IL MIRACOLO BATTE’ LO STATO

di Cristiano Tassinari

Un vero miracolo. Forse, in realtà, un mezzo miracolo: non tutti gli ospiti dell’Hotel Rigopiano di Farindola (Pescara) sono stati salvati, infatti. Ma è sempre meglio un mezzo miracolo che nessun miracolo. E mentre noi stiamo qui al calduccio, davanti al computer e alla tastiera, a scrivere e a leggere queste righe, i meravigliosi soccorritori sono ancora lassù, alla pendici del Gran Sasso, a scavare disperatamente nella speranza di salvare altre vite umane, il più possibili. Inutile, ora, fare la statistica dei superstiti, di chi non ce l’ha fatta e di chi è ancora tra i dispersi. E’ già incredibile pensare che qualcuno possa essere riuscito a farcela: nemmeno io avevo più speranze, sentendo le ultimissime dai telegiornali, dopo un giorno e mezzo di affannosa impossibilità a raggiungere quel luogo impervio, dove una slavina – forse una vera e propria valanga, causata dalle scosse di terremoto di quelle ore – aveva letteralmente sommerso e stritolato l’albergo. Non avevo più speranze io, figuratevi come dovevano stare i parenti dei famigliari intrappolati lassù! Poi, all’ìmprovviso, la speranza diventa realtà. Con i primi salvataggi. La mamma e il figlio. La bambina. Tutti gli altri, salvati. E allora possiamo proprio dire che è stato un miracolo, possiamo proprio dire che i fantastici soccorritori (pompieri, finanzieri, carabinieri, volontari della Protezione Civili, volontari…) e…Dio hanno sconfitto le negligenze di uno Stato inetto, assolutamente incapace di reagire a questa calamità naturale. Gli uomini si, i mezzi no. Non è il caso, ora, di fare polemiche. Ma, dopo, bisognerà indubbiamente fare il punto della situazione su una penuria organizzativa nella macchina dei soccorsi – pur in condizioni complicatissime – che non fa onore alla nostra tradizione di protezione civile (scritta senza le maiuscole, per indicare l’attività e non la struttura predisposta alla nostra…protezione!).
E i politici? In tutta questa tragedia, si è notata la loro clamorosa assenza, come se non sapessero cosa dire per giustificare quel che è accaduto, come se non sapessero cosa fare per evitare fischi e polemiche. Gli stessi fischi, le stesse lamentele dei cittadini colpiti dal terremoto in agosto e in ottobre, costretti a giocarsi la casa…al sorteggio!
Qualcosa (molto) non va in questo nostro Belpaese: meglio averlo capito subito (ma lo abbiamo capito?) e correre ai ripari.
Non ci saranno sempre i volontari e Dio a proteggerci. A proteggerci anche e soprattutto dallo Stato. hotel-rigopiano-

