Argentina Campéon!

E alla fine Leo Messi ce l’ha fatta! 
Finalmente la “Pulce” ha conquistato la Coppa del Mondo, trascinando la sua Argentina sul tetto del mondo, battendo ai rigori la Francia, in una finale epica. 
E così Messi eguaglia il suo mito Diego Maradona, che 36 anni fa aveva trascinato nello stesso modo l’Albiceleste alla vittoria nei Mondiali 1986 in Messico, sconfiggendo ai supplementari la Germania. 
E’ un ideale passaggio di consegne tra i due super numero 10 dell’Argentina, ormai entrambi – si, anche Messi – nell’Olimpo dei più grandi calciatori di tutti i tempi. Chissà la faccia dell’eterno rivale Cristiano Ronaldo…
Onore al merito anche ad un altro Lionel, il commissario tecnico Scaloni: contestato e criticato, ma il modesto pedatore della Lazio è diventato Campione del Mondo, raggiungendo – anche lui – altri due miti assoluti e “mondiali”, come Cesar Menotti e Carlos Bilardo. 
E ora chissà che non rivedremo Messi anche ai prossimi Mondiali del 2026…
Per ora, tutta Buenos Aires, tutta l’Argentina, tutti gli argentini nel mondo hanno tutto il diritto di festeggiare il loro terzo titolo mondiale.

Argentina’s Lionel Messi holds the FIFA World Cup trophy as he deplanes, with coach Lionel Scaloni, in Buenos Aires, Argentina, Tuesday, Dec. 20, 2022. (AP Photo/Gustavo Garello)

Corruzione? A Malta ne sanno qualcosa

La presidente del Parlamento europeo, la maltese Roberta Metsola, a proposito delle mazzette del Qatar a favore di certi europarlamentari, ha dichiarato che sta vivendo “i giorni peggiori” della sua vita. Addirittura? Per un po’ di corruzione? Suvvia…
La presidente del Parlamento europeo, la maltese Metsola, dovrebbe – invece – preoccuparsi (e occuparsi) di più di quello che avviene nel suo Paese, Malta, vero e proprio crocevia di corruzione, illegalità e affari loschi tra imprenditori e politici, tutto quello che fu scoperto e denunciato nei suoi articoli dalla coraggiosa giornalista Daphne Caruana Galizia (nella foto), maltese anche lei, fatta esplodere dentro la sua auto ormai 5 anni fa. Per farla tacere.
Di questo sì che la maltese Roberta Metsola dovrebbe vergognarsi.

 

Ciao, “Leone” Sinisa!

Che tristezza.
Il modo migliore per ricordarlo è questa foto sorridente.
Aveva 53 anni, classe 1969, come me.
Ha combattuto come un leone contro la malattia.
Rip, Sinisa Mihajlovic.
Sinisa non è andato via.
E’ solo andato un po’ più lontano
per calciare le punizioni!

“Scusa, sono in riunione…ti posso richiamare?”

Ho visto a teatro il divertentissimo spettacolo “SCUSA, SONO IN RIUNIONE…TI POSSO RICHIAMARE?”, scritto e diretto dal mitico Gabriele Pignotta. Una commedia degli equivoci, interpretata da Vanessa Incontrada e da altri tre super attori: Siddharta Prestinari (favolosa!), Fabio Avaro e Nic Nicolosi. Copione originalissimo, idee brillanti, interpretazione molto dinamica e…molti colpi di scena! Un secondo atto in straordinario crescendo!
Un po’ di Beautiful e, soprattutto, molto guaranà per tutti…

Achille Togliani: l’idolo dimenticato

Su Rai3 ho visto un bellissimo documentario su Achille Togliani (1924-1995). Da Pomponesco (Mantova) è diventato un idolo, soprattutto negli anni ’50 e 60: prima nei fotoromanzi, poi a teatro con Macario, quindi cantante di fama internazionale (che tournée in America!) e attore, personaggio da copertina, insieme alla fidanzata di allora, una certa Sophia Loren. Ora, un po’ dimenticato dall’Italietta con la memoria corta.
Complimenti  

al figlio Adelmo Togliani, che – con tutto l’archivio conservato gelosamente casa dal padre – ha confezionato una storia molto bella di un tempo che, forse, era più spensierato di quello di oggi.

Spero che rimettano in onda presto il documentario, che si intitola “Parlami d’Amore” (che prende spunto dalla grande interpretazione di Achille Togliani di “Parlami d’Amore, Mariù”).

Volodymyr Zelensky “Persona dell’Anno” 2022

di Alberto De Filippis, Euronews
“Per avere dimostrato che il coraggio può essere contagioso quanto la paura, per aver spinto le persone e le nazioni a unirsi in difesa della libertà, per aver ricordato al mondo la fragilità della democrazia – e della pace – Volodymyr Zelensky e lo spirito dell’Ucraina sono la Persona dell’Anno” della rivista americana Time per il 2022″.

