Pane e coperto: si o no?
La tassa tutta italiana da pagare al ristorante – ormai talmente tradizionale e radicata che nemmeno ci facciamo più caso, rassegnati – conosce una nuova evoluzione: il “coperto da spiaggia”. La comunità social, sempre molto battagliera anche sulle piccole cose (ammesso che questa sia una piccola cosa, con tutto quello che c’è da pagare di questi tempi), è insorta quando una giornalista in vacanza nelle Marche, in particolare a Portonovo, località chic del Conero, si è vista recapitare il conto del ristorante: nemmeno troppo salato, a dire il vero, per quello (pesce) che hanno mangiato, in sette, ma con una nota stonata, stonatissima: il prezzo del coperto, arrivato a 5 euro. Totale, in sette: 35 euro. Quasi il 20% del conto totale. Tantissimo. Ma la risposta alle rimostranze dei clienti è stata ancor peggiore, quasi surreale: “Apparecchiare e sparecchiare in spiaggia è molto più complicato che farlo in una sala interna”.
Più complicato???? Giustificazione incredibile e inaccettabile. Ci mancava solo che dicesse “eh, ma ci sono il Covid e la guerra, le bollette sono aumentate, il gas non arriva, l’acqua scarseggia….”.
Speriamo che la tovaglia e i tovagliolini non fossero di carta, ma anche fossero stati di stoffa – poi da mandare in lavanderia – 5 euro sono e restano troppi. E lo sarebbero anche se fossero di seta sopraffina…
“5 euro a persona: roba che una tavolata di 20 persone, quindi 100 euro, si paga un cameriere personale”, continua la recensione della giornalista capitata nelle Marche.
Fai o non fai il ristoratore? Quindi deve offrire le migliori condizioni possibili ai tuoi clienti, sapendo che sei già fortunato se – tra mille ristoranti a disposizione, di tutti i tipi – scelgono proprio il tuo…
Certo, da Roma a Venezia a Firenze, da sempre esiste l’animo italico (vedi Totò che voleva vendere la Fontana di Trevi) di fregare il turista di passaggio, che tanto non tornerà comunque mai più, ma nell’epoca dei social e delle recensioni istantanee, può essere assai controproducente per i ristoratori fare i furbi…
Soprattutto perchè sui tratta di una tassa soltanto italiana e nemmeno di tutta Italia: a Roma, ci dicono, viene considerata addirittura “illegale” e nessun ristoratore si azzarda a mettere il coperto in conto.
Soprattutto, vallo spiegare agli stranieri, che il coperto non sanno nemmeno cosa sia. Ad un francese, ad esempio: i prezzi sono mediamente più alti nei ristoranti di Francia rispetto all’Italia, ma almeno è tutto chiaro e tondo e appena ti siedi a tavola arriva subito una bottiglia d’acqua, gratis.
Direte: eh, ma negli altri paesi non c’è il coperto, ma c’è comunque la mancia obbligatoria da lasciare al cliente. Vero: tradizione soprattutto anglosassone, in particolare in Inghilterra, in Canada e, soprattutto, negli States, dove – raccontano i viaggiatori intercontinentali – si paga con il bancomat e la carta di credito, aggiungendo direttamente al conto il 25%, il 18% o il 15% della mancia per il cameriere, a seconda del livello di soddisfazione del cliente. Altra tassa iniqua, secondo me: e se il cameriere non si fosse per niente meritato la mancia? Del resto, quando mai un cameriere – che fa il proprio lavoro, intendiamoci, mica del volontariato – fa qualcosa di particolarmente sensazionale da meritare una mancia? Praticamente mai.
Pare che la moda della mancia obbligatoria stia prendendo piede, purtroppo, anche in alcuni luoghi turistici europei, come Barcellona. Se li conosco, li evito. Ci potete giurare. Quindi, il consiglio che vi do è questo: occhi aperti sul menu, sui prezzi e sulle fregature dei contorni (il coperto e le mance, mica le patatine!).
Voi fate come vi pare: io pago solo il conto e basta, mi pare più che sufficiente. Non si fanno regali a nessuno. Piuttosto, nell’attesa dell’abolizione del coperto, sapete cosa? Mi faccio una bella scorpacciata a casa e magari la mancia la do a mia moglie che cucina…