Non ci sarà un bis, ma questo Leicester rimarrà per sempre nella storia….

di Darwin Pastorin
(Huffington Post)

Dunque, è vero. Non è stato un sogno, non sono le pagine di un romanzo ritrovato di Osvaldo Soriano, è tutto vero, assurdamente, splendidamente vero: nella terra del football trionfa il brutto anatroccolo trasformato in principe, un principe vestito di blu: il Leicester dell’italiano, di Roma del Testaccio, Claudio Ranieri.

Manchester United, Manchester City, Chelsea, Arsenal, Tottenham, Liverpool a inchinarsi. E tutti noi, nessuno escluso, a scoprirci “tifosi” di questi ragazzi che hanno fatto l’impresa, contro ogni pronostico, contro i club miliardari, un titolo conquistato giorno dopo giorno, canto dopo vanto, verso dopo verso, in campo e fuori. Ha ragione Alessandro Del Piero: “Racconterò questa storia ai miei nipoti”, così come abbiamo raccontato ai nostri figli, non solo le imprese degli eroi salgariani, ma lo scudetto del Cagliari del 1970: anche in quella abbagliante e memorabile stagione il calcio si vestì di favola e di meraviglia. Juve, Milan, Inter, Fiorentina, Napoli a guardare, ammirati e increduli, storditi. E c’è un filo conduttore tra le due conquiste. Ed è proprio Claudio Ranieri. Pochi giorni prima di sentirsi la Premier League in tasca, salutò con un video il Cagliari sicuro di ritornare in A. Fu il tecnico romano, dal 1988 al 1991, infatti, a ridare luce e gloria alla compagine sarda, portandola dalla C di nuovo alla massima serie. Ecco: come nella vita e nella storia, tutto infine ritorna. Su altre sponde, ma ritorna.

Ranieri non è più il “Tinkerman” del Chelsea, ovvero il “mister” rappezzatore e persino maldestro, non è più l’eterno sconfitto, il dimenticato d’Italia, il perdente di lusso: a Leicester è, ormai, un divo, vogliono fargli una statua, allo stadio gli cantano “Volare”, e “Il blu dipinto di blu” mette insieme la nostra canzone più amata all’estero e il club che tutto il mondo sta applaudendo, anche perché non è vero che i soldi sono tutto: pure oggi vince il sentimento, la poesia.

Il Cagliari scommise su un giovane attaccante, Gigi Riva, che nessuno voleva e che appena sbarcato in Sardegna pensava di essere finito in una specie di prigione. Riva diventò, invece, il breriano “Rombo di Tuono” e disse no a tutte le lusinghe miliardarie e ora la gente sarda è la sua gente. E per i pastori della Barbagia continua a essere perfetto come un dio greco. Ranieri ha puntato le sue carte su un attaccante, Jaime Bardy, che fino a qualche anno fa sbarcava il lunario facendo il metalmeccanico a Sheffield e venne scartato dal Lipsia: adesso tutti lo vogliono. Per non parlare del centrocampista algerino Riyad Mahrez, eletto miglior giocatore di questa stagione, e pescato tre anni fa nella serie B francese. Ma il merito principale va a Ranieri, al suo essere perbene, alla sua serietà e alle sue capacità. Il Cagliari vinse grazie alle strategie e al “lasciar vivere” del filosofo Manlio Scopigno, il Leicester deve le sue fortune a questo italiano mite, nobile, che si è preso la sua rivincita nel modo migliore. Facile vincere con il Real Madrid o il Bayern Monaco, provateci con una squadra inglese data sempre per retrocessa, o quasi.
ranieri
Anche José Mourinho si è lasciato andare, ed era tempo, in apprezzamenti sinceri nei confronti di Claudio Ranieri: non più battute al veleno e facile ironia, ma il rispetto che si deve a un professionista esemplare. Probabilmente non ci sarà un bis. Il Leicester resterà come il Cagliari. Ma una vittoria, quella vittoria, ha il valore di poema omerico. Resterà scolpita nella roccia. Nella memoria, nella nostalgia, nell’orgoglio di chi ha vinto, nella narrazione epica. Una, soltanto una: ma indimenticabile. Sempre e per sempre. Dilly Ding, Dilly Dong!

“LO CHIAMAVANO JEEG ROBOT”: MA NON PRENDETELO TROPPO SUL SERIO…

Pluripremiato ai David di Donatello, idea originale, sceneggiatura interessante, opera prima, bella ambientazione periferica e proletaria, Claudio Santamaria ombroso, Luca Marinelli folle, Ilenia Pastorelli visionaria, la morale finale del “supereroe che salva tutti”, belle musiche, LO CHIAMAVANO JEEG ROBOT è film decisamente sopravvalutato, un po’ trash, un po’ pulp e molto sanguinolento. E poi parlato solo in romanesco, noooo! Insomma: da vedere, consci che si trattaLo-chiamavano-Jeeg-Robot di una simpatica cazzata!

