Maledetto guerrafondaio!

Pessimo Putin. Guerrafondaio di merda!

Non ci sono giustificazioni politiche, quando invadi un altro paese e rovini la vita a civili innocenti.

 

“La guerra è giusta finché non sei tu a morire o non è la tua casa ad essere abbattuta o non è tuo figlio a cadere in combattimento o non è il tuo Paese a subire un attacco militare nel cuore della notte con missili e accerchiamento da parte di stranieri”.
(Azzurra Barbuto)

Rinasce il “vino di Leonardo”

C’è una vigna in centro a Milano, che non è una vigna come tutte le altre.
Si trova nei giardini della Casa degli Atellani, appartenne a Leonardo da Vinci e gli fu donata da Ludovico Maria Sforza, detto “Il Moro”, nel 1498, come pegno per aver dipinto una delle sue opere più famose: il Cenacolo.

“Questa vigna è di fatto il metodo di pagamento dell’ultima cena”, racconta Alessandro Cotroneo, Direttore della Vigna di Leonardo, che ha raccolto l’eredità e l’importanza di questa storia del passato e, ora, del presente.
“La storia fa riferimento a Ludovico ‘il Moro’, il Duca di Milano, che comprò questa casa per farne il punto di partenza del nuovo quartiere di Milano che voleva costruire. Si presentò a Leonardo da Vinci, che arrivava da Firenze, sedotto e abbandonato dai Medici: nel curriculum che Leonardo aveva consegnato al Duce, scrisse “saprei anche dipingere”.

Detto, fatto. Quella divenne la sua attività principale, almeno a Milano. 
Ludovico “Il Moro” lo incaricò di dipingere “L’Ultima Cena’” nel refettorio di Santa Maria delle Grazie e gli prestò inizialmente ben 8.327 metri quadrati di vigna, di cui Leonardo non smise di occuparsi: la riconquisterà quando i francesi gliela confischeranno e, in punto di morte, nel 1519, la citerà nel testamento, lasciandone una parte ad un fedele servitore e un’altra parte al padre del suo allievo prediletto, Gian Giacomo Caprotti, detto “Il Silai”.

Oggi la vigna – un tempo dimenticata – è rinata, grazie all’Expo 2015, all’interno dei filari originali.
Già nel 2007 vennero rinvenuti dei residui biologici vivi del vigneto originario, situato all’interno del giardino. Queste ricerche portarono al reimpianto del vitigno, la Malvasia di Candia Aromatica, detto anche il “Malvasia di Milano”: di fatto, il vino di Leonardo da Vinci.

 

Veramente un “Top Planet”….

Da alcune settimane – grazie ai “buoni uffici” dell’amico e collega Ezio Maletto – sono stato arruolato nella batteria degli opinionisti di “Top Planet”, programma a tinte bianconere che, da diversi anni ormai, è un punto di riferimento per tutti gli appassionati di calcio e, in particolare, per i tifosi della Juventus.
Io faccio la mia parte da bravo opinionista “super partes”, come dovrebbe essere – e spesso non è – ogni buon giornalista sportivo che si rispetti.
Grazie a Massimo Tadorni e ad Angelo Raffino, che – dalle frequenza di Videogruppo in Piemonte, da TeleLombardia e sullo streaming https://www.mediapason.it/top-planet/guardalo-in-streaming-top-planet/– mi ospitano nelle loro trasmissioni del pomeriggio e del matinèe, sempre in compagnia di ospiti interessanti, simpatici e competenti.
E, quindi, come per le occasioni speciali, bisogna mettersi in ghingheri. Ma, soprattutto, bisogna divertirsi.
E io mi diverto un mondo!!!!!!!

P.s. spero anche i telespettatori….

