Olimpiadi 2026 a Milano/Torino? Piu’ no che si

Il 29 marzo scorso il Coni (Comitato Olimpico Nazionale Italiano) ha presentato al Cio (Comitato Internazionale Olimpico) la “manifestazione d’interesse” delle città di Milano e Torino per una candidatura comune per l’organizzazione dei Giochi Olimpici Invernali del 2026. Non una vera e propria candidatura ufficiale, dunque, ma almeno un’alzata di mano per dire “mi interessa”, resa necessaria dalla scadenza prevista dal Cio per il 31 marzo. Poi, bisognerà darsi da fare sul serio, anche perchè la decisione ufficiale sulla città che ospiterà le Olimpiadi da qui a otto anni verrà presa nel settembre 2019, che – organizzativamente parlando – è un periodo di tempo molto breve. Le avversarie ci sono, e pure competitive: Calgary (Canada), che già ospito’ le Olimpiadi nel 1988, l’anno dell’esplosione di Alberto Tomba, Graz (Austria), Sion (Svizzera), Stoccolma (Svezia), Erzurum (Turchia) e, soprattutto, Sapporo (Giappone), città che ha ospitato i Giochi nel 1972, quando Gustav Thoeni conquisto’ l’oro nello slalom gigante. Inoltre, dettaglio da non trascurare visto che ogni paese puo’ presentare solo una candidatura, anche Cortina d’Ampezzo – 70 anni dopo i cinque cerchi del 1956 – ha presentato la propria “manifestazione d’interesse” per l’evento olimpico.

Milano/Torino o Torino/Milano?
Di Milano e Torino, in realtà, si era già parlato. Ma mai insieme. C’è quello slash (/) nella candidatura che non piace tanto, nè a Torino nè a Milano, nè ai sindaci Chiara Appendino e Beppe Sala, nè agli stessi residenti delle zone interessate (in particolare gli albergatori e gli operatori turistici della Val di Susa, che dalle Olimpiadi del 2006 hanno ottenuto – dicono loro – solo le briciole). E poi: Milano/Torino in ordine alfabetico o Torino/Milano in ordine di strutture già esistenti?
Un bel dilemma. Ed è un peccato. Perchè, insieme, la candidatura delle due città sarebbe forte e convincente, forse la piu’ forte e convincente di tutte, a patto che il Comitato Internazionale voglia assegnare nuovamente un evento cosi globale come le Olimpiadi alla stessa città che le ha organizzate appena 12 anni fa (gli anni saranno 20 nel 2026). Riteniamo che sia improbabile. Ma poichè in una decisione così importante e delicata – non solo per le medaglie in palio, ma soprattutto per gli interessi economici e di investimenti in infrastrutture che muovono le Olimpiadi – il pronostico sfugge ad ogni logica, tutto puo’ accadere. Sebbene una logica, nella candidatura milanese e torinese, ci sia eccome. A cominciare dal livello metropolitano delle due città e dalle infrastrutture già in buona parte esistente. Nel progetto del Coni, ci sono alcuni aspetti molto interessanti: l’idea di portare lo sci di fondo al Castello Sforzesco, di conservare le prove di slittino, bob e skeleton a Cesana Torinese, il salto con il trampolino a Pragelato, il curling a Pinerolo (un vero fenomeno, ora lo praticano anche nelle scuole) e il pattinaggio su ghiaccio al Palavela di Torino (come nel 2006), aggiungendovi la chicca dello sci alpino a Bormio e a Santa Caterina Valfurva (la patria di Deborah Compagnoni), in Valtellina, su piste degne della Coppa del Mondo. L’alleanza Milano/Torino (e Lombardia/Piemonte) consentirebbe, in effetti, una candidatura forte.


