E’ l’evoluzione della specie “noir scandinavo”. Scritto nel 2016 da Johana Gustawsson, scrittrice svedese residente da anni in Francia, dove i suoi libri hanno molto successo (in Italia è pubblicata da La Corte Editore, editore indipendente e intraprendente), questa caccia al serial killer ha almeno due particolarità che lo contraddistinguono dal resto dell’offerta giallistica del Nord-Europa, un filone che sembra non finire e non stancare mai (io, un po’ si).
Intanto la scena del crimine (dei crimini) è doppia: la classica Svezia sotto la neve – qui, in particolare, la città di Falkenberg -, ma anche la Londra più metropolitana e turistica che ci sia. È in questi due luoghi cosi diversi e cosi distanti, infatti, che avviene una serie di omicidi – diversi bambini tra i 6 e gli 8 anni – e una donna, Linnéa Blix, stilista di successo, che sembra essere stata assassinata…per caso. O perchè ha riconosciuto qualcuno che non doveva riconoscere. Tutte le vittime, tuttavia, vengono sezionate in modo identico: squartata la trachea, cavati gli occhi, rasati i peli, con la lettera Y o X (ma sono veramente lettere?) incisa sul braccio. Perchè questo macabro rituale? Indaga la polizia svedese, indaga Scotland Yard, indaga la scontrosa profiler Emily Roy, indaga la scrittrice francese Alexis Castells, con un tragico passato, che scrive di altre tragedie come fosse una terapia del dolore.
Manca ancora la seconda peculiarità del libro, che ci riporta al 1944, al campo di concentramento di Buchenwald, dove un giovane deportato tedesco, Erich, presta le sue conoscenze mediche al servizio dei medici nazisti, nel famigerato Block 46…
Intanto la scena del crimine (dei crimini) è doppia: la classica Svezia sotto la neve – qui, in particolare, la città di Falkenberg -, ma anche la Londra più metropolitana e turistica che ci sia. È in questi due luoghi cosi diversi e cosi distanti, infatti, che avviene una serie di omicidi – diversi bambini tra i 6 e gli 8 anni – e una donna, Linnéa Blix, stilista di successo, che sembra essere stata assassinata…per caso. O perchè ha riconosciuto qualcuno che non doveva riconoscere. Tutte le vittime, tuttavia, vengono sezionate in modo identico: squartata la trachea, cavati gli occhi, rasati i peli, con la lettera Y o X (ma sono veramente lettere?) incisa sul braccio. Perchè questo macabro rituale? Indaga la polizia svedese, indaga Scotland Yard, indaga la scontrosa profiler Emily Roy, indaga la scrittrice francese Alexis Castells, con un tragico passato, che scrive di altre tragedie come fosse una terapia del dolore.
Manca ancora la seconda peculiarità del libro, che ci riporta al 1944, al campo di concentramento di Buchenwald, dove un giovane deportato tedesco, Erich, presta le sue conoscenze mediche al servizio dei medici nazisti, nel famigerato Block 46…
Senza indugiare in particolari horror (tranne forse per il racconto del lager, veramente un pugno nello stomaco!), “Block 46” è un noir appassionante e “puro”, dallo stile sobrio ed essenziale. Che vi appassionerà al genere o, nel mio caso, vi riconcilierà con le troppo spesso ripetitive storie svedesi, norvegesi, islandesi…
Ma, alla fine, una domanda sorge spontanea: capisco che la neve fa il suo effetto, ma non si potrebbe scrivere un giallo scandinavo ambientato in estate?
E adesso mi leggo il nuovo romanzo di Johana Gustawsson, “L’Emulatore”…