BRUTTI FIGLI DI QUESTO MONDO

Riflessione di Cristiano Tassinari 

La tragedia di Pontelangorino, in provincia di Ferrara, sulla strada che porta verso il mare, mi ha colpito ancor più da vicino: sono le mie terre, le mie zone, persino le mie spiagge. Sono ferrarese proprio come Riccardo, il ragazzo di 16 anni che l’altra notte ha ammazzato a colpi di ascia il papà Salvatore e la mamma Nunzia. Avete letto bene? Ha ammazzato il papà e la mamma. Colpevoli, forse, soltanto di averlo rimproverato – più e più volte, certo, come fanno i genitori – per il suo pessimo rendimento a scuola. Al culmine di una insopportabilità famigliare impossibile da capire razionalmente, il ragazzo ha coinvolto addirittura il suo migliore amico – un altro minorenne, di 17 anni (diventerà maggiorenne a novembre) – offrendogli mille euro per dargli una mano ad uccidere i genitori (cento euro in anticipo e il resto a “lavoro compiuto”). Terribile spietatezza calcolata. Doppio omicidio premeditato, come recita l’accusa nei confronti dei due ragazzi assassini.
Chissà che fine faranno: per un delitto tanto efferato non c’è sufficiente condanna nè sufficiente giustizia, nemmeno il massimo della pena. Non vorremmo, però, in questo paese iper-garantista, che il fatto di non aver ancora raggiunto la maggiore età sia un alibi per scaricare la coscienza di giudici che, con le condanne, ci vanno sempre inspiegabilmente con i guanti di velluto.
Questi due ragazzi assassini, Riccardo e il suo amico “prezzolato”, sono figli di un brutto mondo e brutti figli del mondo. Un mondo che non conosce la gratitudine, nemmeno da parte dei figli nei confronti dei genitori. Pensateci bene: i figli non restituiscono nemmeno l’1% di quello che mamma e papà hanno fatto (e fanno) per loro. Quante volte la mamma ha dovuto sopportare i pianti, i capricci, le malattie, i problemi di salute e di carattere dei figli? Quanto il papà ha dovuto spaccarsi la schiena per tirare avanti la famiglia e mantenere una vita decorosa per i propri figli? Pensateci, fa riflettere. E in tutto questo, i figli, cosa restituiscono? Pochissimo, in molti casi nemmeno i buoni voti a scuola, il minimo indispensabile.
Ma non tiriamo in mezzo la società e i tempi che cambiano: ci sono sempre stati figli che hanno ucciso il padre e la madre, e senza neppure scomodare Edipo. La cronaca ci ricorda il caso di Pietro Maso, che nel 1991 ammazzò i genitori nella loro casa in provincia di Verona. Questione di soldi e di bella vita. E la cronaca ci ricorda persino il caso di Erika e Omar, nel 2001, a Novi Ligure: la ragazza uccise la madre e il fratellino. E potremmo continuare con molte altre tragiche storie, dalla famiglia Carretta in poi, prima e dopo….
Non è solo questo brutto mondo ad aver generato figli assassini. Figli assassini lo si è già dentro. Altrimenti non si arriva a commettere follie come quella di Pontelangorino, nelle mie terre, le mie zone, le mie spiagge, il mio mare. E quello di genitori si conferma il lavoro più difficile del mondo: provate a chiederlo a chi ha tre figli, per esempio. Io ne conosco diversi di genitori con tre figli, una cifra già abbondante per le stitiche famiglie di questi tempi. Due figli bravissimi e uno disgraziato. Succede. Spesso. Eppure: gli stessi genitori, la stessa educazione. Gli stessi frutti che non dovrebbero cadere troppo lontani dagli stessi alberi. E allora? Che avesse ragione Lombroso con la sua teoria del “criminale dalla nascita”?.
Difficile dare una risposta ad un quesito così delicato.
Di sicuro, chi commette atti brutali e barbari come l’assassinio dei genitori è un brutto figlio di questo mondo.

figli che uccidono i genitori

ISTANBUL, L’ATTENTATO DI CAPODANNO. E IL 2017 COMINCIA MALE….