REFERENDUM NO-TRIV: LA SCONFITTA DEGLI ELETTORI

di Cristiano Tassinari

Adesso che sono passati un po’ di giorni e le polemiche sembrano essersi ormai placate, possiamo commentare a mente fredda (che di solito è buona consigliera) quello che è successo con il referendum sulle trivellazioni in mare dello scorso 17 aprile: un fallimento, visto il previsto risultato (al voto nemmeno il 32% degli aventi diritti, quorum lontanissimo), un buon risultato se si considera che quasi 18 milioni di italiani sono andati alle urne, sfidando il “divieto” da parte del governo-Renzi. Al di là del fatto che si è trattato di un referendum legittimo su un tema scottante, ma di natura tecnica piuttosto marginale (non si votava per il si o il no alle trivellazioni, ma solo per la durata delle concessioni delle stesse trivellazioni), direi che si è trattata dell’ennesima sconfitta degli elettori. Si, l’ennesima sconfitta degli elettori. Cittadini italiani che, nonostante la disaffezione per la politica, non hanno ancora perso la fiducia nel diritto di voto e lo esercitano ogni qualvolta si rende necessario. Fiducia, purtroppo, frustrata anche stavolta, come quasi sempre capita nei quesiti referendari: non a caso, negli ultimi referendum, solo quello del 2011 sull’acqua pubblica o privata raggiunse e superò il quorum del 50%. grazie ad un eccellente lavoro di battage pubblicitario da parte delle associazioni che lo promossero, cosa che non si è verificata stavolta, anche per gli ostacoli posti dal governo e dai grandi mezzi di informazione. Insomma: un’altra occasione persa per dare veramente voce ai cittadini. 
Quello che succederà sul piano delle conseguenze di questo fallito referendum, credo che sarà impercettibile, con grande felicità di chi – come Renzi – reputa sia una grande vittoria per le aziende e per gli operai che lavorano nell’indotto delle trivellazioni di petrolio e con grande dispiacere di chi crede che, viceversa, la vittoria dei SI sarebbe stato un bel segnale per ridare dignità e sicurezza al nostro territorio e al nostro mare. In Emilia-Romagna, ad esempio, non è ancora stato escluso del tutto il collegamento tra il terremoto del maggio 2012 e le misteriose trivellazioni di gas nella Bassa Modenese. Eppure, nemmeno nella civile Emilia è stato raggiunto il quorum, raggiunto solo in Basilicata, il nostro piccolo Texas, regione guarda caso salita recentemente alla ribalta per la vicenda del petrolio lucano, con tutti gli annessi e i connessi. E quindi, viviamo (e votiamo) anche sull’onda emotiva di quello che ci accade attorno in questi giorni. Giorni in cui ricordiamo i 30 anni dal terribile disastro di Chernobyl, di cui ancora in tanti (migliaia di morti e feriti) pagano le conseguenze. Era il 26 aprile 1986, ed esattamente un anno e mezzo dopo, nel novembre del 1987, andammo a votare per un altro referendum, quello sul nucleare. Con i risultati che conosciamo e che risentiamo pure nei discorsi da bar: “Noi in nucleare non ce l’abbiamo più, ma tanto ce l’hanno in Francia, che se poi succede qualcosa, la nube tossica arriva anche da noi…”. Già, perché invece le piccole grandi disgrazie non ce le abbiamo già da soli? Basta vedere quello che è successo a Genova, proprio il giorno dopo del referendum fallito: 50 tonnellate di petrolio finite nel torrente Polcevera. Immagini di uccelli candidi ricoperti di olio nero. Natura violentata e che un giorno si vendicherà. Ma quando lo farà, non dimentichiamoci che sarà un po’ colpa anche nostra, della nostra indifferenza, come se noi proprio non volessimo nemmeno provare a cambiare un pezzo di Mondo. E a volte, può bastare anche “solo” un voto. Una rassegnazione, onestamente, che non mi appartiene. Trivelle: Greenpeace in Adriatico,protesta contro Rospo Mare

BUON 25 APRILE A TUTTI GLI ITALIANI!

