Terrorismo e paura al tempo dei social network

Mi dispiace doverlo fare, ma credo che stavolta abbia ragione Vittorio Feltri: non abbiamo ancora abbastanza paura! La notizia del terribile attentato di Dacca, 9 italiani assassinati brutalmente in un ristorante della capitale del Bangladesh solo “perchè non sapevano il Corano”, è stata trattata dalla stragrande maggioranza dei “social-opinionisti” come un quasi naturale incidente di percorso: ho visto post terrificanti con scritto “Che cavolo ci vanno a fare in Bangladesh?”, oppure “Cosi imparano a sfruttare i lavoratori locali”, fino all’ironia più fuoriluogo del mondo: “Oggi vado a comprarmi il Corano, può sempre venire utile”. Incredibile. A me è capitato addirittura di aver messo sul mio profilo personale di Facebook la bandiera italiana listata a lutto e un genio mi ha cosi apostrofato: “Che fai? Gufi per la partita?”, inconsapevole di quello che stava accadendo nel mondo, a parte il suo mondo calcistico proiettato verso un Italia-Germania capitata in contemporanea con la strage di Dacca. Ecco, il problema: non abbiamo abbastanza paura, perchè anche questo attentato è accaduto troppo lontano, con connazionali che un po’ se la sono cercata – questa la terribile sensazione che ho avuto – vivendo in un paese così pericoloso. O sbaglio? Per fortuna, ci sono anche le testimonianze sincere di cordoglio e di sgomento di fronte ad un fatto del genere.
Ammettiamolo: se non ci fossero state vittime italiane, sarebbe stato l’ennesimo massacro in una zona disperata del mondo, e lontana anni luce da noi e dalla nostra tranquilla e mediocre quotidianità. Un po’ come la strage di Orlando, in un locale gay, in un paese, l’America, che fa circolare liberamente pistole e ogni genere di armi. Un po’ se la sono cercata, vero? 
Maledetti pregiudizi. Chissà in quale fossa comune ci porteranno. E intanto c’è chi, come “Libero”, scrive che siamo noi che paghiamo chi ci ammazza (noi compriamo le rose dai bengalesi, i quali mandano i nostri soldi a casa e con quelli finanziano il terrorismo: percorso un po’ cervellotico, ma non così improbabile…) e chi ribadisce che non tutti i musulmani sono terroristi, ma tutti i terroristi sono musulmani. Abbiamo paura? Certo. Ma non abbastanza paura. Le cose che ci fanno paura sono quelle che accadono a noi vicine: Parigi, Bruxelles. Dove ognuno di noi potrebbe capitare, per caso, nel posto sbagliato e nel momento sbagliato. Già Istanbul fa meno paura, vero? Basta non andarci. Figuriamoci Dacca. E che cavolo ci vanno a fare in Bangladesh? Magari a lavorare, visto che è sempre più difficile farlo nella nostra bella Italia. Ma non abbiamo abbastanza paura. E’ per questo che ci sono ancora ampi fiumi di pietismo e di buonismo, un po’ dappertutto, anche a livello politico. Non abbiamo ancora abbastanza paura, almeno non sotto casa nostra.
Speriamo di non averne mai più di così. Potrebbe essere troppo tardi. Persino per scrivere l’ultimo post. 
P.s. Ho scritto quello che penso di questa vicenda, e francamente non ho una soluzione, ma certo non è il buonismo.
A meno che….a meno che non siamo tutti solo “cavie umane”, come scrive Gabriele Sannino nel precedente, inquietante articolo, qui su Pensiero Libero.

 MORTI DACCA

E se fossero cavie umane?

di Gabriele Sannino
www.pensieroliberomgo.itmgo

Il 12 giugno 2016 uno squilibrato di nome Omar Mateen entra in locale gay della Florida – il Pulse, ad Orlando – uccidendo 49 persone e ferendone 53.

Mateen verrà ucciso nel blitz dalla polizia.

La strage di Orlando è la più grave strage commessa con armi fa fuoco negli Stati Uniti, e sconvolge il paese in un momento di campagna elettorale in cui uno dei candidati – la democratica Hillary Clinton – è da sempre contraria alla distribuzione popolare delle armi (cosa sancita dal secondo emendamento della Costituzione degli USA).

Omar Mateen è un cittadino americano incensurato, che si convertirà all’ISIS qualche ora prima dell’attentato, cosa che farà esultare l’organizzazione terroristica per un qualcosa che le è capitato semplicemente… “dall’alto”.

Stavolta il pretesto ideologico sarà l’omofobia provata da un ragazzo confuso sessualmente: altre volte invece sarà il razzismo, l’odio antiabortista, l’antisemitismo e via discorrendo.

Il giorno prima, nella stessa città, un uomo entra armato in un teatro e uccide con una pistola a sangue freddo e davanti a tutti Christina Grimmie, vincitrice nel 2014 del concorso canoro “The voice”.

Il 14 giugno del 2016, ancora, il 25 enne Larossi Abballa uccide con nove coltellate a Parigi al grido di “Allah è grande” un vice comandante di polizia giudiziaria e sua moglie, anch’essa poliziotta. L’uomo prenderà in ostaggio il loro figlio di appena tre anni, Mathieu, fino all’arrivo di squadre speciali che puntualmente lo uccideranno.

Dulcis in fundo – si fa per dire – un altro psicopatico – il 52 enne Tommy Mair – pochi giorni prima del 23 giugno, ovvero prima dell’importantissimo referendum per la Gran Bretagna per rimanere o meno all’interno dell’UE – uccide la deputata europeista e laburista Jo Cox al grido “Britain first” – ovvero “prima la Bretagna” – suscitando sgomento e orrore in tutto il paese e influenzandone emotivamente il risultato.