I 70 anni “rock” di Vasco Rossi

Fa una certa impressione scoprire che – lo scorso 7 febbraio – Vasco Rossi ha compiuto 70 anni: un’età da anziano in un’anima “rock”!
Ma l’anagrafe non deve ingannare: Vasco è ancora mooolto giovane dentro!
E mi fa ricordare, in effetti, di quando sono stato “veramente giovane” pure io: nel 1991 avevo quasi 21 anni e andai a vedere l’unico vero concerto della mia vita, quello di Vasco Rossi allo Stadio del Baseball di Firenze.
Mi ricordo chi c’era con me, quella sera dell’11 giugno di 31 anni fa? Direi proprio di sì: Guerzo con le sue immancabili “cartine”, Cippo, Sabbino e Berto. Mi pare proprio ci fosse anche un sesto, ma non ricordo chi fosse.
Viaggio di andata e ritorno in treno, Bologna-Firenze. Ritorno alla notte e, come disse uno di noi: “Siamo partiti in sei, torniamo in cinque”.
Ecco perché un sesto doveva proprio esserci…
Questo perchè avevamo perso di vista Cippo, il più “grande” di tutto, all’epoca baldanzoso 25enne un tantino…sbadato. Infatti, conoscendolo, dopo averlo perso di vista nella bolgia di fine concerto, abbiamo prima chiamato – da un telefono a gettoni – la polizia e poi l’ansioso padre, noto come “Gnagno”. Non molto preoccupati, nè i poliziotti nè il signor Zaniboni.
A dire il vero, ci eravamo preoccupati per niente, perchè Cippo ci aveva preceduti e aveva preso il treno prima per Bologna, arrivando a destinazione un’ora prima. Ed era lì dalla macchine ad aspettarci! Ma, all0ra, non c’erano mica i cellulari…
Più che delle canzoni di Vasco, mi ricordo l’atmosfera “ribelle” di quel concerto, il mondo in mano – almeno per una notte – ai noi giovani. Eravamo in una posizione da cui non si vedeva granchè e non si sentiva granchè, Vasco era un puntino sul palco, laggiù, e noi seduti a gambe incrociate sull’erba dello stadio. Se lo facessi ora, non riuscirei più a rialzarmi…
Un’esperienza “di amicizia” bellissima e unica, talmente unica da non essere mai stata più ripetuta, se non per un “Vota la Voce” in Piazza Maggiore a Bologna, forse lo stesso anno di grazia 1991…
Purtroppo – e incredibilmente – non ho foto di quel viaggio, di quel concerto, di quell’avventura: erano altri tempi “fotografici” e, probabilmente, non mi interessava immortalare quel momento, mi bastava viverlo…
Adesso farei migliaia di scatti!!!!!
Accidenti, non ho nemmeno conservato il biglietto: com’è possibile?
Per fortuna, ho conservato il ricordo, quello sì, di un Vasco Rossi, che quel giorno, aveva – facciamo i conti – 39 anni. E adesso, a 70, è sempre prepotentemente sulla cresta dell’onda.
“Eh già, sono ancora qua”, direbbe il Blasco da Zocca.

Grande intervista di Erica Vagliengo!!!!

