pesci Grossi” molto pericolosi!

Il nuovo libro di Cristiano Tassinari & Gualtiero Papurello.
Il primo giallo sulla Torino-Lione.

La “Cioccolateria Grimaldi” è un piccolo gioiello di pasticceria sabauda, creata da Edoardo Grimaldi, con passione e dedizione. Tutto sembra andare a gonfie vele, fino a quando non arriva la maledetta crisi. Che travolge anche la “Cioccolateria”. Grimaldi deve chiudere i suoi punti vendita, deve licenziare i dipendenti, le banche non gli concedono più prestiti. Lui, disperato, prova a chiedere aiuto al vecchio amico Roberto Molteni, diventato un Pesce Grosso dell’economia e della finanza mondiale.
Tutto inutile. E allora, una domenica nella casa di campagna nelle Langhe, decide di farla finita. L’ennesimo caso di imprenditore che si toglie la vita.
Ma c’è chi è pronto a raccogliere il suo testimone. A cominciare dalla vendetta.

Disponibile in formato cartaceo e versione e-book.

https://www.atenedelcanavese.it/pescigrossi/

4 maggio 2020: giorno della (semi)liberazione!

Oggi, 4 maggio 2020, è il giorno della nostra (semi)liberazione!
Dopo 53 giorni di quarantena, da oggi finalmente ho potuto uscire a farmi un’oretta di camminata veloce e nel pomeriggio abbiamo portato a spasso Santiago sotto un bellissimo sole. Stasera, infine, andremo a mangiare una fetta di torta di compleanno di Luca, mio nipote e cuginetto di Santiago, che compie 18 anni. Non credo che terremo la mascherina, per mangiare la torta, non credo proprio….
La libertà, tuttavia, non è completa. Anzi. E’ molto incompleta.
Troppe cose normali ci sono ancora vietate, per altre serve sempre un’assurda autocertificazione, il lavoro non c’è più e chissà se e quando ritornerà.
Ma questo 4 maggio 2020 – pur con le dovute precauzioni – rappresenta pur sempre un piccolo, importante passo in avanti, per tornare a quel mondo libero e bellissimo – e non lo sapevamo – che avevamo prima.

Il 1° maggio al tempo del virus: e il lavoro è sempre più distante…

Ormai l’ho presa con filosofia, dopo quasi due mesi di quarantena, però il 1° maggio è sempre una data simbolica e ritrovarsi il 1° maggio senza un lavoro è una cosa che destabilizza. Non solo l’unico, certo, di questi tempi, ma la cosa non mi allevia la pena di aver perso il lavoro….per colpa di un virus!
Fosse per la crisi, l’avrei pure capito. Ma per un virus no!
Non ci avrei pensato, mai e poi mai!
Che poi, in realtà, essendo free-lance, il lavoro non è perso completamente, potrà pure ritornare, ma bisognerà sudarselo, bisognerà riguadagnarselo e, poichè lavoro prevalentemente all’estero, molto dipenderà dai rapporti di confine tra un paese e l’altro. Perchè se le frontiere rimangono chiuse, non c’è smart-working che tenga, almeno per me.
Un lavoro sempre più distante, sempre più lontano. E, stavolta, non si può nemmeno dare la colpa al capo-ufficio o al capo-redattore, non c’è uno stronzo su cui caricare la responsabilità di un lavoro che non c’è più. E, se riprenderà, sarà per meno gente, per meno soldi, per meno diritti. Sempre meno meno meno…
Purtroppo vale per tutti: bar, ristoranti, redazioni di giornali e tv, fabbriche, uffici…
Spero di sbagliarmi, ma stavolta i bravi sindacalisti serviranno a poco.