“Sulle sponde del mio divano mi sono seduto e ho pianto”. Parafrasare il titolo del celeberrimo libro di Paulo Coelho sintetizza al meglio quanto occorso al Vs. scriba quando la meravigliosa traiettoria disegnata da A. Morata è culminata alle spalle dell’ incolpevole Hart.
Tutta la frustrazione cumulata per l’ orrendo inizio di campionato si è sciolta in poche lacrime liberatorie, non soltanto addebitabili all’ importanza della rete nell’ economia della gara, ma anche e soprattutto alla gioia per l’impennata di una zebra che, anziché smacchiarsi del tutto, ha voluto e saputo riemergere dalle proprie secche proprio nell’ occasione che avrebbe potuto mortificarne vieppiù ogni velleità di recuperare un’ autostima in pericolosa picchiata.
Consumata la commozione, è sopraggiunta la soddisfazione di aver violato l’ Etihad Stadium, inflitto il primo dispiacere stagionale agli Sky Blues ed aver assistito ad una buonissima prestazione di Madama; meno grandiosa di quanto i sacerdoti del risultato descriveranno, ma decisamente incoraggiante, specie in rapporto al valore dell’ avversario ed alle aspettative della vigilia, che solo per pietoso eufemismo si sarebbero potute definire modeste.
Ignoriamo, ma poco importa, quale divino afflato abbia indotto il transeunte inquilino della panca alla scelta di una formazione finalmente logica e di un assetto, il 4-4-2 “elastico”, che nella sua semplicità è sempre straordinariamente affidabile, ma in punta di fatto entrambe le opzioni si sono svelate idonee alla bisogna.
Al di là della sterile formuletta, però, la Juventus, superato l’ iniziale spavento procuratole dal sciagurato tentennamento di Sturaro ( il peggiore dei suoi ), ha destato subito l’ impressione di aver ritrovato la compattezza smarrita a Shangai ed i requisiti caratteriali necessari per dispensare al meglio i sacramenti prestipedatori attesi, quando la Champions League chiama le astanti alla celebrazione del proprio rito, ossia: attenzione, consapevolezza, velocità di pensiero e nella circolazione della palla, coraggio.
A volte basta poco per indirizzare le sorti di una partita o addirittura di una stagione. Quel poco è governato da imperscrutabili disegni che l’ umana ragionevolezza identifica come iattura o fortuna, secondo la convenienza del loro tratto; se al pronti-via la Signora fosse andata subito sotto nel punteggio, l’ eleganza dell’ abito nero indossato per la serata di gala avrebbe assunto la mesta tonalità di un lutto forse impossibile da rielaborare.
È successo invece quel che normalmente accade a rischio catastrofe smaltito. La vita appare più bella e meritevole di apprezzamento e rispetto, così, da quell’ attimo è nata una prestazione finalmente degna, nell’ ambito della quale i Citizens si sono arrovellati inutilmente per trovare il bandolo di una matassa costretti a dipanare lentamente attraverso uno stucchevole fraseggio per linee orizzontali.
Obbligato all’ unica soluzione praticabile, cioè la ricerca di sofisticate combinazioni nei paraggi dell’ area zebrata, il City ha talvolta fatto trillare un allarme che il monumentale Buffon, migliore in campo, ha sempre provveduto a spegnere con eccezionale prontezza.
L’ ottimo controllo della situazione, purtroppo, si è specchiato in una timidezza eccessiva in fase di contrattacco, contrassegnata da una carenza di idee apparsa inveterata sino a quando la seconda squadra di Manchester è riuscita ad animare il proprio pubblico con un goal che grava pesantemente, ed in tutti i sensi, sulle spalle di “Magilla” Chiellini, per il resto autore di una prestazione eccellente.
Anziché abbattersi, la Juve si è accesa immediatamente e la sua reazione, peraltro lucida, nella mezz’ ora che mancava al calcar del sipario ha prodotto tutto quello che per eccesso di prudenza era stato elargito con parsimonia in precedenza.
Mentre la difesa albionica, forse attonita, vedeva le streghe, l’ animo di un popolo si riscaldava alla luce di una fiamma forse ancora troppo flebile per diventare incendio, ma bastevolmente tenace per instillare in chi ha riso delle recenti cadute un’ inquietante preoccupazione.
Se la trasferta si è conclusa in gloria, gran merito deve essere ascritto ad un Cuadrado magnifico anche per l’ abnegazione profusa nei contesti di gioco a lui meno consoni. In talune circostanze ha addirittura richiamato alla memoria dei calciofili “diversamente”giovani le movenze di quel grandissimo padrone della fascia che fu Franco Causio, altrimenti detto il “barone”. Ricalcarne almeno parzialmente le orme dipenderà solo da lui, il talento non gli manca.
Ai fini della crescita collettiva è stato altresì importante che gli stoccatori designati abbiano riallacciato il feeling con la rete. Segnare dà morale e sicurezza, che per le punte sono puro ossigeno; così come il tracimante entusiasmo collettivo di fine giochi corroborerà la coesione di un gruppo alla ricerca di nuovi equilibri.
È andata. Ovviamente auspichiamo che la rondine inglese preannunci una nuova primavera domestica, perché non siamo pronti, ne mai lo saremo, ad un’ annata di piccolo cabotaggio.
Lo verificheremo prestissimo e, forse non casualmente, proprio nell’ impianto più britannico del contesto peninsulare. Per il momento: alleluia!