Una vittoria che ha dell’incredibile, visto che il gradimento del presidente Zelensky, dopo un’elezione vittoriosa, era in caduta libera. L’aggressione della Russia e la violenza delle azioni del Cremlino hanno trasformato quello che era un attore prestato alla politica in un simbolo che ha davvero messo l’Occidente e l’Europa di fronte alle sua paure e alle sue responsabilità. Oggi Zelensky è considerato il leader di una nazione che lotta per sopravvivere a un’aggressione ingiustificata. 

Chissà se Vladimir Putin immaginava un epilogo di questo tipo quando ha deciso di invadere l’Ucraina.

Mondiali in Qatar: più battaglie civili che gol

Credo che sia un bene che dei Mondiali di calcio di Qatar2022 si parli non solo in termini calcistici. Anzi, se non fosse per qualche risultato a sorpresa, come le sconfitte di Argentina e Germania, si sarebbe già parlato più di battaglie civili che di calcio. Da un lato, è vero che lo sport dovrebbe sempre essere super partes, ma è altrettanto vero che il mondo di oggi non è fatto a compartimenti stagni, per cui tutto quello che accade nella società si riverbera anche nello sport, che della società del XXI Secolo è uno degli aspetti più visibili.

A parte le legittime polemiche iniziali su come vennero assegnati i Mondiali al Qatar (ma accadde 10 anni fa: ci siamo svegliati solo ora?) e sulle condizioni disumane di lavoro alle quali sono stati costretti centinaia di migliaia di lavoratori immigrati per la costruzione degli stadi, a Doha e dintorni (6.500 vittime, nei cantieri dei vari impianti), sarà sicuramente da ricordare – e da ammirare – la coraggiosa scelta dei giocatori dell’Iran di non cantare il loro inno nazionale. Chissà quanto sarà costato loro, orgogliosi come sono di rappresentare il loro Paese, ma dare un ulteriore segnale forte era assolutamente necessario, perchè in Patria ci sono donne e uomini che stanno lottando (e morendo) per cambiare l’Iran, per porre finire all’assurdo regime islamico, per poter finalmente respirare il vento della libertà. Sono stati coraggiosi, i giocatori iraniani, perchè non sanno quello che potrà accadere al loro ritorno in Iran…

Meno eclatante, ma ugualmente significativo, il gesto dei giocatori della Mannschaft, la Nazionale di calcio della Germania: tutti e undici, nella fotografia della partita inaugurale del loro girone, hanno messo la mano davanti alla bocca, in segno di protesta – è stato poi fatto sapere – per la mancanza dei diritti per la comunità LGBT+ in Qatar e contro la decisione della FIFA di vietare l’uso della fascia “arcobaleno” da capitano, minacciando sanzioni alle Federazioni che l’avrebbero usata. Un clamoroso autogol di credibilità da parte della FIFA dell’avvocato italo-svizzero Gianni Infantino…

Eppure, in molti, anche tra gli addetti ai lavori, hanno criticato la scelta dei giocatori tedeschi. E’ il caso di Eden Hazard, evidentemente un calciatore belga senza troppi pensieri (in testa) e problemi, che ha detto che i tedeschi – poi sconfitti dal Giappone – “avrebbero fatto meglio a non fare quel gesto e a vincere la partita. Siamo qui per giocare a calcio, non per lanciare messaggi politici”. Ma non è politica, caro Hazard: è la vita, è la società, è il mondo che cambia. E lui, forse, non se n’è accorto, oppure, peggio, se ne frega.
C’è stato, infine, anche l’ormai tradizionale inginocchiamento dei calciatori della Nazionale inglese, che – da oltre due anni – rendono omaggio al movimento “Black Lives Matter”, deflagrato dopo il caso della morte di George Floyd, “soffocato” da un poliziotto (bianco) americano a Minneapolis nel maggio 2020.

Gli sportivi, da sempre – pensiamo al podio dei 200 metri alle Olimpiadi di Città del Messico 1968, con Tommie Smith e John Carlos e il loro pugno chiuso alzato – hanno sempre rappresentato un modello di riferimento per la loro generazione. E’ giusto che lo sia anche il calcio di oggi, in modo da far capire che i calciatori hanno anche un cuore e non solo un conto corrente…

 

Il “pallone di Maradona”

