Tre tragedie, molto diverse tra di loro. E al tempo stesso, così simili. Stiamo parlando della morte del piccolo Lorys, forse assassinato dalla mamma Veronica Panarello. Il tremendo omicidio della professoressa Gloria Rosboch, vittima del suo ex allievo Gabriele Defilippi e di chissà chi ancora. E la sparizione di Isabella Noventa, rimasta stritolata dal trio aguzzino composto dal suo ex fidanzato, Freddy Sorgato, dalla sorella di lui e da una terribile rivale in amore. Storie ormai tristemente famose, che ci riempiono i programmi tv e le pagine dei giornali da mesi. Cosa hanno in comune queste storie tremende? Tutte le vittime, in un modo o nell’altro, si fidavano dei loro assassini. E tutte queste storie terribili affondano le radici in piccoli paesi di provincia, in ambienti familiari o comunque considerati amichevoli. Possibile che a Santa Croce Camerina (Catania), a Castellamonte (Torino) e ad Albignasego (Padova) nessuno sapesse niente? Possibile che nessuno conoscesse gli evidenti problemi di Veronica Panarello, le manie di Gabriele Defilippi e la doppia faccia di Freddy Sorgato? Il silenzio non era forse calato anche sulla piccola comunità di Motta di Costigliole (Asti), dove viveva la povera Elena Ceste, uccisa dal marito geloso? Omertà? Possibile che nessuno sapesse niente? Oppure, si: tutti lo sapevano, perchè nei paesi tutti sanno tutto di tutti, ma adesso – anche nei paesi – la gente si fa semplicemente gli affari propri, ha già troppi pensieri e problemi per impicciarsi anche di quelli degli altri, a malapena si conosce il nome dei vicini di casa. Al di là dell’orrore per l’epilogo tragico di questi “fatti di cronaca” (e la quasi assoluta impossibilità di prevederli), ne esce sconfitta anche l’Italia dei campanili e dei paesi, che una volta si riuniva e si rafforzava nel momento del bisogno e della necessità. Adesso, nemmeno più.
Mese: Febbraio 2016
“ONDA SU ONDA”, ARRIVA UN BEL FILM SULLA PATERNITA’
Certo è un film di Rocco Papaleo, quindi un film di viaggio, volutamente un po’ strano e astruso, un po’ terra terra (anche se molto ambientato su una nave merci che fa scalo a Montevideo, in Uruguay), ma Alessandro Gassman aggiunge quel tocco di poeticità che lo rende gradevole. Un bel film sulla paternità, senza pretese di insegnamenti e di moralismi, soprattutto quando il papà scopre tardi (e sorprendentemente) di esserlo. Rocco Papaleo è Gegè Cristofori, squattrinato e fallito cantante, che ebbe un breve momento di gloria 30 anni fa, quando fece addirittura una tournèe trionfale in Sudamerica. Trent’anni dopo, preso dalla nostalgia, torna a Montevideo, dove è in programma un suo concerto: a fargli compagnia anche Gassman, che interpreta il ruolo del raffinato cuoco di bordo, Ruggero, in realtà un insegnante di italiano in fuga da un passato (era stato accusato, ingiustamente, di molestie ad una sua studentessa) che nessuno gli ha restituito. Ma il vento gelido dell’Oceano rovina la voce a Gegè, il concerto è a rischio (e addio soldi!) e per impersonare il cantante – di cui tanto non si trova niente su Internet – ci pensa proprio il cuoco. Riuscirà lo scambio di persona? Riuscirà talmente bene che la figlia Gilda (Luz Cipriota) che Gegè-Papaleo scopre di avere pensa che, in realtà, il padre sia il cuoco-Gassmann: e lei che si aspettava un papà biologico rozzo e anaffettivo, scopre invece un padre delicato e intelligente. Solo che non è lui quello vero. Una girandola di equivoci, belle canzoni malinconiche dal sapore sudamericano, Montevideo sotto le nuvole e la pioggia, il bravissimo comandante della nave (Massimiliano Gallo) che ha paura di annegare e il destino che spesso ci mette lo zampino: si può parlare di paternità anche così, con un filo di nostalgia e senza lezioni da impartire a nessuno.
