RIFLESSIONI (AMARE) SUL LAVORO. E NON SOLO IL 1° MAGGIO…

di Luca Colantoni colantoni

Negli ultimi anni ho mangiato troppi bocconi amari, vista troppa polvere, passato troppi momenti bui, alle prese con chi prometteva, chi non pagava, chi ha aperto e chiuso situazioni lavorative per i suoi interessi personali. Alle prese con centinaia di mail da spedire, centinaia di telefonate e di sms senza ottenere uno straccio di risposta. No, oggi Primo Maggio, non me la sento di festeggiare. No, ho troppo rispetto per chi, come me, sa cosa vuol dire cercare e non trovare, sbattere contro muri di gomma e porte chiuse… Al contrario, invece, penso che oggi, nonostante tutto, mi sento fortunato perché non ho mai abbandonato la strada maestra e quindi oggi, per colpe non mie, mi ritrovo a lottare per fare sempre il lavoro che amo e che cercherò di fare fino allo stremo delle forze con voglia e orgoglio perchè ci credo…. Ecco, questo allora è il mio vero augurio per il Primo Maggio: che tutti possano, prima o poi, fare quello che più desiderano, che vengano fatte salve le professionalità di ognuno nei rispettivi ambiti, che ognuno possa vivere felice facendo ciò che sa fare di più e che quindi vengano messi al bando i nani e le ballerine di turno in questo Paese che si dice evoluto, ma che ancora, sottobanco, usa meccanismi da Prima Repubblica per far lavorare gli amici del loro quartierino. Se solo chi ci governa la smettesse con liti da vecchi bottegai per due o tre voti in più e con gli scandali. Se solo chi ci governa la smettesse di perdere tempo in discussioni il più delle volte inutili, di prenderci in giro, di tenersi strette poltrone, di farsi male e farci male. Se solo chi ci governa si guardasse intorno seriamente vedrebbe il vero volto dell’Italia: arte, cultura, gente onesta, grandi lavoratori, eccellenze, professionalità che andrebbero sfruttate e non maltrattate… e forse saremmo un Paese migliore… ma finchè non sarà così, mi dispiace, ma non sarà mai un Buon Primo Maggio… !!!

Non ci sarà un bis, ma questo Leicester rimarrà per sempre nella storia….

di Darwin Pastorin
(Huffington Post)

Dunque, è vero. Non è stato un sogno, non sono le pagine di un romanzo ritrovato di Osvaldo Soriano, è tutto vero, assurdamente, splendidamente vero: nella terra del football trionfa il brutto anatroccolo trasformato in principe, un principe vestito di blu: il Leicester dell’italiano, di Roma del Testaccio, Claudio Ranieri.

Manchester United, Manchester City, Chelsea, Arsenal, Tottenham, Liverpool a inchinarsi. E tutti noi, nessuno escluso, a scoprirci “tifosi” di questi ragazzi che hanno fatto l’impresa, contro ogni pronostico, contro i club miliardari, un titolo conquistato giorno dopo giorno, canto dopo vanto, verso dopo verso, in campo e fuori. Ha ragione Alessandro Del Piero: “Racconterò questa storia ai miei nipoti”, così come abbiamo raccontato ai nostri figli, non solo le imprese degli eroi salgariani, ma lo scudetto del Cagliari del 1970: anche in quella abbagliante e memorabile stagione il calcio si vestì di favola e di meraviglia. Juve, Milan, Inter, Fiorentina, Napoli a guardare, ammirati e increduli, storditi. E c’è un filo conduttore tra le due conquiste. Ed è proprio Claudio Ranieri. Pochi giorni prima di sentirsi la Premier League in tasca, salutò con un video il Cagliari sicuro di ritornare in A. Fu il tecnico romano, dal 1988 al 1991, infatti, a ridare luce e gloria alla compagine sarda, portandola dalla C di nuovo alla massima serie. Ecco: come nella vita e nella storia, tutto infine ritorna. Su altre sponde, ma ritorna.

Ranieri non è più il “Tinkerman” del Chelsea, ovvero il “mister” rappezzatore e persino maldestro, non è più l’eterno sconfitto, il dimenticato d’Italia, il perdente di lusso: a Leicester è, ormai, un divo, vogliono fargli una statua, allo stadio gli cantano “Volare”, e “Il blu dipinto di blu” mette insieme la nostra canzone più amata all’estero e il club che tutto il mondo sta applaudendo, anche perché non è vero che i soldi sono tutto: pure oggi vince il sentimento, la poesia.

Il Cagliari scommise su un giovane attaccante, Gigi Riva, che nessuno voleva e che appena sbarcato in Sardegna pensava di essere finito in una specie di prigione. Riva diventò, invece, il breriano “Rombo di Tuono” e disse no a tutte le lusinghe miliardarie e ora la gente sarda è la sua gente. E per i pastori della Barbagia continua a essere perfetto come un dio greco. Ranieri ha puntato le sue carte su un attaccante, Jaime Bardy, che fino a qualche anno fa sbarcava il lunario facendo il metalmeccanico a Sheffield e venne scartato dal Lipsia: adesso tutti lo vogliono. Per non parlare del centrocampista algerino Riyad Mahrez, eletto miglior giocatore di questa stagione, e pescato tre anni fa nella serie B francese. Ma il merito principale va a Ranieri, al suo essere perbene, alla sua serietà e alle sue capacità. Il Cagliari vinse grazie alle strategie e al “lasciar vivere” del filosofo Manlio Scopigno, il Leicester deve le sue fortune a questo italiano mite, nobile, che si è preso la sua rivincita nel modo migliore. Facile vincere con il Real Madrid o il Bayern Monaco, provateci con una squadra inglese data sempre per retrocessa, o quasi.
ranieri
Anche José Mourinho si è lasciato andare, ed era tempo, in apprezzamenti sinceri nei confronti di Claudio Ranieri: non più battute al veleno e facile ironia, ma il rispetto che si deve a un professionista esemplare. Probabilmente non ci sarà un bis. Il Leicester resterà come il Cagliari. Ma una vittoria, quella vittoria, ha il valore di poema omerico. Resterà scolpita nella roccia. Nella memoria, nella nostalgia, nell’orgoglio di chi ha vinto, nella narrazione epica. Una, soltanto una: ma indimenticabile. Sempre e per sempre. Dilly Ding, Dilly Dong!