BUON 25 APRILE A TUTTI!
da www.iodonna.it

“”Arrendersi o perire!”. La parola d’ordine intimata dai partigiani riecheggiò un po’ ovunque nel Nord Italia lungo tutta la giornata (e poi anche nei giorni successivi) del 25 aprile 1945. Alle 8 di quel mattino, ilComitato di Liberazione Nazionale Alta Italia (CLNAI) – il cui comando aveva sede a Milano ed era presieduto da Luigi Longo, Emilio Sereni,Sandro Pertini e Leo Valiani – proclamò così l’insurrezione in tutti i territori ancora occupati dai nazifascisti.

Le forza partigiane si erano organizzate un anno e mezzo prima, nell’ora cioè della disfatta, quando alcune migliaia di italiani decisero di resistere all’occupazione straniera (poche migliaia, va detto, che però furono molte per un Paese schiacciato da vent’anni di regime poliziesco). E ora, mentre gli Alleati risalivano la Penisola, i partigiani attaccavano i presìdi fascisti e tedeschi del Nord Italia imponendo la resa. Il 26 aprile a Milano entrava un’autocolonna partigiana proveniente dall’Oltrepò e il CLNAI prendeva il potere «in nome del popolo italiano e quale delegato del Governo Italiano». Tra le prime decisioni, la condanna a morte di tutti i gerarchi fascisti, incluso Benito Mussolini, che verrà fucilato tre giorni dopo. Già il 28 aprile una grande manifestazione di celebrazione della liberazione si tenne in città. Gli americani entrarono a Milano il giorno dopo e il 1° maggio a Torino. A quel punto, tutta l’Italia settentrionale era stata liberata (a Bologna era toccato il 21 aprile, a Genova il 23 e a Venezia il 28).

La Liberazione metteva fine a vent’anni di dittatura e a cinque di guerra. Un evento epocale, una “rivoluzione”, quella che non c’era stata durante i governi liberali e poi sotto la lunga ombra del regime, e che ora avrebbe portato di lì a un anno, per la prima volta, l’intera popolazione adulta italiana (comprese le donne) alle urne per decidere, con il referendum del 2 giugno 1946, fra monarchia e repubblica. Il 25 aprile, simbolicamente, viene così a rappresentare il culmine della fase militare della Resistenza e, poi, della nascita della Repubblica Italiana e della stesura definitiva dellaCostituzione. È al presidente del Consiglio Alcide De Gasperi che si deve la proposta rivolta al principe Umberto II, allora luogotenente del Regno d’Italia, di emanare una legge per celebrare “la totale liberazione del territorio italiano”. Il principe accetta e “il 25 aprile 1946 è dichiarato festa nazionale”.

Se il 25 aprile non è la festa della Repubblica italiana, che si celebra invece il 2 giugno, ma – molto di più – la festa di una libertà conquistata con il sangue, durante una guerra civile e contro lo straniero invasore, va ricordato che l’Italia non è l’unica a celebrare in un giorno speciale la fine dell’occupazione straniera: Olanda e Danimarca la festeggiano il 5 maggio, la Norvegia l’8, la Romania il 23 agosto. E al di là del Mediterraneo, l’Etiopia celebra la sua festa della Liberazione il 5 maggio. Liberazione non dai nazisti, ma dalla terribile occupazione italiana: ovvero, quando “gli altri”, gli invasori, eravamo noi.

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GOODBYE, KARINA…CI HAI FATTO SOGNARE!

di Luca Colantoni
(Alganews)Karina_Huff_-_Vacanze_di_Natale

Personaggio impossibile da dimenticare perché quei film hanno segnato un’epoca. Karina Huff è morta a 55 anni, colpita da un male che sembrava l’avesse abbandonata qualche tempo fa, ma che invece è tornato prepotentemente alla carica e, purtroppo, ha vinto. Nata a Londra nel 1961, quello con il quale è conosciuta è solo un nome d’arte che ha sostituito negli anni un improbabile Carrina Corona Elizabella che forse poco si addiceva ad una attrice. Una carriera relativamente breve. I cult di Vanzina, qualche altro film, la conduzione del programma musicale Popcorn e poco più. Poi la decisione di tornare a Londra ad insegnare letteratura inglese, ma nell’immaginario collettivo e per gli amanti del genere lei rappresentava l’anima bella degli anni ottanta.

