Ormai l’ho presa con filosofia, dopo quasi due mesi di quarantena, però il 1° maggio è sempre una data simbolica e ritrovarsi il 1° maggio senza un lavoro è una cosa che destabilizza. Non solo l’unico, certo, di questi tempi, ma la cosa non mi allevia la pena di aver perso il lavoro….per colpa di un virus!
Fosse per la crisi, l’avrei pure capito. Ma per un virus no!
Non ci avrei pensato, mai e poi mai!
Che poi, in realtà, essendo free-lance, il lavoro non è perso completamente, potrà pure ritornare, ma bisognerà sudarselo, bisognerà riguadagnarselo e, poichè lavoro prevalentemente all’estero, molto dipenderà dai rapporti di confine tra un paese e l’altro. Perchè se le frontiere rimangono chiuse, non c’è smart-working che tenga, almeno per me.
Un lavoro sempre più distante, sempre più lontano. E, stavolta, non si può nemmeno dare la colpa al capo-ufficio o al capo-redattore, non c’è uno stronzo su cui caricare la responsabilità di un lavoro che non c’è più. E, se riprenderà, sarà per meno gente, per meno soldi, per meno diritti. Sempre meno meno meno…
Purtroppo vale per tutti: bar, ristoranti, redazioni di giornali e tv, fabbriche, uffici…
Spero di sbagliarmi, ma stavolta i bravi sindacalisti serviranno a poco.