Personaggio eclettico, il Tassinari: giornalista, autore e conduttore di programmi tv, scrittore, sceneggiatore, autore e attore di teatro, organizzatore di eventi, uomo di comunicazione, dalla personalità variegata, sempre in cerca di nuove sfide.
1. Come mi descrivo?
Io non faccio il giornalista, io sono un giornalista.
2. Data di nascita.
Il giorno di Natale 1969.
3. In quali città hai vissuto?
Ho vissuto a: Sant’Agostino (Ferrara), Lione (Francia), Mantova, Caravaggio (Bergamo), Torino e None (Torino). Adesso abito a None.
4. I tuoi studi.
Ho il diploma commerciale-alberghiero-turistico, preso a Ferrara, la laurea in lingue e letterature straniere conseguita a Bologna.
5. Cosa vuol dire, per te, essere “Incasinato si, ma con stile” ?
Per me significa fare mille cose tutte di corsa, arrivare spesso in ritardo, ma abbinare sempre il colore della montatura degli occhiali al colore della cravatta.
Una volta avevo anche gli evidenziatori dello stesso colore, ma mi sembrava un filo impegnativo…
6. Quanti libri hai scritto?
Dopo “Volevo solo fare il giornalista”, ho scritto altri 6 libri di…nessun successo (tranne forse il secondo, una sorta di seguito di “Volevo…”, dal titolo “Benvenuto su TeleParadiso”.
Ma, come autore, tutti mi ricordano solo per “Volevo…”, di cui volevo fare una “Ten Years edition” aggiornata, ma sono già in ritardo. Dovrei chiedere aiuto al mio consigliere Darwin Pastorin, ma anche lui sta un po’ chiuso in casa!
7. Come è nata la tua passione per diventare un giornalista?
Semplice! Facendo la telecronaca di calcio con i soldatini nel corridoio di casa e andando a leggere, da bambino, il giornale sportivo al bar… (cose che, adesso, non si usa più fare).
8. Come sei arrivato a Euronews?
Ci avevo già lavorato (e vissuto a Lione, tra il 2003 e il 2005).
Ci sono tornato, da free lance, 14 anni dopo.
Prima della pandemia, ci andavo spesso, ora il lavoro è molto (più comodo e più da casa) prevalentemente in smartworking con qualche capatina in Francia (l’ultima volta mi hanno fatto impazzire con il tampone per il rientro…).
Il lavoro? E’ un mix di doppiaggio e traduzione di grandi notizie a carattere internazionale, in onda sul canale satellitare nella versione italiana.
9. Parlaci del tuo MITTTTICO programma su Quartarete “Gentecheparla”, che ha visto passare, come ospite, anche Emma Travet.
Gente che parla: 780 puntate a cui sono molto affezionato, e molte di loro si possono trovare ancora su YouTube, forse comprese quelle con ospite la Travet.
E’ una trasmissione “generalista” che mi rappresenta molto, di tutto un po’: a tal punto che ho registrato il marchio e vorrei riproporla, un giorno o l’altro.
10. Domanda che ti faranno spesso… perchè tuo figlio si chiama Santiago?
Mio figlio Santiago si chiama così perchè volevamo un nome spagnoleggiante, in quanto abbiamo un “debito” nei confronti della Spagna. Fosse stata una femmina, sarebbe stata Isabel o Marisol…
11. Un ricordo su David Sassoli.
Lo incontrati un quarto di secolo fa, a Modena, in una tv locale, quando lui – già famoso giornalista del Tg1 – si appoggiò per il montaggio di una servizio sull’assassinio di alcune prostitute.
Persona a modo, per bene, un vero…democristiano: ricordo benissimo che, nel servizio sulle prostitute, non fece vedere nemmeno un’immagine notturno delle prostitute. Disse: “Potrebbe turbare il pubblico familiare del Tg1”. Poi si è piazzato bene in politica.
12. Piatto preferito?
Pizza e tortellini alla panna
13. Musica preferita?
Tre generi molti diversi: Pink Floyd, U2 e…Laura Pausini.
Il Festival di Sanremo non è esattamente il mio genere, però.
Gli unici concerti della mia vita, pochi, sono stati di Vasco Rossi. Ma non mi fa più impazzire come una volta.
14. Dove possiamo trovarti sui Social?
Sono tutti i giorni su Facebook, un pochino meno, ma comunque presente, anche su Twitter e Instagram, e da pochissimo su Snapchat.
Mi manca ancora TikTok… il mio sito, che cerco di tenere aggiornato, è www.cristianotassinari.com.
15. Progetti futuri?
Tanti, troppi. Come scritto, riproporre Gentecheparla o un programma simili, in tv o sui social.
Poi qualche altro libro, giallo magari.
E ancora commedie teatrali, perchè – forse non lo sai – ma dal 2015 ho anche una compagnia tutta mia, dal nome che è un programma: Teatroci (ufficialmente “TTT The Teatroci Theatre”, che fa più cool…).

Grazie a Dana e Erica per l’intervista, realizzata al centro commerciale “I Viali” di Nichelino (Torino), durante il programma radio “Incasinate, ma con stile!”, l’8 febbraio 2022.