C’è chi dice no
Ma nella politica c’è chi dice no, a cominciare proprio dal sindaco di Torino, Chiara Appendino, che giusto il 18 aprile ha dichiarato: “Torino non ha mai pensato ad una candidatura con Milano. E con Milano non ci sono stati contatti”. Ma se è davvero cosi, a quale genio del Coni (il presidente Malago’?) è saltato in mente di presentare una bozza di candidatura comune targata Mi-To (sigla, peraltro, già usata per un evento musicale)? Da Milano, nessun commento particolare. Attendono sviluppi concreti, secondo lo stile milanese. Ma qualche mese addietro, lo stesso sindaco Beppe Sala era stato molto tiepido: “Troppa confusione, Milano non si candida”, disse. “Ma se il Coni ritenesse che Milano è una buona candidatura, allora guarderemo alla cosa con interesse”. Tiepido, quasi gelido. Allora, probabilmente, è tutta farina del sacco del Coni e di Malago’.
In realtà esisterebbe uno studio di fattibilità economica e sportiva dell’evento (nel 2006 il costo complessivo delle Olimpiadi di Torino fu di 2 miliardi e 600 milioni di euro, compresa l’autostrada Torino-Pinerolo e 11 fermate di una metropolitana nuova di zecca), preparato non si sa bene da chi (dal Coni, immaginiamo) ad inizio 2018 e che dovrà essere presentato al nuovo governo italiano, per la promozione o la bocciatura definitiva. Politicamente parlando, dobbiamo citare – tanto lo sanno tutti – l’atteggiamento ambiguo del Movimento Cinque Stelle, ora particolarmente interessato alla candidatura di Milano/Torino, ma dopo aver boicottato e bocciato miseramente la candidatura di Roma per le Olimpiadi estive 2020 Comunque la pensiate, o le Olimpiadi sono da considerarsi interessanti per tutti o un potenziale disastroso “magna magna” per tutti. Ma per tutti, davvero. Che siano Milano, Torino, Roma o Cortina d’Ampezzo.
 
Non è tutto oro…
Non è tutto oro quello che luccica, in realtà, nemmeno per gli impianti già esistenti, eredità di una edizione olimpica 2006 ben organizzata, questo si (riconosciuto anche dagli stranieri, almeno per i 15 giorni di gare) ma che ha lasciato strascichi e scheletri su impianti in seguito ben poco utilizzati, come spesso capita in questi casi (basta chiedere dei “sepolcri” di Atene 2004). Io stesso, nel 2010, realizzati un documentario in quattro puntate sull’eredità olimpica, 4 anni dopo (si possono vedere su YouTube digitando “inchiesta Olimpiadi Torino 2006“). E già allora, qualcosa “puzzava di marcio”. Figuriamoci adesso…
Per intenderci: la pista di bob di Cesana, cosi cara al mitico Armin Zoeggeler, è stata parzialmente smantellata. Costava troppo (un milione di euro all’anno solo di ammoniaca!, necessaria per mantenere la pista ghiacciata), veniva utilizzata poco e il tentativo di farne un noleggio-bob è, ovviamente, finito male. I trampolini di Pragelato non esistono piu’, stroncati dall’inutilizzo, dopo aver abbattuto centomila alberi della valle per costruirli. Il villaggio olimpico di Torino, beh, è addirittura occupato dai rifugiati e le 25 colorate palazzine low-cost costruite in cartongesso per gli atleti, già cadono a pezzi.
Milano, forse, puo’ fornire parte dell’Area Expo di Rho come villaggio olimpico (ma è davvero fattibile?) e lo stadio San Siro per la cerimonia inaugurale, ma i problemi da affrontare sembrano comunque troppi. Soprattutto se i primi a non volere questi Giochi sono proprio i sindaci. Intanto, se ne parla. Questo si. Anche con convegni pubblici a cui è ben lieto di partecipare Valentino Castellani, il sindaco di Torino che conquisto’ le Olimpiadi (poi, a godersele, fu Sergio Chiamparino). Ma anche i cittadini e gli operatori turistici sembrano scettici.
Forse è meglio conservare il ricordo bellissimo di quelle “notti magiche”, belle e irripetibili. A volte, puo’ bastare il ricordo di essere stati felici. 
Chiara Appendino e Beppe Sala, sindaci di Torino e Milano