Dallo scandalo denominato “Dieselgate” che coinvolge la casa automobilistica tedesca Volkswagen, è emersa un’enorme carenza informativa da parte dell’azienda nei confronti di tutti i consumatori che negli ultimi 5 anni hanno acquistato autovetture appartenenti al gruppo tedesco. Dalle ultime stime, infatti, risultano essere coinvolte nello scandalo circa 11 milioni di autovetture sparse per il mondo, parte delle quali sono state acquistate anche in Italia. E se poi ci dovesse finire in mezzo anche la Bmw….come minimo, la fama di grande serietà della Germania verrebbe meno, molto meno.
Quello che + successo ha spinto una delle più importanti associazioni dei consumatori, l’Adoc, a chiedere maggiore chiarezza sia alle case produttrici di automobili che agli enti che hanno il compito di controllare che tali aziende possano davvero garantire ciò che affermano di offrire al potenziale acquirente, in modo da renderlo pienamente informato sul prodotto che sta andando ad acquistare. Possibile anche una Class Action europea contro la casa di Wolfsburg. Ciò anche perché la riduzione delle emissioni, strettamente collegata alla tutela dell’ambiente, risulta essere al giorno d’oggi uno dei punti focali su cui le case automobilistiche stanno lavorando e che, stando ai dati raccolti, stava avendo un netto miglioramento negli ultimi anni. Ma se i dati sono taroccati… Non vi è stato quindi un serio impegno (accompagnato da grandi investimenti in ricerca) da parte delle case automobilistiche per la riduzione delle emissioni di gas nocivi prodotti dagli scarichi delle proprie vetture, bensì un semplice piccolo investimento in un software che potesse funzionare come “specchietto per le allodole” nei confronti del consumatore. Infatti chi acquistava credeva di aver scelto un prodotto con determinate caratteristiche, ma si ritrovava inconsapevolmente tra le mani un prodotto con caratteristiche completamente diverse. E le altre case automobilistiche? Adesso ogni dubbio diventa pesante sospetto. Da notare, semmai, un assordante silenzio da parte di tutti gli altri produttori di auto, che hanno pensato bene – da Marchionne in poi – di tenere la bocca chiusa per non attirare troppo l’attenzione in questo frangente delicato per il settore. Perchè qui parliamo non di un errore tecnico o di un bullone svitato, ma di una vera e propria truffa. O almeno un inganno verso il suo fedele e fidato consumatore, da parte del gruppo Volkswagen. La carenza d’informazioni risulta essere amplificata se si considera che il mercato dell’auto è uno tra i più vasti e più versatili presenti al momento e che questo gruppo si è fatto forte negli ultimi anni anche dei risultati ottenuti in termini di riduzione delle emissioni e di “trasparenza” nei confronti di chi ha sempre creduto nel valore del marchio Volkswagen, comprando una Golf o una Polo. Ora, che fine farà la “macchina del popolo” (traduzione dal tedesco di Volkswagen)? Rischia il fallimento, anche per colpa della salatissima sanzione che gli arriverà dagli Usa, pare 18 miliardi di dollari? Difficile dire cosa accadrà: ma è anche su questo tavolo – verrebbe da dire: su questa officina – che si gioca il futuro dominio europeo della Germania di Frau Merkel. In questo caso, per spuntarla, dovrà quanto meno limitare i danni.