Un’altra volta, l’ennesima volta. Un altro atto terroristico, con la firma dello Stato Islamico. La tragedia di Istanbul, dove nel night club “Reina” hanno trovato inaspettatamente la morte 39 persone, ricorda da troppo vicino l’attentato di Parigi, al Bataclan. Un’azione criminale e animale, ai danni di uomini e donne, ragazzi e ragazzi, che in una città sempre più tormentata come Istanbul e in un paese sempre più dilaniato come la Turchia stavano soltanto cercando un refolo di spensieratezza, per qualche ora, nella notte di Capodanno. Nei pochi siti internet non oscurati dal governo turco, ho visto foto raccapriccianti: corpi a terra, uno addosso all’altro, sanguinanti, senza vita, senza pietà, passati in un attimo dall’effimera felicità all’abisso della morte.
Il 2017 è iniziato male, malissimo, con la “solita” strage di innocenti, assassinati in nome di chissà quale Dio, di chissà quale religione, di chissà quale orizzonte virtuoso, di chissà quali interessi….
A colpirmi, però, è stato anche il nostro atteggiamento di noi occidentali: un attentato in Turchia – ormai sono tanti, all’ordine del giorno – non vale lo stesso effetto emotivo di un attentato a Parigi, a Bruxelles e a Berlino. Purtroppo, l’assuefazione – anche al peggio – esiste e noi ci siamo incredibilmente abituando al peggio. Ma, terribile a dirsi, non sono in pochi quelli che pensano che la Turchia paghi a caro prezzo la propria ambiguità politica, il proprio atteggiamento voltagabbana in Siria, prima contro Assad e Putin, ora al fianco del dittatore siriano e dello Zar di Mosca, insieme contro i “ribelli” che voglio scacciare Assad, dalla devastata Aleppo come dal resto del paese. E poi ci sono gli oppositori interni, i curdi...ma che colpe hanno i poveri uomini, donne, ragazzi e ragazze del “Reina” se Erdogan combina tutto e il contrario di tutto, auto-colpo di stato compreso? Ormai la Turchia, lo dice chi ci vive e chi non ci vuole più vivere, è diventato un luogo pericoloso. E non solo per colpa del terrorismo. Da una Turchia europea, ad un passo dall’ingresso nell’Europa Unita, fino ad una Turchia integralista e ben poco integrata in quella porzione di Europa che si affaccia all’Asia, e viceversa. Ma turchia-istanbul_attackil vero problema, oltre ai folli killer reclutati dall’Isis in giro per il mondo, Cina inclusa, sono i Grandi della Terra: da questa parte del mondo, oltre al Califfo, banchettano solo i già citati Erdogan e Putin, con un clamoroso doppio vuoto: quello lasciato dall’Unione Europea e dagli Stati Uniti. Confidando ben poco nel nostro Vecchio Continente troppo preso dalle sue beghe finanziarie, ci rimane solo una speranza: quella del nuovo presidente americano Donald Trump. E va a finire che dobbiamo sperare che sia lui (insieme all’amico Putin?) a risolvere una volta per tutte il problema Medio-Oriente. La vedo francamente dura, anche per Trump, l’Uomo Forte. Ma qualcosa bisogna pur farlo, per impedire altri Bataclan, altri Reina e chissà quanto sangue ancora innocente….

La follia umana ci ha tolto il sorriso di Fabrizia.

Non ci sono parole per esprimere la disperazione della famiglia di Fabrizia Di Lorenzo, alla notizia dell’attentato del camion assassino al mercatino di Natale di Berlino. La ragazza, originaria di Sulmona (L’Aquila), aveva studiato e lavorava in Germania, uno dei tanti “cervelli in fuga” dall’Italia per bisogno di lavorare, di sopravvivere, di vivere. Ma quella sua voglia di vivere, quel suo sorriso, è stato spento per sempre dalla follia umana. Non è l’ultima e non sarà la prima vittima del fanatismo. Cerchiamo di non dimenticarla troppo in fretta. Cerchiamo di fare qualcosa per fermare questa ondata di odio disumano. fabrizia-di-lorenzo-dispersa-berlino_20152016

