UNIONI CIVILI: UNA LEGGE NON PERFETTA, MA PUR SEMPRE UNA LEGGE

Dal mese di maggio è finalmente in vigore in Italia la nuova legge sulle unioni civili. Originariamente pensata soprattutto per le coppie omosessuale, ha visto poi allargare il suo raggio d’azione e il suo bacino d’influenza anche sulle cosiddette “coppie di fatto”, da troppo tempo dimenticate dal legislatore, i cui diritti – relegati in acronimi come Pacs e Dico – erano rimasti ad ammuffire in qualche cassetto romano. La legge-Cirinnà, molto dibattuta e discussa nel Transatlantico della politica (e in certi edifici vaticani), non è probabilmente la miglior legge che ci si aspettava, ma è pur sempre un notevole passo in avanti rispetto al precedente vuoto normativa. Parificare alle coppie sposate i diritti di assistenza sanitaria anche per i conviventi, ad esempio, è sicuramente uno dei passaggi più significativi. Dall’altra parte, la mancata reversibilità delle pensioni è una lacuna da colmare nel prossimo futuro non troppo lontano. Cerchiamo di capire insieme i punti principali della nuova legge.
1) La convivenza di fatto viene riconosciuto alle coppie di maggiorenni, sia eterosessuali che omosessuali, che vivono insieme e non hanno contratto un matrimonio civile o un’unione civile. 
2) In caso di malattia e ricovero, i conviventi hanno il diritto reciproco di visita, di assistenza e di accesso alle informazioni personali, con le stesse regole previste dal matrimonio. 
3) Ciascun convivente può designare l’altro come suo rappresentante, con poteri limitati o assoluti, per le decisioni in materia di salute, nel caso di malattia che comporti incapacità di intendere e volere. 
4) Nel caso di morte, ciascun convivente può designare l’altro come suo rappresentante per quanto riguarda la donazione di organi, funerali e modalità di trattamento del corpo. Questa designazione può avvenire attraverso uno scritto autografo oppure in forma verbale davanti ad un testimone. 
5) Nel caso di morte di uno dei due conviventi, che ha anche la proprietà della casa comune, il partner superstite ha il diritto di stare nell’abitazione per altri due anni o per un periodo uguale alla convivenza, se superiore ai due anni, ma comunque non oltre i cinque anni. Se nella casa di convivenza comune vivono i figli della coppia o i figli di uno dei due, il convivente che sopravvive alla morte dell’altro può rimanere nella casa comune per almeno tre anni. 
6) I conviventi possono stipulare tra loro un contratto di convivenza per regolare le questioni patrimoniali: il contratto può essere redatto con atto pubblico o con scrittura privata autenticata da un notaio o da un avvocato. Per valere anche nei confronti di terzi, l’atto dev’essere comunicato all’anagrafe comunale. 
7) Il contratto di convivenza può contenere l’indicazione della residenza comune, le modalità di contribuzione alle necessità della vita comune e il regime patrimoniale della comunione dei beni. 
8) Il contratto di convivenza può essere sciolto per accordo delle parti: recesso unilaterale, matrimonio o unione civile tra i conviventi e tra uno dei conviventi e un’altra persone, morte di uno dei contraenti. 
9) In caso di cessazione della convivenza di fatto, il giudice può riconoscere a uno dei due conviventi, che si trova in stato di bisogno, il diritto agli alimenti per un periodo determinato in proporzione alla durata della convivenza. 
10) 
La convivenza non dà diritto alla pensione di reversibilità.unioni_civili