Riflessione di Cristiano Tassinari
La tragedia di Pontelangorino, in provincia di Ferrara, sulla strada che porta verso il mare, mi ha colpito ancor più da vicino: sono le mie terre, le mie zone, persino le mie spiagge. Sono ferrarese proprio come Riccardo, il ragazzo di 16 anni che l’altra notte ha ammazzato a colpi di ascia il papà Salvatore e la mamma Nunzia. Avete letto bene? Ha ammazzato il papà e la mamma. Colpevoli, forse, soltanto di averlo rimproverato – più e più volte, certo, come fanno i genitori – per il suo pessimo rendimento a scuola. Al culmine di una insopportabilità famigliare impossibile da capire razionalmente, il ragazzo ha coinvolto addirittura il suo migliore amico – un altro minorenne, di 17 anni (diventerà maggiorenne a novembre) – offrendogli mille euro per dargli una mano ad uccidere i genitori (cento euro in anticipo e il resto a “lavoro compiuto”). Terribile spietatezza calcolata. Doppio omicidio premeditato, come recita l’accusa nei confronti dei due ragazzi assassini.
Chissà che fine faranno: per un delitto tanto efferato non c’è sufficiente condanna nè sufficiente giustizia, nemmeno il massimo della pena. Non vorremmo, però, in questo paese iper-garantista, che il fatto di non aver ancora raggiunto la maggiore età sia un alibi per scaricare la coscienza di giudici che, con le condanne, ci vanno sempre inspiegabilmente con i guanti di velluto.
Questi due ragazzi assassini, Riccardo e il suo amico “prezzolato”, sono figli di un brutto mondo e brutti figli del mondo. Un mondo che non conosce la gratitudine, nemmeno da parte dei figli nei confronti dei genitori. Pensateci bene: i figli non restituiscono nemmeno l’1% di quello che mamma e papà hanno fatto (e fanno) per loro. Quante volte la mamma ha dovuto sopportare i pianti, i capricci, le malattie, i problemi di salute e di carattere dei figli? Quanto il papà ha dovuto spaccarsi la schiena per tirare avanti la famiglia e mantenere una vita decorosa per i propri figli? Pensateci, fa riflettere. E in tutto questo, i figli, cosa restituiscono? Pochissimo, in molti casi nemmeno i buoni voti a scuola, il minimo indispensabile.
Ma non tiriamo in mezzo la società e i tempi che cambiano: ci sono sempre stati figli che hanno ucciso il padre e la madre, e senza neppure scomodare Edipo. La cronaca ci ricorda il caso di Pietro Maso, che nel 1991 ammazzò i genitori nella loro casa in provincia di Verona. Questione di soldi e di bella vita. E la cronaca ci ricorda persino il caso di Erika e Omar, nel 2001, a Novi Ligure: la ragazza uccise la madre e il fratellino. E potremmo continuare con molte altre tragiche storie, dalla famiglia Carretta in poi, prima e dopo….
Non è solo questo brutto mondo ad aver generato figli assassini. Figli assassini lo si è già dentro. Altrimenti non si arriva a commettere follie come quella di Pontelangorino, nelle mie terre, le mie zone, le mie spiagge, il mio mare. E quello di genitori si conferma il lavoro più difficile del mondo: provate a chiederlo a chi ha tre figli, per esempio. Io ne conosco diversi di genitori con tre figli, una cifra già abbondante per le stitiche famiglie di questi tempi. Due figli bravissimi e uno disgraziato. Succede. Spesso. Eppure: gli stessi genitori, la stessa educazione. Gli stessi frutti che non dovrebbero cadere troppo lontani dagli stessi alberi. E allora? Che avesse ragione Lombroso con la sua teoria del “criminale dalla nascita”?.
Difficile dare una risposta ad un quesito così delicato.
Di sicuro, chi commette atti brutali e barbari come l’assassinio dei genitori è un brutto figlio di questo mondo.