Non importa se fosse Vacanze di Natale o Sapore di Mare, se interpretasse Samantha, l’americana di Pittsburgh oppure l’inglesina Susan, ma quegli occhi azzurri ed anche un po’ tristi, in quegli anni hanno fatto battere il cuore a molti. Era tornata in Italia dove aveva partecipato a Meteore. Una storia difficile la sua e ben lontana da quella ragazza sbarazzina “rimorchiata” da Christian De Sica e Jerry Calà in quei film. Oltre alla malattia ha dovuto affrontare una separazione e la crescita da sola del figlio, tutte cose che hanno reso ancora più tristi quegli occhi e sicuramente meno “felicina” (una delle tante battute scritte per lei dai Vanzina. Ndr.) la sua vita. A dare la notizia della sua scomparsa proprio il figlio sul profilo Facebook dell’attrice: “E’ con grande dispiacere che devo scrivere questo post. Dopo anni di lotta che sembrava un flusso senza fine di cattive notizie, mia mamma, la più bella, coraggiosa e intelligente persona che abbia mai conosciuto, è deceduta ieri…”.

“Somigliava a Petula Clark, la classica ragazza inglese anni ’60 – il ricordo di Enrico Vanzina, sceneggiatore di Sapore di Mare e Vacanze di Natale – io e Carlo la prendemmo per questo e per il suo accento che decidemmo di non doppiare, era perfetto così con un italiano buffo e una vena istintiva di tenerezza che si adattava perfettamente a quel ruolo”. Bella e tenera, la stessa immagine che aveva dato di sé nell’ultima apparizione tv in Italia nel salotto domenicale di Barbara D’Urso tre anni fa: Ormai una signora di mezza età, quasi lo stesso accento e poi quegli occhi e quella ingenuità d’animo di sempre che solo a guardarla, sembrava di vederla nuovamente in pista, corteggiata dai “piacioni” da neve e dai “machi” da spiaggia che gli offrono agiatezza e belle ville, ma pronta a scappare e costruirsi una storia con il “normalissimo” di turno.

 

PERCHE’ VOTARE SI AL REFERENDUM SULLE TRIVELLE

(www.greenreport.it)

Ci sono tanti buoni motivi per cui dobbiamo andare a votare SÌ al referendum del 17 aprile. Per mettere un freno all’estrazione di petrolio e gas nei nostri mari, per non privilegiare gli interessi di pochi, per non esporci a inutili rischi ambientali, per cambiare il futuro energetico del nostro Paese, che non può che essere rinnovabile. Dobbiamo andare a votare SÌ e convincere gli indecisi. Dobbiamo raggiungere il quorum (il 50% + 1 degli aventi diritto) e dire SÌ all’unico futuro che l’Italia merita: rinnovabile, pulito e giusto.

Votando Sì diamo una scadenza certa alle concessioni di petrolio e gas in mare entro le 12 miglia dalla costa. La vittoria del referendum cancellerà l’ennesimo regalo fatto alle compagnie petrolifere grazie all’approvazione della Legge di Stabilità 2016, che permette loro di estrarre petrolio e gas nei nostri mari entro le 12 miglia, senza alcun limite di tempo. Se vince il SI, sarà ripristinata la norma precedente che prevede una scadenza temporale per ogni concessione.

Votando Sì non rinunciamo a una risorsa strategica. Il contributo delle attività estrattive entro le 12 miglia sono pari al 3% dei nostri consumi di gas e meno dell’1% di petrolio: quantitativi ridicoli per i nostri fini energetici, a fronte di rischi incalcolabili. Un contributo energetico che è abbondantemente compensato dal calo dei consumi in atto e che non comporterebbe alcun aumento di importazione. Se vince il SI, il popolo italiano dirà che questo gioco non vale la candela.

Votando Sì ci riappropriamo del nostro mare. Attualmente, solo le compagnie petrolifere che operano entro le 12 miglia godono del privilegio di concessioni a tempo indeterminato. Nessuna concessione di un bene dello Stato può essere affidata a un privato senza limiti di tempo, come prevede anche la normativa comunitaria. Se vince il SI, sarà ripristinata la data di scadenza delle concessioni e il bene pubblico resterà tale.

Votando Sì diamo più forza alle fonti rinnovabili. Le energie rinnovabili coprono il 40% dei consumi elettrici del nostro Paese, sono sempre più efficienti e rappresentano la prima voce di investimento nel mondo. Ad esempio, incentivando il biometano, potremmo ricavare una quantità di gas 4 volte maggiore a quello estratto nei mari italiani entro le 12 miglia. Se vince il SI, potremo finalmente puntare sulle rinnovabili e non più sulle fossili.

Votando Sì diminuiamo i rischi e abbiamo garanzie sulla dismissione degli impianti. Non dare scadenza temporale alle concessioni vuol dire anche lasciare nel mare piattaforme e pozzi a tempo indeterminato. Questo aumenta di molto il rischio di incidenti. Se vince il SI, avremo la garanzia che le compagnie, una volta scaduta la concessione, smantellino piattaforme, pozzi e tutte le infrastrutture, come previsto dalla legge.

