LA LEGGE DEL MERCATO? E’ “DISUMANA”. MA SI PUO’ DIRE NO.

Quando mi capita di vedere un bel film, non perdo l’occasione per riflettere sul significato che il regista ha voluto dare alla sua opera. E’ il caso di “La Legge del Mercato” (La Loi du Marchè), film francese di Stephane Brizè uscito in questi giorni con una grandiosa interpretazione di Vincent Lindon, vincitore della Palma d’Oro di Miglior Attore al Festival di Cannes. Un film molto attuale, sulla crisi, economica ed individuale: una pellicola amara, malinconica, triste, rassegnata. Solo nel finale, negli ultimi istanti, si concede un attimo di speranza, speranza di un futuro migliore. La trama del film arriva direttamente dalla vita di tutti i giorni: il protagonista è un ultracinquantenne licenziato dalla propria azienda in crisi e che, tra inutili corsi di formazione e curriculum spediti ovunque, cerca disperatamente un posto di lavoro. Alla fine, dopo mille tentativi e peripezie, lo trova: guardiano in un grande supermercato, con il walkie talkie in dotazione e 100 telecamere per sorvegliare i poveracci che provano a rubare un caricabatteria o un pezzo di carne. E con i “ladri” (giovani sbandati, anziani disperati, cassiere che nascondono i buoni spesa) il nostro anti-eroe in uniforme si comporta da uomo integerrimo, senza cuore, spietato, “mors tua vita mea”, tutto pur di conservarsi il posto di lavoro. E’ la legge del mercato, no? Fino a quando, una delle cassiere “infedeli” – scoperta dal direttore – si toglie la vita proprio all’interno del supermercato. E il protagonista, a questo punto, non ce la fa più. Si toglie la divisa, la butta nel cestino e lascia per sempre il supermercato. E quel lavoro. Che lui non vuole assolutamente più fare. E quel tipo di vitalaleggedelmercato_posteritaliano. E’ anche una questione di dignità. Alla fine del film, mi è venuto da chiedermi: cosa fareste se a 50 anni vi trovaste senza lavoro e senza prospettive? Pur di sbarcare il lunario, accettereste qualunque lavoro, anche quelli “disumani” dove è necessario denunciare i poveri cristi come voi? Domanda difficile, forse senza risposta. E forse, a pensarci bene, non è nemmeno necessario andare al cinema. Basta confrontarsi con la vita di tutti i giorni. Una amara realtà per tanti di noi.