LUDOPATIA: LA VITA DI TUTTI I GIORNI E’ UNA TENTAZIONE 

Attorno all’8 dicembre, dunque già in clima festaiolo, sono stato per lavoro al Casinò di Saint Vincent, uno dei quattro casinò esistenti in Italia (gli altri sono a Venezia, Sanremo e Campione d’Italia), tutti di proprietà pubblica, attraverso lo stato o le regioni. Se avessi avuto ancora qualche dubbio sul fatto che fossero proprio i casinò il “paradiso del vizio” del gioco, mi sono dovuto ricredere. Sono tra le strutture “del divertimento” più controllate che ci possano essere, cosa che non possiamo certo dire per altri piccoli templi del gioco d’azzardo, peraltro assolutamente regolari e autorizzati, come le sale giochi con slot machine e, addirittura, i bar sotto casa con un paio di macchinette infernali. Per non parlare del boom del gioco d’azzardo on line. Sono questi, la sale giochi, i bar dietro l’angolo, i casinò virtuali le vere rovine per molti, troppi giocatori dilettanti che perdono, però, come dei professionisti. Dei veri e proprio “malati di gioco”. Una vera e propria (e pericolosa) dipendenza comportamentale, capace di sfociare in ludopatia, un disturbo ossessivo-compulsivo legato alla necessità impellente, spasmodica, irresistibile di giocare. A tal punto da dover ricorrere a vere e proprie terapie d’urto, persino presso i Sert, i servizi delle aziende sanitarie pubbliche dedicate (in alcune regioni d’Italia) alle dipendenze patologiche: non solo droghe sotto forma di sostanze stupefacenti, quindi, la droga sotto forma di ore e ore passate a giocare alle slot machine, ai videopoker o ai casinò on line su internet. In confronto, il vecchio casinò caro a James Bond e ad intere generazioni di “giocatori controllati” è diventato ormai un luogo per educande. Con i soldi da spendere, certo, ma pur sempre da educande. Il fascino di questi casinò vecchia maniera, peraltro, è decisamente in calo: ormai nemmeno a St.Vincent richiedono la giacca obbligatoria per entrare, al casinò di Venezia Cà Noghera – quello meno chic, vicino all’aeroporto di Tessera, che fa comunque parte dello stessa stessa struttura dello storico casinò di Venezia Lido – si incontrano ormai soltanto giovani cinesi in pullover dai coloro improbabili, ma con in mano mazzette ricolma di pezzi da 500 euro. Del resto, la crisi che ha colpito i casinò impone di non fare più gli schizzinosi: via libera a tutti, comprese intere comitive di pensionati arrivati con la corriera e pronti per invadere le centinaia e centinaia di slot machine all’interno dei saloni. Poi, ognuno si diverte come può e come crede. Ma non è un caso che i leggendari tavoli verdi del black jack o di altri giochi (io, al massimo, investo venti euro nella roulette del rosso e nero: almeno ho un 50% di possibilità di vincere: ma becco sempre l’altro 50%…) siano ormai spesso deserti e i croupier disoccupati, in attesa di una clientela di veri giocatori che si fa sempre più rara e introvabile. Ormai andare al casino è una gita, è una serata diversa dal solito, non è più per andare a sbancare e per “fare i soldi”.
Il direttore commerciale del Saint Vincent Resort & Casinò, Marco Fiore, da 35 anni è testimone dei cambiamenti epocali del gioco d’azzardo e ci spiega. “Noi casinò siamo controllatissimi. L’ingresso è gratuito, ma siamo costretti per legge a registrare tutti i clienti che entrano al casinò. E succede spesso di doverne respingere qualcuno, se la famiglia ci ha contattati per evitare che il loro parente continui a rovinarsi con il gioco. In quel caso la segnalazione è estesa a tutti i casinò e il giocatore non può più entrare da nessuna parte. Crediamo di fare un favore e lui stesso e alla famiglia. Ma a volte accadono situazioni spiacevoli…è chiaro che se il giocatore in questione non può più entrare in nessun casinò d’Italia, o va all’estero oppure si accontenta dei surrogati: le sale da gioco, i bar con i videopoker, internet. E lì non ci sono esattamente gli stessi controlli….”.
E’ evidente, quindi, che il baricentro del rischio si è spostato dai casinò alle strutture periferiche, dove minori sono i controlli e maggiore è il “mucchio selvaggio” dei potenziali giocatori: per andare al casinò, infatti, bisogna prendere l’auto, fare centinaia di chilometri, prenotare un albergo, troppo complicato per i giocatori che si credono “occasionali”. Per divertirsi – e magari vincere qualcosa, pensano – può andare benissimo anche un sito internet, comodamente da casa, oppure la sala giochi nella piazza del paese o persino il bar Sport dietro l’angolo, con due belle slot machine di quelle che per vincere devi tirare la manovella e sperare in un tris di ciliegie. Si assottiglia il pacchetto dei giocatori da casinò, si ingrossano le fila dei giocatori “occasionali”: operai alla fine del turno, pensionati che ammazzano il tempo, casalinghe che uccidono la noia. Il vizio del gioco è trasversale, senza limiti di età e barriere sociali, al Nord come al Sud. E tutti corrono il rischio di rovinarsi, se stessi e le loro famiglie. Per lavoro ho intervistato diversi ex giocatori che hanno iniziato proprio  cosi, giocando ogni tanto, con piccole perdite, un po’ di moneta, poi dieci, venti, cinquanta euro. Tutti convinti, come i fumatori, di riuscire a smettere quando vogliono. E invece…. E invece poi finiscono nei gruppi di “giocatori anonimi”, sedute psicologiche per curarsi, per uscire dal tunnel, proprio come chi è alcolizzato o tossicodipendente. Mandando in frantumi non solo i propri conti correnti, ma anche i propri affetti: matrimoni spezzati, famiglie devastate, amicizie dimenticate. E tutto per un qualcosa, il gioco d’azzardo “casalingo”, assolutamente legale, dove addirittura lo Stato ci guadagna, eccome. Per non parlare poi delle scommesse, ma quello è un altro mondo.
Lungi da noi l’idea di voler demonizzare tutto il mondo del gioco d’azzardo a 360 gradi, ma è evidente che i controlli di garanzia (e di tutela dei giocatori) che spettano ai casinò debbono essere estesi anche agli altri luoghi a rischio: le sale giochi, i bar con i videopoker, internet, le stesse sale scommesse. E non basta che lo Stato cerchi di tamponare con le ordinanze di un sindaco qua e uno di là sul fatto che la sala giochi deve essere a più di cento metri di distanza dalla scuola. Magari, poi, è troppo vicina ad un centro anziani, e il rischio è ancora maggiore….
Servono maggiori controlli, tanto per cominciare. Tanto per non crescere una generazione di “malati di gioco”. E nel frattempo, non possiamo che sperare – difficile, ma non impossibile – che i giocatori occasionali diventati incalliti scoprano un qualche divertimentoludopatia più sano e più consapevole.

