È stata la “prima ballerina assoluta”, così il New York Times aveva definito Carla Fracci negli anni ’80.
“Un’eterna fanciulla danzante” aveva detto di lei il poeta Eugenio Montale.
Una vita per la danza e per il suo pubblico: una fiamma che si è spenta all’età di 84 anni dopo aver illuminato i teatri di mezzo mondo e aver condiviso la scena con altri ballerini ugualmente immensi, come Rudolf Nureyev, Erik Bruhn e Vladimir Vasiliev.
“Carla Fracci ha onorato, con la sua eleganza e il suo impegno artistico, frutto di intenso lavoro, il nostro Paese. Esprimo le più sentite condoglianze ai familiari e al mondo della danza, che perde oggi un prezioso e indimenticabile riferimento”, ha detto il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
Anche Roberto Bolle, il primo ballerino al mondo a essere contemporaneamente étoile del Teatro alla Scala di Milano e principal Dancer dell’American Ballet Theatre di New York, ne celebra la grandezza, sottolineando il ruolo di Carla Fracci nel rendere il balletto una magia meno elitaria: “Ha segnato un’epoca, è stata davvero un’icona, un simbolo della danza italiana nel mondo. Il suo ruolo è stato fondamentale perché generazioni di ballerini si sono ispirati a lei, l’hanno ammirata e si sono avvicinati al mondo della danza grazie a Carla Fracci. Ed è diventata anche un’icona pop perché attraverso la tv, il cinema e la pubblicità ha fatto arrivare la danza a milioni di persone, un pubblico che prima non se ne era mai interessato. Quindi il suo ruolo va oltre l’ambito della danza. Dobbiamo ringraziare questa grande donna”.
La camera ardente è allestita nel foyer del teatro alla Scala di Milano, “una cosa che è stata fatta pochissime volte ma si tratta di Carla Fracci”, ha detto il sovrintendente Dominique Meyer. “È stata la ballerina più importante del teatro dell’ultimo secolo ma anche una stella importantissima nella danza internazionale. Dobbiamo inchinarci davanti alla carriera di Carla Fracci che è nata qui alla Scala facendo la scuola di ballo”.
Mese: Maggio 2021
W il murales!
Franco Battiato, un “essere speciale”
Un Maestro che non ha mai voluto mettersi sul piedistallo, diventando – suo malgrado – un personaggio da hit parade e felice di esserlo.
A 76 anni, nella sua adorata casa di Milo, in Sicilia, se n’è andato Franco Battiato.
Dalla Sicilia a Milano e viaggio di ritorno. 50 e passa anni di carriera, un cantautore raffinato e colto, con testi profondi e voce inconfondibile, ma che piaceva a tutti, piaceva persino a Gianni Minà di cui era stato spesso ospite in tv, lui cosi schivo, piaceva a tutti quelli che hanno amato le sue canzoni e che ancora hanno nelle orecchie il ritornello “…sul ponte sventola bandiera bianca”,
Dopo il grande successo di pubblico degli anni 80 e 90, Battiato aveva preferito progetti più “intimi”, come li chiamava lui: il teatro e le composizioni musicali teatrali, riservandosi rare ma straordinarie apparizioni pubbliche. Poi, addirittura una fugace esperienza politica, come assessore alla cultura della regione sicilia, tra il 2013 e il 2014, finita amaramente.
Ma quello non era il suo mondo. Il mondo di Franco Battiato è sempre stata la musica, è sempre stata la sua Sicilia, musa ispiratrice delle canzoni che ora ci lascia in eredità.
Grazie a tutti per la nostra “prima” con il pubblico!
Tutti pazzi per…Napoleone!
Nei giorni del bicentenario dalla morte di Napoleone Bonaparte (1769-1821), finiscono all’asta 365 oggetti appartenuti al Generale e Imperatore francese.
La casa d’aste francese Osenat, specializzata nel Primo Impero, presenta cimeli risalenti al periodo d’esilio sull’isola di Sant’Elena, dove morì il 5 maggio 1821 (avrebbe compiuto 52 anni il giorno di Ferragosto) e altri appartenuti alla prima moglie (e musa) Giuseppina Bonaparte.
