“L’INCUBO DI COLONIA” IN TUTTO IL MONDO

Nemmeno un romanziere dal macabro gusto avrebbe potuto immaginare una scena che noi che non c’eravamo possiamo solo immaginare: l’incubo di Colonia. Mi riferisco, naturalmente, a quello che è accaduto la notte di Capodanno nella città tedesca, con un vero e proprio “assalto terroristico di gruppo” da parte di un migliaio di stranieri – per lo più arabi e nordafricani, lo confermano le notizie diffuse dalla Polizia – contro inermi donne tedesche che volevano semplicemente festeggiare l’inizio del nuovo anno. E’ accaduto nei pressi della stazione dei treni di Colonia, una delle città più belle e cosmopolite della Germania, famosa in Italia per il suo splendido Duomo ripreso molte volte, ad esempio, durante il famoso telefilm poliziesco “Cobra 11”. Già, ma di poliziotti – quella notte così speciale – ce n’erano davvero pochi in circolazione. Come mai? Com’è possibile che, con tutte le minacce terroristiche che anche la Germania ha subito in queste settimane, e per di più con l’allerta per la notte di Capodanno, la Polizia fosse così numericamente inferiore agli aggressori? La cancelleria Angela Merkel avrà il suo bel daffare per appurare la verità e, intanto, ha già drasticamente cambiato idea: basta accoglienza selvaggia (ricordate gli applausi ai siriani?) in Germana, chi sgarra – tra i profughi che commettono reati – verrà espulso dal paese. E francamente mi sembra il minimo sindacale da fare. Ma non so se basterà per fermare l’ondata di odio che si sta sempre più generando tra “noi” e “gli altri”: e se l’incubo di Colonia contagiasse tutto il mondo occidentale? Se orde di barbari decidessero di ocoloniarganizzarsi – via internet, via cellulare – e assaltare qualunque cosa capitasse loro a tiro, noi come reagiremmo? Ce la faremmo a resistere? Siamo in balia di tutti, questo è il mio timore, il mio terrore. E ogni giorno mi stupisco di come le cose non sia già più velocemente degenerate e come questi episodi non diventino sempre più numerosi. Non è solo l’Isis a farci paura, no. E’ anche (e soprattutto) l’arabo della porta accanto, a cui – a forza di non dirgli niente per paura che si incazzi – finiamo per concedere tutto. L’unica speranza è che il virus non si propaghi oltremodo (sembra difficile, però!) e che la maggioranza degli arabi e dei musulmani “buoni” continui a vivere, lavorare, fare figli, godersi la famiglia, proprio come tutti noi. Senza la necessità di sentirsi più felice ammazzando qualcuno con il kalashnikov.