LA CHAMPIONS “DEI RICCHI” E LA SUPERLEGA EUROPEA
I grandi club e le grandi televisioni a pagamento pensano già a nuovi scenari per il calcio internazionale. Visto che ormai lo sport è soltanto un esercizio ginnico al servizio del business, sempre più spesso sentiamo parlare della Superlega Europea (se ne parla almeno dall’inizio degli anni Duemila) e, addirittura, della Champions “per soli ricchi”. Sono i grandi club a lamentarsi, a volere sempre maggiori introiti, introiti che arrivano dagli sponsor, ma soprattutto dalle tv a pagamento, un po’ deluse dagli ultimi risultati (in Italia Mediaset ha speso per i diritti di esclusiva Champions ben 717 milioni, ricavandone solo 300 mila abbonati in più. Sky, senza la Champions, ha perso solo 46 mila abbonati) . E i “padroni del vapore” televisivo, che vogliono ancora investire nel dio football, potrebbero alla fine essere davvero decisivi per una nuova rivoluzione del calcio: dopo oltre 20 anni di Champions riservata non solo alle squadre campioni d’Europa (anzi, molte squadre campioni nazionali di piccoli paesi non sono nemmeno ammesse), ecco che si avvicina la Champions “per soli ricchi”. Come funzionerebbe? Facciamo un esempio: oltre alle prime quattro classificate di ogni campionato più importante (Italia, Inghilterra, Spagna, Germania e Francia), anche le escluse eccellenti – purchè di questi paesi – otterrebbero una wild card per partecipare comunque alla competizione. E in questo modo, seppur dalla porta di servizio, vi rientrerebbero – prendendo spunto da questa stagione – Milan, Inter e Manchester United, rimaste inopinatamente, ma meritatamente, fuori dalla Champions (per demeriti sportivi). Ma i demeriti sportivi – e, naturalmente, mi meriti – finiranno sempre più in secondo piano. Dal punto di vista dello sport, un’idea aberrante. Dal punto di vista dello spettacolo, un’idea eccitante. Poi, dagli ottavi di finale, via all’eliminazione diretta, ma senza “squadrette” come il Gent, la Dynamo Kiev e il Psv Eindhoven…
L’altra idea, ancora più rivoluzionaria, è la Superlega Europea. un vero e proprio campionato europeo a 20 squadre, con gironi di andata e ritorno: vince lo “scudetto” chi fa più punti. Semplice, no? Solo che al posto di una domenica con Juve-Frosinone, Chievo-Inter e Milan-Udinese, troveremo in cartellone Juve-Arsenal, Barcellona-Inter e Milan-Paris St.Germain, e la settimana dopo Bayern-Juve, Inter-Liverpool e Real Madrid-Milan. Eccitante, no? Certo, ma sempre aberrante dal punto di vista sportivo. Anche in questo caso, i paesi big avranno 4 partecipanti (per noi: Milan, Juve, Inter sicure, poi chi? Napoli o Roma? Con quali criteri di scelta), in una vera e propria Superlega, già sperimentata con scarso successo italico nel rugby, un mondo decisamente meno campanilistico del calcio. E poi, i campionati nazionali? Sarebbero sviliti ancor di più (pensate ad una serie A senza Milan, Juve, Inter, Roma e Napoli) oppure sarebbe pià combattuo ed emozionante, dove finalmente Torino, Fiorentina e Sampdoria potrebbero vincere lo scudetto? Non conosco la risposta, ma sarebbe provare, almeno con un anno. E se non funziona, tornare all’antico. Ma indietro non si torna, mai, in questo mondo. Sinceramente la Superlega mi sembra pura fantascienza (peccato, è la soluzione che più mi stuzzica), mentre la Champions “dei ricchi” mi sembra molto più fattibile. Grandi club e grandi televisioni, ne parlano, ne discutono, presto decideranno. Meglio essere già preparati a questa nuova rivoluzione. E le nazionali? Conteranno sempre meno, confinate solo al “giardino biennale” di Europei e Mondiali.
IL 1° APRILE SIAMO AL “GIULIA DI BAROLO” con “L’AUTO BLU”!!!!
E adesso una bella comunicazione ufficiale: venerdì 1° aprile – e non è un pesce d’aprile, è vero – presenteremo la nostra commedia “Vieni anche tu sull’auto blu” al Teatro Giulia di Barolo di Torino. Appuntamento per le ore 21. Costo del biglietto: 10 euro. Per tutte le informazioni e le prenotazioni, chiedete al Teatro, oppure direttamente a noi (Cristiano Tassinari, Erica Maria del Zotto, Luca Bertolotti, Vito Gioia, Gualtiero Papurello e compagnia bella…), anche attraverso i canali di Facebook. Ci sarà da divertirsi da matti…una risata seppellirà il mondo!!!!!
