Che casino, ‘sti tamponi!

Già chiamarlo “hotspot” o “drive-in” è ridicolo, perchè è solo un capannone all’aperto in una piazza, il Foro Boario, di Carmagnola (Torino): è qui che l’ASL effettua i tamponi al Covid-19. Orario: 9-11 e 12-15, ma adesso fanno un massimo di 350 tamponi al giorno (“per analizzarli meglio”, dicono i soliti esperti). Di fatto, all’apertura dei cancelli alle 9, ci sono già 350 auto in coda, fin dalle 6 del mattino, altri addirittura dalle 4, qualcuno persino da tutta la notte, come se fosse un concerto di Vasco Rossi. E, quindi, scatta subito il cartello “Tamponi chiuso”…
Una signora, dopo 7 ore di coda, commenta: “Ma il problema poi è quanto tempo ci mettono a darmi l’esito. L’altra volta ci hanno messo più di una settimana e adesso che aspetto un tampone negativo ho paura che il datore di lavoro si stufi e mi licenzi”.
Tempi biblici? Ci vuole cosi tanto, in epoca di grandi tecnologie?
Un uomo aggiunge: “Mio figlio va a scuola e sono 20 giorni che aspetta l’esito”.
Un solerte addetto ci fa sapere che con 90 euro si possono fare i tamponi privatamente, in apposite strutture, ma pare che non valgano (allora perchè farli?) se si è stati segnalati dal medico o si è rientrati da un paese a rischio. Bisogna per forza passare dal “drive in”.
Quasi quasi, per non finire nel labirinto burocratico italiano, è meglio far finta di niente…
Complimenti vivissimi (si fa per dire, è ovvio) a chi – governo e Regioni, di ogni colore – ha messo in piedi questa disastrosa macchina organizzativa e fino all’altro giorno vantava l’Italia come modello da seguire.

Maradona: 60 anni di meraviglie, ribellioni e furori

di Darwin Pastorin
(Huffington Post)

Diego Armando Maradona compie 60 anni. Sono giorni di festa, di nostalgia e di nuove sfide per il Pibe, mai stanco – attraverso i social – di dare sfogo alle proprie tenerezze e ai propri furori: ricordando i compagni delle stagioni della gloria e ritornando ad attaccare i poteri forti, i padroni del football, i prepotenti della politica. Per niente facile, Dieguito: esagerato, polemico, ma mai reticente.

E sempre a testa alta.

Per molti, moltissimi è stato il più grande giocatore di tutti i tempi. Lo considero il mio Borges della pelota, così preso dai suoi universi paralleli, dai suoi labirinti, dalla sua passata, ma non perduta poesia. Ritornano i suoi gol memorabili, come in Messico nel 1986 contro l’Inghilterra: dalla Mano de Dios, così meravigliosamente beffarda, al gol più bello di sempre, con gli avversari, increduli e smarriti, saltati come birilli. Guardate e riguardate quell’azione: c’è tutto il genio di un calciatore unico e irripetibile.

Maradona è stato il campione che ha permesso a Napoli, città mondo, di diventare, anche nel calcio, un punto di riferimento internazionale, con più orgoglio e meno pregiudizio. Già, il Napoli: una squadra-simbolo, amata e rispettata da New York a Ouagadougou, da Helsinki a Seoul. Una compagine che divertiva e si divertiva, trascinata, tra dribbling irresistibili e punizioni impossibili, da quel numero dieci dall’umore inquieto e dal sorriso bambino, ora tempesta e ora raggio di sole.

Ho visto Diego giocare, compiere prodezze abbaglianti, perdersi e ritrovarsi. Amato e odiato, diventato un canto popolare e per i partenopei un inno alla felicità e al futuro. Tutto gli veniva perdonato: anche perché sapeva ricambiare quell’affetto immenso e struggente con i suoi colpi d’autore, le sue pennellate d’artista.

Non diventerà mai, Dieguito, triste solitario y final. E non cambierà mai, nel bene e nel male, nella consapevolezza e nelle tentazioni: lui, con il suo cuore ribelle e le sue passioni folgoranti. Mi disse, nei giorni di Siviglia: “Non credere mai alle storie che sentirai su di me. Sono diventato il bersaglio dei falsi perbenisti e moralisti, dei potenti del calcio. Le mie verità fanno male: tenteranno in tutti i modi di chiudermi la bocca, ma tu non dare retta. Tu, se vuoi, difendi l’onore di Diego Armando Maradona”.

60 anni, perennemente in prima pagina, venerato o detestato, sempre sotto i riflettori: ma incapace di recitare una parte, di vestire maschere. Felice compleanno, caro Diego: re del prato verde e della fantasia.