ORMAI E’ CHIARO: CI SONO ATTENTATI DI SERIE A E ATTENTATI DI SERIE B

Nel mare magnum dei social network (ma anche dei giornali e dei telegiornali “ufficiali”), ormai è chiaro: ci sono attentati di serie A e di attentati di serie B. Credo che dipenda quasi esclusivamente dalla distanza chilometrica e/o dalla presenza di connazionali coinvolti nell’attentato, oltre allo straordinario impatto mediatico dell’evento (penso all’11 settembre a New York). Le Torri Gemelle e Parigi sono stati casi eclatantissimi, che hanno colpito le coscienze di tutti, a tal punto che io – come credo tutti voi – so perfettamente dov’ero e cosa facevo nel momento esatto in cui ho appreso la notizia, anche nel caso, quasi 15 anni fa, di Ground Zero. E quindi: indignazione, sgomento, bandiere al vento, marce di protesta, marce per la pace, Je suis Charlie, Je suis Paris e disperazione per i turisti italiani (di Torino) morti ammazzati al Museo del Bardo a Tunisi. Poi, però, ci sono attentati gravissimi – pare sempre orditi dai bastardi con la bandiera nera, che a volte si prendono persino meriti non loro – che passano inosservati: è il caso di Istanbul, qualche giorno fa (grande commozione in Germania, certo, perchè le vittime erano quasi tutte tedesche) ed è il caso di Giacarta, la capitale dell’Indonesia, oggi. Attentati di serie B, non c’è dubbio. Poca indignazione, poco sgomento, nessuna bandiera turca tedesca o indonesiana sventolata sul web, nessuna marcia di protesta, nessuna marcia per la pace, nessuno slogan destinato ad entrare nella storia. E nelle nostre coscienze. Perchè?istanbul-attentato42-1000x600

CHECCO ZALONE E DAVID BOWIE, LE PRIME ICONE DEL 2016

Per motivi ovviamente diversi, queste prime settimane del 2016 sono state caratterizzate da due personaggi lontanissimi tra loro, eppure così cari al grande pubblico: partiamo – per esigenze storiche – da David Bowie, “il Duca Bianco” rivoluzionario della musica, che ci ha lasciati qualche giorno fa, a 69 anni, dopo una vita fatta di eccessi, anche del suo talento musicale sterminato. In tanti, tantissimi lo hanno ringraziato: non solo per le belle canzoni scritte in 40 anni di carriera, ma anche per aver sdoganato il “personaggio strano” che c’era in lui – fin dai tempi di Ziggy Stardust – e che, probabilmente, c’è in tutti noi, in qualcuno più nascosto che in qualcun altro. Ma che importa! Non che io fossi un innamorato pazzo di David Bowie – tutt’altro – ma la sua “Let’s Dance” è bellissima, come certe sue interpretazioni cinematografiche, anche involontarie: lo ricordo, ad esempio, sul palco di un suo vero concerto a Berlino durante l’inquietante film “Christiane F., noi ragazzi dello zoo di Berlino”, una pellicola generazionale dell’epoca dello “sballo”. E i ragazzi, sballati, andavano proprio a vedere un concerto di David Bowie. Perchè li faceva sentire normali. E’ questo è stato il grande insegnamento dello stesso artista inglese, che negli ultimi decenni aveva infatti indossati i panni, per lui forse scomodi, della normalità. Ed è stato persino normale vedere e leggere di tanti giovani e meno giovani – che magari nemmeno conoscono le sue canzoni – piangere l’addio al “Duca Bianco” come, probabilmente, non farebbero nemmeno per il nonno e lo zio. 
Normalità” è la parola chiave anche per Checco Zalone, nome d’arte di Luca Medici, avvocato barese classe 1977, super campione d’incassi, con oltre 52 milioni di euro guadagnati con il suo nuovo film “Quo Vado?” in nemmeno venti giorni di programmazione. E giù tutti, persino fini sociologi, a spiegare il perchè del successo di Checco Zalone, che da qualche film a questa parte (quattro ne ha fatti, tutti andati benissimo) ha stracciato tutti i mammasantissima della comicità all’italiana: non c’è più cinepanettone o Pieraccioni che regga, di fronte al suo straripante successo. Dovuto proprio alla normalità. Del suo pensiero, delle sue battute (al di là di qualche volgarità di troppo), della sua satira sui grandi fatti della storia dei giorni d’oggi (geniale la scena girata a Lampedusa con Checco Zalone che sceglie gli immigrati da accettare in Italia in base al fatto che sappiamo o meno giocare a calcio…). L’unico, altrettanto normale, nella sua comicità che potrebbe ancora fargli ombra è l’inarrivabile Lino Banfi, e infatti se lo è preso con sè, nella parte dell’onorevole che raccomanda tutti e dice di non mollare mai il posto fisso. Una coppia imbattibile. Con un filo di buonismo che fa chic e non impegna. Eche-bella-giornata-checco-zalone_650x435 Come ha detto, stavolta giustamente, Adriano Celentano, Checco Zalone è una medicina di cui nessuna farmacia dev’essere sprovvista.