L’autunno caldo del mondo

Otto anni dopo la primavera araba, è il momento di un nuovo autunno, altrettanto caldo.
Il mondo è attraversato da un’ondata di proteste senza precedenti, da Hong Kong al Cile, passando per la Francia e la Catalogna: nonostante le coordinate geografiche siano molto diverse tra loro, il minimo comune denominatore delle rivolte, a detta delle organizzazioni per i diritti umani consultate da Euronews, è la repressione.

Nonostante questa nuova ondata di proteste abbia analogie con la primavera araba del 2011 – per esempio il ruolo chiave dei social network nella rapida espansione e organizzazione delle manifestazioni – l’estensione delle rivolte della società civile, che hanno abbracciato tantissimi paesi in diversi continenti, è del tutto nuova.

Demonstrators chant slogans outside of a church at a rally marking International Day for the Elimination of Violence against Women amidst protests against Chile’s government, in Valparaiso, Chile November 25, 2019. REUTERS/Rodrigo Garrido
Non importa in che lingua vengano scanditi gli slogan dei manifestanti: l’insostenibile costo della vita, la corruzione e la contestazione politica sono i fattori che hanno portato le persone a scendere in strada, a prescindere dal contesto della rivolta.

Secondo Geneviève Garrigos, responsabile delle Americhe per Amnesty International in Francia, nonostante le complessità e particolarità delle proteste, è possibile individuare alcuni elementi comuni che caratterizzano questo momento storico così eccezionale: la lotta per la salvaguardia dei propri diritti.

“In alcuni paesi, come l’Egitto, il Libano e l’Iraq, le proteste nascono per denunciare la corruzione che nega ai cittadini i propri diritti”, afferma Garrigos.

In altri paesi, invece, si è scesi in piazza contro il costo della vita: succede in Francia, Cile o Nicaragua. In questo paese per esempio le proteste si sono scatenate a seguito della riforma delle pensioni, anche se gli studenti si erano già mobilitati contro l’incendio della riserva dell’Indio Maíz.

Molti manifestanti si ribellano contro le disuguaglianze, un caso fra tutti il Cile, che è uno dei paesi con le disuguaglianze più marcate. Contesti con equilibri precari a cui spesso si sommano i problemi derivanti dal cambiamento climatico.

Un’altra grande famiglia di proteste è quella che denuncia la privazione della propria libertà civile e politica. Lo vediamo a Hong Kong, in Catalogna o in Bolivia, dove le proteste sono scoppiate a seguito di sospetti brogli elettorali o per rivendicare una propria autonomia.

Riot police officers detain a demonstrator during protests against Chile’s government, in Santiago, Chile November 25, 2019. REUTERS/Ivan Alvarado – RC2NID9XD6Q4