Non avevo ancora avuto il coraggio di scrivere nemmeno due righe, qui nel mio blog, sull’eliminazione degli azzurri dai Mondiali di Calcio del 2018. L’ho fatto sui miei profili social, utilizzando soprattutto le tante fotografie-caricature che hanno riempito il web nei giorni successi alla disfatta con la Svezia. L’Oscar dell’originalità lo vince l’autore del fotomontaggio con i tre Grandi della Storia che non riuscirono ad entrare in Russia: Napoleone, Hitler e…Ventura!
Ora scrivo a distanza di una settimana, anzi no: perché sono da poco passate le cinque del pomeriggio di un lunedi di novembre e 7 giorni fa, a quest’ora, cullavamo ancora la speranza che alla fine “vedrai che ce la facciamo, magari per il rotto della cuffia”. Ma poi la cuffia non si è rotta, Candreva ha sbagliato tutti i cross del mondo, Gabbiadini non è degno dell’appellativo “bomber”, Insigne è rimasto a marcire in panchina, Buffon ha pianto amare e sincere lacrime e noi siamo a casa dai Mondiali, come non accadeva dal 1958. Gian Piero Ventura come Alfredo Foni in questo triste e comune destino. Con buona pace di chi, come me, aspetta i Mondiali soprattutto per organizzare pizzate e grigliate con gli amici in concomitanza delle partite degli azzurri. E adesso con chi le facciamo? Tifando Islanda? Non mi sembra la stessa cosa.
Questo lunedi che segue l’altro lunedi, quello nero, consegna alla storia il definitivo colpo di spugna ad un recente passato disastroso per il calcio italiano, soprattutto a livello di nazionale (eliminazione al primo turno nei due ultimi mondiali 2010 e 2014, don’t forget).
Dopo il licenziamento di Ventura (che non ha nemmeno trovato lo stile di dimettersi per non rinunciare ai suoi 800mila euro di contratto: piu’ facile a dirsi che a farsi, ma signori si nasce…), oggi è stata la volta del presidente Carlo Tavecchio, uno dei peggiori dirigenti della storia della Federazione Italiana Giuoco Calcio. Non avrebbe voluto dimettersi, lo hanno costretto a dimettersi. Di questo impresentabile presidente fantozziano non sentiremo per niente la mancanza. Peraltro, con la coda avvelenata di un’imbarazzante conferenza stampa, in cui – per il suo siluramento – ha evocato nientepopodimeno che uno “sciacallaggio politico”. No comment.
Avanti un altro, avanti il prossimo. Che sia presidente, che sia Commissario Tecnico. Il toto-nomi è già cominciato. Ma non c’è fretta. Il prossimo appuntamento “vero” è il Campionato Europeo del 2020. Ne passerà ancora di acqua sotto i ponti. C’è fretta, viceversa, nel ripensare gli ingranaggi di un mondo del calcio italiano che, così com’è, non funziona piu’. E i risultati sul campo – quelli che ci interessano di piu’ – sono li a confermarlo, purtroppo.
Proviamo ad elencare i problemi? Innanzitutto, troppi, troppi stranieri, in prima squadra e nelle giovanili: e la quantità di giocatori italiani convocabili in azzurro si riduce sempre piu’ all’osso. Eppoi: troppe squadre, e nemmeno all’altezza, anche in serie A (vedi il Benevento a zero punti), troppe società professionistiche che non ce la fanno piu’ ad andare avanti, con pochi soldi e tanti debiti (il caso del Modena è clamoroso, nel ricco Nord Italia). Questi, i principali problemi. A livello tecnico e a livello gestionale.
Cominciamo da qui: una riduzione dei calciatori stranieri (Si puo’? Temo che l’Europa ci dica di no) e una riforma dei campionati, compresa l’attività dei settori giovanili.
Anche qui, come sopra: piu’ facile a dirsi che a farsi. Ma è per questo che servono dirigenti federali illuminati, altro che Tavecchio. E serve anche l’appoggio della Lega Calcio, a cominciare dalla società piu’ blasonate. Perchè se la Nazionale va bene, ne beneficiano tutti: la Juve, il Napoli, il Milan, la Roma, l’Inter, persino il Benevento. Ma lo hanno capito? Ai posteri l’ardua sentenza.
In buona sostanza, e con una buona dose di ottimismo finale, facciamo in modo che – come spesso si dice – questa batosta ci sia di sana lezione.
Altrimenti ci toccherà sempre tifare per l’Islanda.