Il popolo sovrano ha detto NO!

Con un plebiscito attorno al 60%, il popolo sovrano italiano a respinto al mittente la riforma costituzionale proposta dal governo-Renzi. Credo che, in realtà – come hanno affermato autorevoli commentatori politici – agli italiani fregasse ben poco del cambiamento della Costituzione Italiana, che sta lì da 70 anni e per quanto ci riguarda può rimanerci altri cento. E’ evidente che si trattava di un voto PER Renzi o CONTRO Renzi. E poichè è stato un vero e proprio esame per il governo, per la prima volta chiamato al confronto elettorale diretto, è evidente che gli elettori hanno votato in base alla propria pancia e alle proprie tasche, ponendo in primo piano la loro situazione economica, ma anche la percezione di sicurezza (o insicurezza) che viviamo nelle nostre città, nei nostri paesi, nelle nostre case. Intendiamoci: hanno fatto bene a votare SI al referendum quelli che, al momento, continuano a star bene, con la pancia piena e soddisfatti. E hanno fatto bene a votare NO quelli che, invece, non stanno bene in questa Italia delle promesse, con la pancia vuota e il cassetto dei sogni pure. E, come immaginavamo – non c’è bisogno di essere sondaggisti per capirlo – quelli che stanno male sono decisamente la maggioranza. Quel ceto medio che, ormai, è diventato medio-basso. Se non peggio. Lo capisca Renzi, se rimarrà (l’età e l’ambizione glielo consentono) sulla scena politica; lo capiscono quelli che verranno dopo. Agli italiani interessa, anche egoisticamente, star bene. Punto. Anche se non c’è scritto in nessuno dei 139 articoli della nostra bellissima (dicono) Costituzione. renzi

