Tutti all’asilo! Anzi, no: c’è un positivo!

Da genitore, mi sfogo: dico che il protocollo-Covid per le scuole (anche per l’asilo che frequenta mio figlio Santiago, mesi 44 di vita) è ridicolo.
Basta un bambino positivo al Covid e scatta, immediata, la chiusura della scuola materna, la quarantena per i bimbi e la necessità di fare il tampone per tutti i bambini presenti il giorno in cui, la bambina (in questo caso, Camilla!) risultata positiva, ha frequentata l’asilo.
Era già successo il 26 novembre, è successo di nuovo il 19 gennaio.
Dopo tre giorni dalla ripresa dell’asilo, almeno per mio figlio.
Lo avevamo tenuto a casa tutto dicembre proprio per questo: per non avere rogne – tipo quarantena per tutta la famiglia – in caso di positività di qualcuno dei suoi compagni d’asilo o di lui stesso.
Poi, tre giorni appena d’asilo e…zac: di nuovo tutti a casa!
Santiago farà il tampone, ma stavolta la sua avventura nel primo anno di asilo finisce qui. Inutile mandarlo a scuola di nuovo con il rischio di dover stare a casa ogni tre giorni.
Meglio restare a casa fin da subito.

Non si può continuare così, con tutto chiuso e tutto bloccato per un solo caso di positività.
Tanto vale chiudere tutto completamente e aprire scuole e asili solo in maggio-giugno, quando i casi di Covid – grazie al caldo – saranno praticamente a zero.
Ma tutto questo “casino” fa passare la voglia di andare a scuola.
Forse ai bambini no. Ma ai genitori sicuramente sì.

Figuraccia di tutti!

Da qualche giorno è finalmente terminata la telenovela-Djokovic.
Per undici giorni (!), il tennista serbo numero 1 al mondo e il governo dell’Australia (e prima dello stato di Victoria, dove si trova Melbourne) hanno conquistato le prime pagine di tutti i giornali del mondo e l’apertura di tutti i telegiornali del mondo.
La “battaglia” di “Novax” Djokovic per entrare in Australia anche se non vaccinato e la “lotta” dell’Australia per difendere – come ha detto il premier Scott Morrison – gli sforzi dei suoi cittadini contro la pandemia.

Chi l’ha spuntata?
Alla fine, il governo australiano.
Espulso Djokovic, dopo il “no” al suo secondo ricorso contro l’annullamento del visto d’ingresso.

In realtà, hanno perso tutti.
Intanto, un tiramolla senza fine.
Da una parte, un tennista miliardario che pensa di poter fare il bello e il cattivo tempo: entrare in Australia senza vaccino, con un tampone prima positivo e poi negativo (manomesso?), con un errore di compilazione del modulo (il suo agente ha scritto che Djokovic non era stato da nessuna parte prima di andare in Australia e, invece, era stato in Spagna e in Serbia), con l’ammissione (tardiva) di colpa per aver concesso un’intervista a “L’Equipe” il giorno dopo aver saputo di essere positivo, la confusione sulle date del test effettuato a metà dicembre, le fotografie scattate a Belgrado quando era positivo… Insomma: un casino! Djokovic indifendibile!
Se non per il suo desiderio, legittimo, di non farsi vaccinare.

Dall’altra parte, l’Australia.
Un balletto ridicolo: prima lo stato di Victoria e gli organizzatori degli Australian Open dicono sì, poi il primo ministro del Victoria cambia idea, poi la Border Force ferma Djokovic in aeroporto e lo “rinchiude” in un hotel per “rifugiati” senza documenti, poi un tribunale accoglie il ricorso, poi interviene il primo ministro australiano, poi viene nuovamente respinto il visto, poi – alla fine – un tribunale decide che, stavolta, per Djokovic è davvero finita e deve tornare a casa.

Undici giorni.
Per scoperchiare le mille magagne dell’Australia, il presunto Belpaese delle opportunità, dei canguri e dei koala, del suo progetto di Covid-Zero (centinaia di giorni di lockdown con dati-Covid bassissimi…) e della sua strana “accoglienza” (nell’hotel dei “rifugiati”, si è scoperto, c’è persino un ragazzo “detenuto” da nove anni in attesa di documenti)…

Una figuraccia (planetaria) per tutti.

Torna a casa, Djoko!