Sto firmando così – “Torinese per sempre, anche se emiliano” – le copie del libro di racconti “Torinesi per Sempre” che sto autografando alle presentazioni in giro per Torino. In realtà, finora, ne ho fatta una sola, di presentazione, in un luogo che non conoscevo e che trovo bellissimo: “La Piola-Libreria da Catia“, che non si capisce bene se è più piola o più libreria, ma in entrambi i casi è favolosa!
Il libro, edito dalla casa editrice romana “Edizioni della Sera“, sta andando letteralmente a ruba e gran parte del merito, oltre ai racconti che vi fanno parte, è della straordinaria curatrice Loredana Cella, che sta facendo un eccezionale lavoro di marketing, portando il libro ovunque – in librerie, supermercati e centri commerciali – e, visto il successo, ricevendo insperati inviti laddove sembrava difficile, se non impossibile, entrare. Ma, poi, naturalmente, i protagonisti, sono i racconti. C’è il mio, certo, ambientata in uno dei luoghi che amo di più di Torino: il mercato di Porta Palazzo. “Un viaggio emozionale” – come dice il sottotitolo del libro, nella sua stupenda copertina giallo e blu e con la prefazione di Enrico Pandiani – ma anche “sensoriale e olfattivo”, aggiungo io, avendo ben stamapto in mente il ricordo di quella mia volta, di sabato mattina, quando mi persi incredibilmente al mercato… Vi risparmio il finale, anche perchè non è un giallo, ma soprattutto per non farvi perdere il gusto della suspence, per scoprire se, alla fine, mi sono “ritrovato”.
Per fortuna, oltre a me, ci sono anche tanti altri scrittori, anche famosi, e molti altri che hanno provato semplicemente a scrivere le loro emozioni di “torinesi”. E ci sono riuscii! E, molti di noi, non lo siamo proprio, torinesi, nel senso stretto del termine. Ma, del resto, è la storia stessa della città, fatta di immigrazione, sudore, fatica, lontananza e integrazione.
Io sono arrivato a Torino un freddo giorno del febbraio di 12 anni fa, nel 2007, un anno dopo la fine delle Olimpiadi, il tanto celebrato spartiacque tra la Torino di prima e la Torino di dopo. C’erano ancora i “Gianduiotti” dell’Atrium in Piazza Solferino e persino un pupazzone gigante, di cui non ricordo il nome, con cui feci subito una foto (i selfie sarebbero stati inventati da li a poco). In 12 anni, in mezzo a qualche andata e ritorno, ormai mi sento torinese quasi DOC e il mio sguardo sulla città, da quello benevolo di un turista è diventato quello critico di un residente. Forse è persino un bel segno.
Per fortuna, dicevo, ci sono i veri scrittori, che in questo libro di racconti, in poche pagine, hanno vissuto e vivisezionato solo una città, ma anche un’epoca, come ha fatto l’amico Darwin Pastorin, ricordando i favolosi anni ’60, quelli della sua adolescenza, segnata dalla grande passione per il calcio, per la Juve, ma anche per un mito come Gigi Meroni, che morì all’improvviso, in una domenica sera d’ottobre del 1967, dopo una partita vinta.
Per fortuna che c’è la Torino raccontata da Rocco Ballacchino, che sotto la Mole Antonelliana, il simbolo sabaudo per eccellenza, ambienta un episodio inedito di un’avventura del suo commissario Crema, personaggio che si può ritrovare nei suoi libri. E quelli si che sono gialli…e anche il suo racconto è molto giallo, ci lascia con il fiato sospeso!
Per fortuna che ci sono tutti gli altri – in ordine alfabetico, da Serena Artom a Lorenzo Vergnasco – che, come me, hanno contributo a questo omaggio ad una città che, natale o adottiva, ci è entrata nel cuore. E magari succederà anche a voi, dopo aver letto tutti i racconti.
Ma proprio tutti, mi raccomando.
29Gen