Non ci sono più i dolcetti e gli scherzetti di una volta…

Scrivo nella notte di Halloween, verso sera. Sono al lavoro, non ho particolari altri impegni, né appuntamenti da rispettare. Non festeggerò Halloween per vari motivi: innanzitutto non ho più l’età per queste simpatiche “pagliacciate”, poi non mi è mai piaciuta questa americanata trasformata in festa posticcia e commerciale anche per noi italiani, poi non mi sono particolarmente simpatici nè gli zombie nè i vampiri e, infine, se proprio devo travestirmi, preferisco decisamente il caro vecchio Carnevale. Dulcis in fundo, scopro che non ci sono più i dolcetti e gli scherzetti di una volta: basta vedere la vignetta qui sotto, per capire come sono cambiati i tempi – anche alimentari – dei nostri bravi bambini, gli unici che – bussando casa per casa – trovano ancora lo spazio per divertirsi con questa festa un po’ occulta che, qualcuno, addirittura, ha definito “di Satana”. Un po’ eccessivo, non trovate? Comunque sia, ogni occasione è buona per festeggiare, perchè no? Chi vuol esser lieto sia, che del Doman non v’è certezza, dice Lorenzo il Magnifico, in altri tempi. E allora, buon Halloween a tutti! Ma da domani, torniamo seri. Che ci sono commemorazioni più importanti da celebrare, quelle della nostra tradizione: Ognissanti e, soprattutto, i nostri cari Defunti. halloween

Maledetto terremoto, perchè non ci lasci in pace?

Il terremoto ha colpito ancora. Stavolta senza lasciare alcuna striscia di morte, ma solo distruzione, macerie, rovine, disperazione e paura. E’ il terremoto del terrore. Lo sanno tutti quelli che hanno dovuto subire un sisma pesante di una magnitudo particolarmente alta. E le popolazioni italiane, da Nord a Sud, cominciano ad essere parecchie ad aver avuto questa ben poco piacevole esperienza. Da L’Aquila 2009 all’Emilia 2012, passando per il Centro Italia, due volte, in questo maledetto 2016. Quasi 300 vittime ad Amatrice, Accumoli e Arquata, “soltanto” danni materiali a Visso, a Ussita, a Castelsantangelo sul Nera, a Norcia e a Tolentino, dove si registra l’unica vittima, causata dal crepacuore, da un infarto. Un terremoto devastante per i 22mila sfollati e per il nostro povero patrimonio culturale (penso, ad esempio, alla Basilica di San Benedetto di Norcia). Perchè è proprio la paura a dominare il futuro di queste popolazioni: la paura che il maledetto terremoto possa tornare. La paura che è che queste non siano solo scosse di assestamento del sisma del 24 agosto, ma una nuova, bastarda faglia che va a squarciare chissà fino a quando il nostro angusto Appennino dell’Italia Centrale, spaccando intere montagne e terreni.
La paura, quella, ci accompagnerà sempre: e lo posso dire anch’io, come lo possono dire tutti gli emiliani colpiti dalle due scosse del 20 e del 29 maggio 2012. La paura è la cicatrice pià profonda, che resta, che nessuna ricostruzione (ricostruiremo davvero tutto, come hanno assicurato Mattarella, Renzi ed Errani?) potrà mai rimarginare. E poi, possiamo pure dire, stavolta, di essere stati fortunati: la prevenzione è servita a qualcosa, in questa occasione. Perchè i danni di questo devastante terremoto di magnitudo 6.5 avrebbero potuto essere molto più terrificanti, se non ci fossero stati i lavori di adeguamento antisismico fatti proprio in queste zone dopo il terremoto del 1997, che anche allora colpì Marche e Umbria, con il famoso crollo all’interno della Basilica di San Francesco di Assisi. Almeno, quell’esperienza ci è stata utile, ora. Almeno questo. Poi, bisogna chiedersi – e chiedere agli esperti geologi e sismologi – perchè questo maledetto terremoto non ci lascia più in pace? Una volta, i terremoti così distruttivi erano più rari, meno frequenti, ma poi forse non è nemmeno così vero (1968 Belice, 1976 Friuli, 1980 Irpinia…). O no? Come facciamo a convivere sempre con questo terremoto del terrore? Non c’è nessuno che ci possa confortare? Altrimenti, lo scrivo con preoccupazione, siamo messi male. non usare viss

