Nel mare magnum dei social network (ma anche dei giornali e dei telegiornali “ufficiali”), ormai è chiaro: ci sono attentati di serie A e di attentati di serie B. Credo che dipenda quasi esclusivamente dalla distanza chilometrica e/o dalla presenza di connazionali coinvolti nell’attentato, oltre allo straordinario impatto mediatico dell’evento (penso all’11 settembre a New York). Le Torri Gemelle e Parigi sono stati casi eclatantissimi, che hanno colpito le coscienze di tutti, a tal punto che io – come credo tutti voi – so perfettamente dov’ero e cosa facevo nel momento esatto in cui ho appreso la notizia, anche nel caso, quasi 15 anni fa, di Ground Zero. E quindi: indignazione, sgomento, bandiere al vento, marce di protesta, marce per la pace, Je suis Charlie, Je suis Paris e disperazione per i turisti italiani (di Torino) morti ammazzati al Museo del Bardo a Tunisi. Poi, però, ci sono attentati gravissimi – pare sempre orditi dai bastardi con la bandiera nera, che a volte si prendono persino meriti non loro – che passano inosservati: è il caso di Istanbul, qualche giorno fa (grande commozione in Germania, certo, perchè le vittime erano quasi tutte tedesche) ed è il caso di Giacarta, la capitale dell’Indonesia, oggi. Attentati di serie B, non c’è dubbio. Poca indignazione, poco sgomento, nessuna bandiera turca tedesca o indonesiana sventolata sul web, nessuna marcia di protesta, nessuna marcia per la pace, nessuno slogan destinato ad entrare nella storia. E nelle nostre coscienze. Perchè?