Da qualche giorno è finita l’avventura (troppo breve, rispetto alle previsioni) delle Azzurre di calcio agli Europei 2022 in corso di svolgimento in Inghilterra.
Dopo gli ottimi risultati dei Mondiali 2019 (l’Italia raggiunse i quarti, sconfitta solo dall’Olanda, poi battuta in finale dagli USA), ci si aspettava la consacrazione sul campo del movimento calcistico femminile italiano, cresciuto tantissimo in questi anni, grazie all’arrivo dei grandi club (Juve, Milan, Inter in particolare) – che prima mai avevano considerato il calcio donne – e che ha portato addirittura all’avvento del professionismo (con tutta una serie di sacrosanti diritti), proprio a partire dalla stagione ventura 2022-23.
Mentre il calcio femminile dimostra di aver compiuto un’evoluzione enorme dal punto di vista tecnico, fisico (le partite sono velocissime e le calciatrici non fanno tutto l’odioso “cinema” dei maschi) e di marketing (super sponsor e le partite in diretta tv su Rai1, mentre già da anni accade nei principali paesi europei, tipo Francia e Germania), le azzurre non sono riuscite a confermare questa evoluzione, uscendo strabattute dalla Francia (5-1), pareggiando a fatica con l’Islanda (1-1) e perdendo la sfida da dentro-o-fuori con il Belgio (1-0): troppo poco per sperare di passare il turno.
Pazienza, una débacle – visto che i maschi hanno fatto anche peggio, no? – ci può stare per la squadra della Commissaria Tecnica Milena Bertolini, ma l’importante è che il movimento non ne risenta e che i riflettori rimangano accesi anche sul campionato di serie A. Del resto, l’anno prossimo ci sono i Mondiali, una buona occasione di riscatto…
Se un tempo gli idoli delle (poche) ragazzine calciatrici di allora erano prima Carolina Morace e poi – parecchi anni dopo – Patrizia Panico, adesso si chiamano Sara Gama, Barbara Bonansea, Valentina Giacinti e tutte le altre azzurre.
Ma, nonostante commenti a volte poco simpatici (anche da parte degli addetti ai lavori “maschi”), la cosa più importante di questo Europeo di calcio femminile è che questo sport, finalmente, non sia più considerato “per lavandaie”. E chi lo pensa, ormai in pochi, non ha nemmeno un briciolo di sportività, per non dire peggio…