Tra gli oggetti “napoleonici” più particolari dell’asta ci sono numerosi indumenti usati dall’Imperatore. “Tra cui una benda molto rara, tagliata durante l’autopsia di Napoleone”, spiega Jean-Pierre Osenat, il Presidente della casa d’aste. “Ma anche la camicia che ha usato l’ultima notte, con la N stampata, che la rende assolutamente autentica”.
Tra le altre “memorabilie”, c’è persino un piatto da dessert di Sèvres, detto Des Quartiers Généraux, portato da Napoleone nell’ultima sua dimora, nell’isola di Sant’Elena, e valutato fra 150mila e 200 mila euro.
“L’infatuazione per Napoleone esiste da quando Napoleone è salito al potere. Non è mai diminuita”, dichiara Jean-Christophe Chataignier, direttore del Dipartimento Impero e Memorie Storiche. “Ci sono stati periodi in cui è stata più silenziosa, un po’ più segreta, ma gli appassionati di Napoleone ci sono sempre stati e sono ancor più presenti oggi, in tutto il mondo. C’è un rinnovo permanente dei collezionisti di Napoleone”.
E i collezionisti sono davvero tutti…pazzi per Napoleone.
Nel 2014, un acquirente coreano si è aggiudicato un cappello di Napoleone, un bicorno, per la somma astronomica di 1,8 milioni di euro. Cinque anni dopo, nel 2019, un altro acquirente si è portato a casa per 117.208 euro un paio di stivali indossati da Napoleone a Sant’Elena. I feticisti sono interessati anche ai capelli di Napoleone I: un ciuffo dell’Imperatore arriva a costare tra 5.000 e 10.000 euro! Persino Bill Gates non è rimasto immune al fascino dell’Uomo Forte di Francia: nel 1997 il miliardario, fondatore di Microsoft, acquistò per 650.000 franchi francesi una lettera d’amore dell’Imperatore indirizzata alla sua prima moglie Giuseppina…
Mercoledì 5 e giovedì 6 maggio sarà possibile assicurarsi – offrendo una bella cifra, s’intende – uno di questi 365 preziosissimi cimeli, all’asta dal titolo “Napoleone a Fontainebleau”, attiva anche on-line, sul sito www.osenat.com.
Una seconda asta di Osenat è prevista per il 17 luglio. Ma si daranno da fare anche gli inglesi, storicamente acerrimi rivali di Napoleone: a settembre, Sotheby’s ha previsto un evento a Parigi e Bonhams si aggiunge alle celebrazioni il prossimo 28 ottobre a Londra.
Me lo ha raccontato sempre mio padre….
Me lo ha sempre raccontato mio padre, di quel maledetto 4 maggio 1949.
Lui aveva 9 anni ed era tifosissimo del Grande Torino. Un giorno, quel giorno, l’amico Renato – che sarebbe diventato il mitico “Goreno” – che aveva qualche anno di più, gli disse: “Da oggi non tifo più per il Toro”. Senza specificare il motivo. Solo qualche ora più tardi, mio padre scoprì la terribile verità. Il Grande Torino, quello degli Invicibili e degli Immortali, era precipitato a Superga.
Da allora, mio padre mi avrà raccontato questa storia almeno 72 volte, tanti quanti sono gli anni passati da quella tragedia sportiva e sociale, che privò l’Italia che ripartiva dalle macerie della Seconda Guerra Mondiale della sua squadra più bella e spettacolare, un vero riscatto per l’Italietta povera ma piena di sogni di quei tempi. Grazie a Bacigalupo – Ballarin– Maroso – Grezar – Rigamonti – Castigliano –Menti – Loik – Gabetto – Mazzola – Ossola…
Qualche anno fa portai mio padre, per la prima volta nella sua vita, a Superga (il Museo del Grande Toro allora era ancora lassù) e poi in quello che restava del vecchio Filadelfia, non ancora ricostruito. Scattammo anche qualche bella foto, tra una vecchia porta, le erbacce, quel pezzo di curva e uno striscione dal color granata nemmeno sbiadito. Mi sembrò commosso, il signor Guido.
Oggi lo chiamo, per chiedergli se si ricorda del Grande Toro e del 4 maggio e di quel “pellegrinaggio”. Se ne ricorda sicuramente.
Una squadra, quel Toro, a cui sono legati in tanti, non solo tifosi granata, una squadra che è giusto ricordare sempre, ma ancora di più ogni 4 maggio.