Il “pallone di Diego Maradona” vale 2 milioni di sterline (2 milioni e 400.000 euro).
Non un pallone qualunque, ma l’Adidas Atzeca usato nella celeberrima partita della “Mano de Dios”, Argentina-Inghilterra, quarti di finale dei Mondiali di calcio 1986, finita con la vittoria degli argentini per 2-1.
A intascare il gruzzolo, dopo l’asta presso Graham Budd Auctions di Londra, è stato l’arbitro di quella partita allo stadio Atzeca di Città del Messico, il tunisino Bin Nasser, proprio quello che convalidò incredibilmente il gol di mano di Maradona. In quel match ormai passato alla storia, il fuoriclasse argentino segnò anche un altro gol, definito “Il Gol del Secolo”, dopo una formidabile serpentina, superando numerosi giocatori inglesi.  
Prima dell’asta, l’arbitro (in pensione) Bin Nasser – che si era portato negli spogliatoi il pallone subito dopo aver fischiato la fine della partita – ha affermato che fosse il momento giusto per condividere quell’oggetto con il mondo e ha espresso la speranza che l’acquirente – per ora anonimo – lo metta in mostra a disposizione del pubblico.
Parlando del celebre gol con la mano, l’arbitro – a cui lo chiedono continuamente da oltre 36 anni – ha dichiarato: “Non sono riuscito a vedere chiaramente l’episodio. I due giocatori, il portiere Shilton e Maradona, erano di fronte a me e, al tempo stesso, mi coprivano la visuale. Secondo le istruzioni ricevute dalla Fifa all’inizio del torneo, ho chiesto al mio guardalinee la conferma della validità del gol: e il guardalinee è tornato sulla linea di metà campo. indicando che era convinto che il gol fosse valido. Ah, se ci fosse stato il Var anche allora…”, ha concluso, sorridendo, Bin Nasser. 
Sulla autenticità del pallone, però, ci sono dubbi. Secondo il centravanti inglese Gary Lineker, in campo quel giorno e ora apprezzato opinionista sulle tv inglesi, “è impossibile che il pallone sia quello originale”.
C’erano state polemiche anche sulla vendita all’asta, in maggio, della maglia numero 10 di Maradona di quella stessa partita: ufficialmente doveva essere la maglia indossata nel secondo tempo (quando “El Pibe de Oro” segnò la doppietta decisiva), mentre per altri – tra cui i familiari di Diego, moglie e figlie in primis – si trattava della maglia del primo tempo. Questo perchè Maradona era solito cambiarsi la maglietta durante l’intervallo tra il primo e il secondo tempo.
La “Camiseta 10” è stata, in ogni caso, venduta ad oltre 7 milioni di sterline.
Come dire: il mito di Maradona non tramonta mai. Il business attorno a lui, nemmeno.

Un lusso vintage chiamato “Fuego”

Tra i collezionisti di auto d’epoca sta tornando prepotentemente di moda la Renault “Fuego”.
Ve la ricordate? Una coupè GT alla francese – da un 1.4 da 64 cavalli fino a un 1.6 turbo da 132 cavalli – super accessoriata di serie, spesso con la scritta “Turbo” in basso sulle portiere del conducente e del passeggero anteriore. Un primo passo verso la sportività Renault, mantenendo una linea parzialmente borghese e aggiungendovi un tocco di aggressività. Un po’ troppo popolare e, al tempo stesso, un po’ troppo cara. Una via di mezzo che non ebbe grande successo commerciale: prodotta in Francia solo per cinque anni (dal 1980 al 1985) e poi soltanto nello stabilimento argentino di Santa Isabel fino al 1992, la “Fuego” ha venduto appena 265.000 esemplari in tutto il mondo.

Ma se in patria e in Europa è stata sostanzialmente snobbata, negli Stati Uniti e in buona parte dell’America Latina, in particolare in Argentina, è sempre stata considerata una vettura di culto. E ora, ad oltre 30 anni dalla fine della sua produzione, il mondo dei collezionisti riscopre la “Fuego”. Grazie anche ad Arnaud Belloni, Direttore del marketing Renault, che l’ha fatta inserire in uno spot televisivo molto apprezzato sulla storia dei modelli della casa automobilistica francese. “La Fuego era la macchina più bella, era il mio sogno da bambino: avevo praticamente convinto papà a comprarla, poi la mamma disse che costava troppo…”, ricorda Belloni, sorridendo.
Ma ora quanto vale una “Fuego” in buone condizioni? Anche 10.000 euro, secondo le riviste di settore.
“Il prezzo non conta”, dice Belloni. “Chi ha la Fuego se la tiene stretta, parcheggiata in garage, vicino al cuore”.

“Quando le stelle vengono meno”

Stamattina all’alba, ho finito di leggere “Quando le stelle vengono meno”, il nuovo bellissimo romanzo di Antonella Frontani, ambientato e “vissuto” in un elegante palazzo di Torino, in riva al Po, attorno al quale si consuma la vita di famiglie, coppie e single alla ricerca della felicità…e delle stelle.
Un mondo che sembra dorato, ma che è sull’orlo del precipizio.
Una famiglia che sembra perfetta, ma che invece è ormai allo sfascio.
Una vita piena di prospettive, ma che finisce per colpa di una fatale distrazione.
L’incomunicabilità tra adulti e adolescenti, tra innamorati, tra genitori e figli.
Ma, dietro l’angolo, spunta la possibilità di riscatto, finalmente una speranza: ma, forse, per riconoscerla, bisogna essere dei super eroi…
Come i precedenti di Antonella Frontani, è un romanzo emozionante, triste, riflessivo. Non stupitevi se vi scenderanno i lacrimoni…