Votando Sì cancelliamo i privilegi di cui godono le lobby petrolifere. Il 70% delle concessioni produttive oggetto del referendum non paga le royalties, perché estrae un quantitativo minore della franchigia prevista dalla legge. Il risultato è che nulla è versato nelle casse dello Stato. Se vince il SÌ, elimineremo questi privilegi e non continueremo a “svendere” il nostro mare.

Votando Sì fermiamo le trivellazioni ancora consentite nelle 12 miglia dalla costa. Oggi nel nostro Paese non è possibile ottenere nuovi permessi per trivellare entro le 12 miglia. Ma nulla impedisce che, nell’ambito delle concessioni già rilasciate e attualmente senza scadenza, siano installate nuove piattaforme e perforati nuovi pozzi, come nel caso delle piattaforme VegaB nel canale di Sicilia e Rospo Mare in Abruzzo. Se vince il SI, elimineremo il pericolo di nuove trivellazioni entro le 12 miglia.

Votando Sì creiamo altra occupazione nel settore energetico, quello rinnovabile e dell’efficienza. Non sarà il referendum a mettere a rischio i posti di lavoro del settore di estrazione di petrolio e gas, comparto già in crisi da tempo: il 35% delle compagnie petrolifere sono già ad alto rischio fallimento, visto il crollo del prezzo del petrolio. Se vince il SI, possiamo dare gambe alle rinnovabili, raggiungendo i risultati della Germania con 400mila occupati nel settore.

logodiamo un contributo alla lotta ai mutamenti climatici. Alla COP21 di Parigi dello scorso dicembre, il Governo italiano – insieme ad altri 194 paesi – ha sottoscritto uno storico impegno a contenere la febbre della Terra entro 1,5 gradi centigradi, dichiarando fondamentale l’abbandono dell’utilizzo delle fonti fossili. Se vince il SI il popolo italiano sarà coerente con questo impegno.

Votando Sì difendiamo il nostro diritto a decidere sulle scelte importanti del nostro Paese.

ABBIAMO CREATO DUE MOSTRI. DI BRAVURA.

TORINO, TEATRO GIULIA DI BAROLO – Abbiamo creato due mostri. Due Mostri di Bravura: Marco Tancredi e Vito Gioia. Con i loro sketch, le loro invenzioni e i loro stravaganti travestimenti (l’indiano dei fiori e il vecchio playboy Gigi Rizza allo zenith del successo) hanno infiammato il pubblico del Teatro Giulia di Barolo accorso per la commedia “sociale” VIENI ANCHE TU SULL’AUTO BLU. Nella sera dell’esordio teatrale di Ezio Maletto, protagonista di un riuscito pesce d’Aprile, spiccano le buone performance dei due capicomBARBici farfuglianti e sorridenti Gualtiero Papurello e Cristiano Tassinari, la verve della regista e cantante Erica Maria Del Zotto (i bigodini di Nunzia Ciabattoni sono all’ultimo grido!) la sempre maggiore disinvoltura di Giorgia Giardullo (elegante di rosso vestita la sua Adelina Martelli!), Federica Fulco (la sciantosa Kalliope Mikhateladogratis), Carlotta Ciacci (splendido lemure…un lemure? Gia’!) e Marco Sarro (vi fareste prestare dei soldi da Angelo Strozzagreci?) nei loro ruoli. Incorruttibile come sempre il vigile Luca Bertalotti, spietato il suo Felice Tipignoro di Iniquitalia!!!! E meno male che un tocco di classe ce lo aggiungono sempre i due tangueros Laura M. Vaschetto e Ugo Bruno…e’ andata bene anche stavolta, meglio la seconda parte della prima, negli spogliatoi all’intervallo ci siamo dati la carica…il pubblico (tanti buoni amici che hanno accettato il nostro invito: mi fa piacere ricordare Danilo Torrito, Teatroce della prima ora, a cui cercheremo presto di ricambiare la cortesia) ha riso e applaudito, abbiamo passato una bella serata spensierata, con grande spirito di squadra. Poi, se facciamo un cd con le splendide musiche dello spettacolo, mixate da Valter Varesco, va a ruba. Anche senza la commedia, solo le musiche…ah ah ah…ma noi ci siamo, ci saremo..e torneremo in scena giovedi 14 aprile al Cine-Teatro di None (Torino), con incasso in beneficenza per l’Oratorio. Merda merda merda. Si dice cosi, no??? E adesso…”Champagneeee, per brindare a un successo”…