 

Mummiarella-bis? Una brava persona, un pessimo presidente

Scrivo proprio nei momenti-clou del giuramento-bis del presidente Mummiarella, che – pensate – resterà in carica, forse, fino al 2029, quando avrà 87 anni e potrebbe pure essere rieletto per un terzo mandato, che farebbe in totale 21 anni. Direi che ne bastano 14, no? Ne bastavano anche 7, sicuro.
Ovviamente, del giuramento di Mummiarella non me ne può fregare di meno.

Ovviamente, non ho guardato un solo nanosecondo delle dirette lecculiane dei grandi telegiornali nazionali: so già tutto quello che mi serve per giudicare l’infimo comportamento del Parlamento italico e dello stesso Mummiarella, che prima dice “basta basta basta”  – guadagnandosi il mio rispetto, come aveva fatto un’altra nullità come Ratzinger, riabilitatosi soltanto con le dimissioni, probabilmente obbligate – e poi volta gabbana e dice di non “potersi sottrarre alle responsabilità e ai doveri cui è chiamato”.
No comment.

Certo fa comodo al governo-Draghi un presidentucolo così remissivo, una brava persona (e chi lo mette in dubbio?) ma un pessimo presidente, che firma qualunque decreto gli venga posto sotto il naso senza nemmeno leggerlo (come ci manca Kossiga!), il vero garante di questa cabina di regime-Covid.
Come tale, Sergio Mattarella, detto “Mummiarella”, non può essere il mio presidente.
E, visto il teatrino indecoroso delle ultime elezioni “raddoppiate” (prima Napolitano, ora Mummiarella), speriamo che un giorno si arrivi finalmente alla repubblica presidenziale: così, almeno, chi comanda lo decidiamo (nel bene o nel male, azzeccandoci o sbagliando) noi cittadini. E non 1000 parlamentari (1000: vi rendere conto?) che pensano solo ai loro oscuri interessi di bottega.
Arriverà quel giorno benedetto? Spero presto.

Foto “I Sarcastici 4”.

Tito Stagno, il “giornalista della Luna”

Per tutti quelli che “volevano solo fare i giornalisti”, Tito Stagno è sempre stato una figura leggendaria. E’ lui che ha fatto la “telecronaca” dello sbarco (reale o fittizio? Non lo sapremo mai con certezza) dell’Uomo sulla Luna, quell’indimenticabile 20 luglio 1969.
Io non c’ero ancora, sarei nato di lì a cinque mesi, per cui l’epopea di quella straordinaria notte italiana con il naso all’insù, raccontata in tv da Tito Stagno (aveva 39 anni, quella notte…), l’ho semplicemente sentita raccontare, tante e tante volte, in 50 anni e oltre. Ma poi il “giornalista della Luna” ho imparato a conoscerlo, vedendolo fare – in tv – altre cose, come condurre “La Domenica Sportiva”, un tempo appuntamento imperdibile per gli appassionati di sport, non solo di calcio. Ma per tutti, anche per mio padre che lo rivedeva in televisione, era sempre e comunque “il “giornalista della Luna”.
E così è rimasto, per tutti.
Una figura mitologica, così come – ad esempio, per me – Lello Bersani, il leggendario cronista dei festival cinematografici, quello che mi rubava il ciuccio (me lo diceva la mia mamma, per giustificare la sparizione del ciuccio: cosa che non dimenticherò mai e che perdonerò mai a Lello Bersani)…
Lello Bersani ci ha lasciati da 20 anni.

Tito Stagno ci ha lasciati l’altro giorno, a 92 anni.
Un pezzo di storia della televisione, un pezzo di storia della Luna.
Quasi come l’Apollo 11, quasi come Neil Armstrong, Buzz Aldrin e Michael Collins (un mito anche lui, sebbene quella notte rimase ai comandi e non potè mai raccontare ai nipotini di aver messo piede sulla Luna).