“SOTTOMISSIONE”: UNA STORIA INTERESSANTE E DELUDENTE
Il tanto celebrato libro “Sottomissione”, dello scrittore Michel Houellebecq, uscito con grande clamore all’indomani della strage di Charlie Hebdo a Parigi, il 7 gennaio 2014, è un romanzo molto interessante e, al tempo stesso, molto deludente. Ho finito di leggerlo solo in questi giorni, con un colpevole ritardo di oltre un anno. Meglio tardi che mai. Ma non mi ero perso troppo. E’ la storia – ambientata nel futuro, nel 2022 – di un distinto professore di 45 anni, di nome François, docente di lettere moderne all’Università Sorbona di Parigi, scapolo incallito e collezionista di studentesse nel suo letto. Sullo sfondo, la campagna elettorale per le presidenziali in Francia, vinte a sorpresa – ma nemmeno troppo – da Mohammed Ben Abbes, il candidato del Partito Musulmano. E da lì in poi, inizia una lenta, impercettibile, silenziosa, implacabile “sottomissione” della civiltà occidentale nei confronti dell’Islam, moderato, politico, determinato e ricchissimo. Pochi i cambiamenti, ma significativi: il professore potrà tornare ad insegnare alla Sorbona solo dopo la sua opportunistica conversione alla religione musulmana, ma le studentesse non saranno più in minigonna, ma sempre più vestite, sempre più velate. E nel suo ristorante preferito, il professore troverà il menù hallal al fianco di quello tradizionale. Poche novità, ma significative. Troppo poche, però, per rendere così rivoluzionario il libro, come era sembrato all’uscito dell’opera. Per il resto, tante noiose citazioni di autori francesi a noi quasi sconosciuti e qualche lampo di vita sessuale (con studentesse ed escort) del professore che – sotto le mentite spoglie dell’autore – non risparmia parole e parolacce forti, un po’ gratuite, ma che almeno svegliano il lettore dal torpore della lettura. Ma forse era questo l’intento del romanzo: risvegliare le nostre coscienze dal torpore, prima che un qualunque Partito Musulmano – conclude Houellebecq – prenda davvero il potere in Europa.
IN AUTO NON SI FUMA PIU’…
Appena due giorni dopo l’entrata in vigore della legge, una circolare del Ministero della Salute ha provato fugare i dubbi. In particolare, “si intende evitare che il minore di anni 18 o la donna in stato di gravidanza, in un ambiente ristretto quale è l’autoveicolo, respirino il fumo passivo consumato da altri (sia il fumo prodotto dalla combustione della sigaretta, sia quello inalato e successivamente espirato dai fumatori)”. Per quanto riguarda i controlli, i veri problemi riguardano non tanto le ispezioni visive dell’auto dall’esterno, quanto le ispezione interne: quest’ultime, infatti, potrebbero essere bloccate se la vettura viene equiparata ad una “privata dimora”. In quel caso, servirebbero addirittura perquisizioni autorizzate da un giudice. Troppo complicato.
In definitiva: ci sembra di poter condividere il giusto e meritato successo di questa nuova legge anti-fumo dello Stato, che va addirittura contro stesso e il proprio monopolio dei tabacchi. Ma senza scordarsi, sarebbe sbagliato, che queste sono pesanti restrizioni alle libertà personali, più o meno legittime.
Cristiano Tassinari
L’OMICIDIO “DI STATO” DEL POVERO GIULIO
Sono rimasto particolarmente scosso dalla brutta fine del povero Giulio Regeni, il giovane studente friulano, ricercatore e giornalista trovato morto in una strada del Cairo, la capitale dell’Egitto, da qualche anno diventata una delle città più pericolose del mondo. E’ lì che Giulio ha trovato la morte, a soli 28 anni, in circostanze drammatiche e misteriose. L’impressione, purtroppo, è che si tratti di un omicidio di stato, un assassinio politico, ordito all’interno dell’attuale pseudo-democrazia del presidente Al-Sisi, che qualcuno già definisce “peggio della dittatura di Mubarak”. E questo lo dicono gli stessi egiziani, a 5 anni dall’illusione di Piazza Tahrir e della “Primavera Araba”. Giulio Regeni aveva girato un bel po’ di mondo e ora studiava in Egitto, forse era venuto a contatto con movimenti politici e sindacali oppositori dell’attuale regime e questo, agli occhi del governo, è stato il suo peccato mortale: forse i servizi segreti gli hanno chiesto di “fare la spia”, lui ha detto di no e si è ritrovato picchiato, torturato e ammazzato. E le indagini depistate e insabbiate. Visto che stavolta non sembrano esserci di mezzo i soliti terroristi, rimane veramente plausibile l’ipotesi dell’omicidio di stato. A questo punto, il nostro paese – se è un Grande Paese – deve pretendere la verità, placare la sete di giustizia (non di vendetta) della famiglia di Giulio: questa volta non dobbiamo calare le braghe come stiamo facendo con l’India per i due marò, stavolta non ci devono essere motivazioni diverse da quella della ricerca della verità, non dobbiamo farci di nuovo mettere i piedi in testa da un paese del Terzo Mondo (l’Egitto, si, diciamolo chiaramente) solo perché ci vende due barili di petrolio o ci fa costruire un’autostrada. La vita di Giulio Regeni valeva (vale) molto di più.