Tutti questi episodi sono solo gli ultimi di una lunghissima sequela dove uno psicopatico uccide all’improvviso destando orrore. E ciò ormai accade non solo nell’armatissima America, ma anche in Europa e nel caldo Medio Oriente, nei paesi cioè dove sono sorte delle guerriglie.

Sotto i colpi di psicopatici – se ci pensate bene – sono morti e moriranno ancora Presidenti, cantanti, attori, diplomatici, leader di ogni genere e finanche persone comuni.

Il filo rosso, in sostanza, è il seguente: abbiamo un uomo disturbato – spesso addirittura già attenzionato, se non rinchiuso da qualche parte – che improvvisamente diventa libero e uccide in modo spettacolare personaggi di medio ma anche di gran rilievo, spesso influenzando emotivamente un gran numero di persone.

La domanda a un certo punto sorge spontanea: e se queste persone fossero armate, in qualche modo?

O meglio: e se fossero rese “disturbate” per compiere determinate attenzioni dimostrative… utili ai veri poteri?

Il progetto MKULTRA era il nome in codice dato a un programma illegale e clandestino di esperimenti sugli esseri umani portato avanti dalla CIA (il servizio di intelligence degli Stati Uniti d’America) durante gli anni cinquanta e sessanta del XX secolo, che aveva come scopo quello di influenzare e controllare il comportamento di determinate persone (il cosiddetto controllo mentale).

Il progetto MKULTRA o Mk-Ultra fu ordinato dal direttore della CIA Allen Dulles il 13 aprile 1953, al fine di contrastare gli studi russi e cinesi sul cosiddetto controllo mentale (mind control).

Questa tecnica avrebbe dovuto portare numerosi vantaggi, come ad esempio la creazione di assassiniinconsapevoli o il controllo mentale di leader stranieri scomodi.

Il progetto – e questa è storia, non complottismo! – sarebbe stato sovvenzionato per un totale di 25 milioni di dollari coinvolgendo istituzioni, università e addirittura ospedali.

Gli esperimenti consistevano in torture psicologiche atte a sviluppare sdoppiamenti della personalità, disturbi che potevano essere attivati con una parola o gesto “codice” che creavano immediatamente obbedienza o spietatezza, a seconda del risultato che si voleva ottenere.

Molto spesso si prendevano delle persone che erano già problematiche, in quanto con loro si poteva lavorare ancora meglio e in modo più veloce.

Il progetto MKULTRA venne portato all’attenzione del pubblico nel 1975, anche se gli esperimenti – almeno secondo la versione ufficiale – terminarono nel 1973.

Il film “Va e uccidi” del 1962 e “The Manchurian Candidate” del 2004 spiegano egregiamente queste realtà: entrambi tratti dal libro omonimo “The Manchurian Candidate”, il primo affronta gli esperimenti avvenuti durante la Guerra Fredda, il secondo ai tempi dell’operazione Desert Storm in Iraq nel 1991.

Insomma, i due film rappresentano un vero e proprio continuum cinematografico, al di là della fine ufficiale degli esperimenti – ripeto – avvenuta negli anni ‘70.

L’ultimo film, in particolare, vede protagonista una squadra di marines americani che, nel mentre di un attacco notturno da chissà dove, in realtà viene sottoposta a un vero e proprio lavaggio del cervello, cosa che renderà eroe un elemento della stessa – il sergente Raymond Shaw – il quale, senza ricordarsi, avrà salvato tutti i commilitoni, e per questo suo atto di eroismo sarà successivamente candidato a Vice Presidente degli Stati Uniti d’America.

Il capitano della squadra sopravvissuto a quella notte, Bennet Marco – gli altri si suicideranno o moriranno in circostanze misteriose – scoprirà un microchip dietro la schiena, e avvertirà immediatamente il sergente.

Una volta scoperta la manipolazione mentale che fa compiere al Vice Presidente ben due omicidi “scomodi”, Bennet sarà usato dalla madre dello stesso Vice per uccidere il rivale politico del figlio durante un comizio, ma la parziale liberazione dell’uomo da questi “incantesimi” farà sì che alla fine colpirà – su input di quest’ultimo, che soffriva troppo – proprio l’ex sergente Raymond Shaw e sua madre, determinandone la morte.

Alla fine la Manchurian Global – la società collegata a una parte del governo e ai servizi che effettuava questi esperimenti per creare cavie umane – verrà smascherata e il capitano salvato.

Ritornando alla nostra attualità, ci si può e deve chiedere: perché tutti questi disturbati – anche oggi – non possono essere prodotto di questi esperimenti, magari diffusi ormai tanto in Europa quanto negli Stati Uniti?

Chi ci può assicurare il contrario? Ripeto, parliamo di omicidi spesso eccellenti, che devono produrre un determinato risultato politico, economico o sociale.

Perfino guerriglie come l’ISIS potrebbero – anzi sicuramente lo sono! – essere composte da uomini che hanno subito questo tipo di trattamenti tanto da arrivare… a farsi esplodere!

Certo, c’è sicuramente l’effetto gregge, ma i disturbi psichiatrici tra i terroristi dell’ISIS sono palesi a tutti, perfino ai musulmani, alias le loro prime vittime.

Insomma, al di là della guerriglia o del singolo terrorista, forse il terrore ha davvero una matrice diversa da ciò che pensiamo, origine che è molto lontana dalla “follia spontanea” che tutti noi comunemente immaginiamo.