I francesi ci sono rimasti male, e bisogna capirli: non vincono il Tour de France dal 1985 (l’ultimo trionfatore fu Bernard Hinault), avevano sperato in Thibaut Pinot e, soprattutto in Julian Alaphilippe – in maglia gialla fino alla terz’ultima tappa -, ma poi hanno scoperto che a “scippare” loro la Grande Boucle è stato un signor giovane corridore: Egan Arley Bernal Gómez. Per tutti, semplicemente: Egan Bernal.
Ha vinto meritatamente questo Tour de France 2019, lo ha vinto perchè è stato il miglior scalatore di tutti e perchè, bisogna dirlo, la mancanza di una cronometro finale lo ha favorito, a scapito del suo (presunto) capitano e precedessore (nell’albo d’oro) Geraint Thomas.
A Egan Bernal vogliamo bene anche noi italiani, anche perchè la sua storia sportiva da professionista è cominciata proprio in Italia. A scoprirlo fu il talent-scout torinese Gianni Savio – scopritore dei più grandii ciclisti colombiani degli ultimi decenni e Commissario Tecnico di Colombia e Venezuela – che lo portò nella sua squadra, la Androni-Giocattoli. Bernal è stato “torinese” a tutti gli effetti – e con molti affetti -, vivendo nel Canavese, a San Colombano Belmonte e a Cuorgnè, grazie all’amico Vladimir Chiuminatto, ora presidente del Fan Club dedicato a “Eganito”
Ma noi siamo affezionati ancor di più a Bernal da quando abbiamo scoperto che è nato il 13 gennaio, lo stesso giorno di Marco Pantani.
27 anni dopo.
Un segno del destino? Sicuramente. E un po’ del “Pirata”, nel suo modo di correre e di attaccare le salite, Bernal ce l’ha.
La sua passione per il ciclismo gliel’ha inculcata il padre German: sognava di essere un ciclista professionista, magari come il leggendario Lucio “Lucho” Herrera, si è dovuto accontentare di fare il custode ad una miniera di sale e poi diventare un agente di sicurezza, ma senza la…sicurezza del lavoro. La mamma, Flor, lavorava come donna delle pulizie in diversi edifici pubblici, tra cui l’ospedale, della loro città, Zipaquira.
Poi è arrivato Ronald, il fratellino di Egan, che ora ha 14 anni. E grazie ai soldi già guadagnati dal figlio maggiore, i genitori hanno smesso di lavorare e accompagnano il figlio un po’ ovunque in giro per il mondo, proprio come fa la fidanzata Xiomena Guerrero, anche lei una sportiva, nazionale colombiana di mountain bike. E il nonno Alvaro è il suo primo tifoso.
E il primo amore di Egan Bernal è stata proprio la mtb. A 7 anni, vince una gara scolastica che gli permette di ottenere in regalo una bici marca Trek e una borsa di studio per continuare a correre e a studiare.
Con la mountain bike, e con la squadra creata dal suo pigmalione Pablo Mazuera, Bernal ha vinto le prime corse e le prime medaglie, argento e bronzo ai mondiali mtb juniores in Norvegia (2014) e ad Andorra (2015) e oro nei Giochi Panamericani (Colombia 2015), ma aveva capito che non avrebbe mai guadagnato tanto come con il ciclismo su strada.
A 17 anni, il giovane Egan Bernal pensa di abbandonare definitivamente la mtb, si iscrive alla facoltà di Giornalismo all’Università, ha bisogno di una svolta.
Che arriva all’improvviso.
Egan rimane folgorato da Chris Froome, uno dei suoi idoli insieme a Vincenzo Nibali, e decide di buttarsi: la sua prima corsa a tappe su strada è il “Clasico Nacional de Turismeros“, vicino a Fusagasugà, non lontano da Bogotà, a casa di “Lucho” Herrera. Arriva secondo nella classifica generale, conquistando la maglia di vincitore del Gran Premio della Montagna. Da lì è scattata la molla. Pur continuando a fare mountain-bike, il suo chiodo fisso ora è trovare una squadra per le corse in linea.
Gli dà una mano Andrea Bianco, l’italiano che allenava la nazionale colombiana di mtb. Lo fa iscrivere ad una corsa in Italia, in Toscana: il Trofeo d’Autunno del Monte Pisano, il “piccolo Fiandre”, come viene definito. E Bernal vince. La sua vittoria non passa inosservata agli occhi dell’ex professionista Paolo Alberati. Ê lui il primo a contattare Egan per un primo contratto da professionista all’Androni-Giocattoli di Gianni Savio. Contatto e contratto, firmato su una terrazza di Montecarlo, mangiando una pizza Margherita…
E da quel momento – anche con l’aiuto in allenamento di un certo Michele Bartoli – iniziano gli anni “piemontesi” (2016-2017) di Bernal, quelli in cui – pur non vincendo grandi cose (Tour de Bihor, Tour di Savoia-Monte Bianco, Sibiu Cycling Tour, Tour de l’Avenir, più la classifica di miglior giovane al Giro del Trentino, al Giro di Slovenia e alla Coppi&Bartali) – pone le basi per il passaggio al Team Sky (da maggio 2019 si chiama Ineos) e a questo suo straordinario 2019: Parigi-Nizza, Giro di Svizzera e Tour de France.
E pensare che non avrebbe nemmeno dovuto correrlo: tutta colpa di una caduta durante gli allenamenti (il 4 maggio) e della frattura della clavicola, che gli ha impedito di partecipare al Giro d’Italia, poi vinto da un altro “campesino” sudamericano, l’ecuadoriano Richard Carapaz. E quindi Bernal dirottato, casualmente, al Tour de France…
Chi potrà fermare la corsa del 22enne Egan Bernal?
Eddy Merckx, alla partenza del Tour da Bruxelles, aveva pronosticato: “Vincerà Bernal”. E ha azzeccato il pronostico. E Bernal, in cambio, potrebbe “rubargli” il suo celebre soprannome: del resto, chi – se non Bernal – può essere il nuovo “Cannibale”? Almeno delle corse a tappe, perchè il “Cannibale” vero, Merckx, vinceva anche le corse in linea, che invece non sembrano essere nelle corde di Bernal…
In tanti attendono l’esplosione del giovanissimo belga Remco Evenepoel, classe 2000, definito – tanto per cambiare – “il nuovo Merckx”.
Se così sarà, aspettiamoci tante belle sfide nel futuro.