SIAMO TUTTI GORINO. NON PROPRIO TUTTI, DAI. CI SONO ANCHE AGLI ABITANTI DI BUONISTOPOLI

Innanzitutto, qui gli unici che potrebbero raccontarci come sono andare veramente le cose sono gli abitanti di Gorino, frazione del comune di Goro, in provincia di Ferrara e lo stesso piccolo gruppo – pare solo una ventina di donne e bambini – di profughi che, una volta arrivati in paese, avrebbero dovuto alloggiare nell’ostello. Una normale forma di accoglienza, dove il “normale” lo è diventato da quando ogni angolo del nostro paese, dei nostri paesi, è diventato un campo “di concentramento” e transito – perdonatemi l’espressione, ma temo calzante – per i tanti disperati che scappano o dalla guerra, o dall’Isis, o da dittature o da bombe (anche americano-russe) o, semplicemente, da una situazione economica disastrosa, senza futuro. Io sto dalla parte della popolazione di Gorino. Qualcuno, prima o poi, l’avrebbe fatto, l’avrebbe dovuto fare. La tensione sociale è ormai alle stelle, serviva un segnale forte, arrivato in maniera casuale, spontanea, non organizzata, quindi si tratta di un segnale più autentico, più vero. Come un urlo nella campagna ferrarese: “Non ne possiamo più!”. Come potrebbero urlarlo dappertutto, in tutta Italia. Dove li mettiamo questi poveri Cristi? Non lo siamo già anche noi, poveri Cristi (fatte le dovute proporzioni)? Se lo domandano in tanti, in questo complicato periodo storico.
Se lo domandano tutti, tranne gli abitanti sempre numerosi e rumorosi di Buonistopoli, ai quali piace garantire l’accoglienza (privati e cooperative) non esattamente gratuita (perché lo Stato paga per far accogliere gli immigrati!) e garantirsi il loro futuro Paradiso personale. E io, personalmente, non ce l’ho con questi disperati che cercano solo migliori condizioni di vita e un futuro migliore, anche a costo di crearselo in un paese lontano dal loro. Al loro posto farei la stessa cosa, come migliaia di italiani – ce lo ricordiamo, si – hanno fatto in un passato nemmeno troppo lontano e, per certi versi, stanno riprendendo a fare, visto che questo paese offre ben poco a chi resta. O no?
Io ce l’ho con chi, politici in testa e buonisti subito dietro, permettono che tutto questo “gioco al massacro”, tutta questa “bontà ad orologeria”, sia a favore – quasi come un piccolo grande privilegio – solo di chi viene da fuori, da chi ha lo statuto di “richiedente asilo politico”. Loro in hotel, noi a dormire in macchina, senza un soldo. Capita. Ma non è colpa dei profughi. E’ colpa di chi permette tutto ciò. A che pro? Umana accoglienza? Magari fosse così, ma non credo. La situazione è esplosiva. Uno Stato come l’Italia dovrebbe innanzitutto tutelare gli italiani. Altrimenti è inutile andare a votare per cambiare la Costituzione che, per chi non riesce ad arrivare a fine mese, è davvero un concetto astratto, astrattissimo. Purtroppo, già da un po’, è iniziata la Terza Guerra Mondiale. La guerra tra poveri. gorino-675-2

Una foto, una storia. Anzi, due.

Guardando questa fotografia di due giovani e forse scapestrati studenti, viene da pensare una cosa ai limite dell’impossibile: “Possibile che uno di questi due ragazzi, un giorno, possa diventare Presidente degli Stati Uniti d’America?”. Per chi non li avesse riconosciuti, i due studentelli sono Bill Clinton e Hillary Diane Rodham, nei loro anni di Università, alle fine degli anni ’60, quando si conobbero, si innamorarono l’uno dell’altra e delle loro reciproche battaglie, politiche e sociali, lui in politica, lei come avvocato.
Tutto bene, una grande storia (anzi, due) testimoniata da una foto che, con il tempo, ha acquisito un grande valore. Eh già, perchè non solo uno dei due studenti qui ritratti + diventato Presidente degli Stati Uniti d’America (Bill Clinton), ma anche perchè la legittima consorte (che qualche pubblica umiliazione l’ha pure dovuta subire) può diventare anch’ella Presidente, la prima donna della Storia. Quella con la S maiuscola. Chissà se quei due ragazzi, immortali in questa storia, l’avrebbero mai anche solo lontanamente immaginato. 2 bill-e-hillary-university