Ormai sappiamo tutti quello che è successo l’altro giorno ad Ostia: al culmine di una intervista già di per sè difficile, il giornalista del programma di Rai2 “Nemo”, Daniele Piervincenzi, è stato aggredito, prima con una testata e poi con delle bastonate, da parte dell’intervistato, tale Roberto Spada, un tizio per il quale non riusciamo a trovare alcuna definizione, se non *delinquente”. E, infatti, ora si trova in stato di arresto. Poco mi interessa, in realtà, la sua origine etnica (davvero è un rom italiano?), nè la sua appartenenza politica (davvero è un simpatizzante di CasaPound? O del Movimento 5 Stelle?). L’episodio resta un fatto di cronaca nera. Punto e basta. Da denunciare, da condannare, con la giustizia che – come si dice – farà il suo corso. Mi interessa, invece, la reazione del “dopo fattaccio”: sembrava che la cosa piu’ importante fosse non tanto denunciare il misfatto e condannarlo senza se e senza ma, ma comunicare al mondo che il signor Spada “non è di CasaPound“. Peraltro una grande pubblicità per il grupposcolo neo-fascista, politicamente irrilevante, di cui milioni di italiani non conoscevano nemmeno l’esistenza. E stavano bene lo stesso. O forse lo scambiavano per una casa discografica o una residenza per anziani.
Ancora peggiore, pero’, la reazione dei cittadini di Ostia il giorno dopo. tutti terribilmente terrorizzati di pronunciare qualche parola storta nei confronti del clan-Spada, che evidentemente spadroneggia sul litorale romano. E forse non solo li. “Se l’è meritato”, “se c’ero gli rompevo il buscio del culo”, “io lo avrei riempito di calci”, giusto per citare alcuni dei commenti piu’ eloquenti. E piu’ cliccati: già, perchè anche sui social, tra fior di dichiarazioni di solidarietà (vera? o di facciata? pardon, di testata?) al povero giornalista Piervincenzi, è fioccata una ondata di invettive contro i giornalisti e, quindi, a favore di Roberto Spada, di tutti gli Spada-picchiatori del mondo, quindi a favore della violenza che risolverebbe i problemi.
Lo sappiamo e non dobbiamo stupirci: il mondo del web è pieno di odiatori di professione, piu’ che altro i famosi “leoni da tastiera” che inneggiano ai “leoni da testata”, quasi giustificandoli, quasi fossero loro stessi ad armarli, se possiamo considerare – e mi sembra di si – la testa d Spada una vera e propria arma non convenzionale.
Sicuramente non arriviamo al livello del Messico – decine e decine di giornalisti eliminati dal cartello della droga -, certamente non arriveremo al livello della Russia – qualche morte piu’ che sospetta tra i giornalisti critici di Putin – e forse nemmeno a quello che è successo alla blogger Daphne Caruana Galizia a Malta, ma indubbiamente anche in Italia il mestiere del giornalista è sempre piu’ pericoloso. Per gli Spada di tutto il mondo che pensano essere intoccabili e per tutti coloro che, anche senza menare le mani, vorrebbero comunque suonarle ai poveri giornalisti, considerati – a seconda delle occasioni – o rompicoglioni o leccaculo.
Onore ai giornalisti con le palle che rischiano la vita ogni giorno a causa del loro lavoro di raccontare la verità – come ad esempio Federica Angeli (su Twitter: @fedeangeli), da sempre in prima linea sul caso-Ostia e piu’ volte minacciata da Spada e compagnia bella -, ma siamo stufi di celebrare giornalisti eroi morti: in ordine sparso, anche geografico, cito Peppino Impastato, Giancarlo Siani, Giuseppe Fava, Mino Pecorelli, Ilaria Alpi, Maria Grazia Cutuli, Enzo Baldoni e chissà quanti altri.
Sarebbe ora di avere giornalisti eroi vivi e vegeti.
Nemmeno con la scorta, come il coraggioso Giovanni Tizian, del Gruppo L’Espresso, che vive sotto protezione dal 2010 dopo le minacce della ‘ndrangheta.
Sarebbe ora di smetterla.
Ma finchè ci sarà qualcuno che pensa “Se lo è meritato”, la vedo dura. Molto dura.