Il recente incidente ferroviario di Pioltello, alla periferia di Milano, avvenuto il 25 gennaio scorso, ha riacceso i riflettori sulle condizioni di sicurezza nei mezzi pubblici, in particolare il treno. Naturalmente si tratta di un problema non solo italiano, ma di tutti i paesi europei e non soltanto. Nell’incidente di Pioltello ci sono state tre vittime, tre donne ignare del loro destino al momento della partenza, al mattino presto, con il solito treno regionale che le avrebbe portate al lavoro. Un percorso fatto mille volte, eppure stavolta fatale. Ci sono stati anche 46 feriti, che non bisogna dimenticare. Sul banco degli imputati, l’azienda di trasporti ferroviari Trenord, che svolge trasporto locale tra la Lombardia e il Canton Ticino.
Secondo la prima ricostruzione da parte degli esperti, l’incidente sarebbe stato causato dal cedimento strutturale di un pezzo del binario su cui transitava il treno: appena 20 centimetri di binario, un’inezia che ha rappresentato – tuttavia – la differenza tra la ormalità e il disastro, tra la vita e la morte.
Tragica fatalità o incuria e mancata manutenzione delle infrastrutture? Su questo, sulle responsabilità dell’incidente, si esprimerà a suo tempo la magistratura. Rimane, comunque, la sensazione che in un mondo su rotaia che va ad alta velocità (i Frecciarossa di Trenitalia e gli Italo, appena diventati americani, sono bellissimi, comodissimi ed efficientissimi, e il super treno tedesco Ice sembra un portento), le linee secondarie sono state piano piano un po’ abbandonate, lasciate a se stesse. Ma qui stiamo parlando di un treno regionale, un treno di pendolari, un treno che partiva da Cremona e sarebbe dovuto arrivare a Milano. Non esattamente una linea secondaria. Non proprio un “ramo secco”. come invece sono diventate tante linee locali, in tutta Italia, con orari ridotti, treni soppressi, biglietterie chiuse.
Ancora piu’ disastroso l’incidente del 12 luglio 2016, sulla tratta Andria-Corato, della linea Bari-Barletta. Nello scontro di due treni sullo stesso binario, il bilancio è stato terribile: 23 vittime e quasi 60 feriti. Neppure quella linea era una di quelle considerate “ramo secco”, dal momento che i finanziamenti per il raddoppio del binario pare fossero già pronti da tempo, eppure mai maledettamente usati. Così, su quell’unico binario in mezzo agli ulivi, è stato l’errore umano a causare l’incidente: solo a dicembre, la giustizia ha cominciato a fare il suo corso, con 19 persone indagate, tra cui il capotreno e il capostazione, ma anche i dirigenti di Ferrotramviaria – l’azienda che si occupava del trasporto -, colpevoli di mancati investimenti in sicurezza e vigilanza. Indagati anche due funzionari del Ministero dei Trasporti, poichè non adottarono provvedimeti urgenti affinchè la rete ferroviaria fosse adeguata e nonostante fossero a conoscenza dei rischi della gestione del traffico con il regime del blocco telefonico. Pensate: siamo ancora al livello di dare il via libera o meno ad un treno con un colpo di telefono…
Non siamo certi qui a fare la triste statistica degli incidenti ferroviari avvenuti in Italia (particolarmente drammatico quello del 29 giugno 2009 alla stazione di Viareggio, quando un treno merci deragliò, la cisterna con il Gpl prese fuoco e causò 32 morti e oltre 20 feriti, molti dei quali gravemente ustionati), ma a cercare di capire qual è il limite della sicurezza sui mezzi pubblici. Proprio in un momento storico di sempre maggiore sensibilità ai temi ambientali e alla lotta all’inquinamento e…alle automobili, i mezzi pubblici devono rappresentare una alternativa economica e, soprattutto, sicura. Inutile (e sbagliato) sostenere che i treni siano pericolosi, visto che le statistiche smentiscono questa affermazione, ma certo – ancor più di tram, bus e metropolitane – il treno è il mezzo più usato dai pendolari. E, quindi, i prezzi e la sicurezza dovrebbero essere pensati in funzione loro. E la sicurezza non dovrebbe avere prezzo.
Le cose non è che vadano molto meglio nel resto dell’Europa. Secondo Eurostat, l’ufficio di statistica dell’Unione Europea, i dati – seppur non recentissimi, riferiti all’anno 2014 – fanno emergere un aumento del 5,1% del numero degli incidente ferroviari, in particolare in quattro paesi: Germania, Polonia, Ungheria e Romania. In Germania, il 5 dicembre scorso, solo un miracolo ha impedito che ci fossero vittime (ma 50 feriti) nello scontro tra un treno merci ed uno passeggeri, avvenuto alla stazione di Meerbusch-Osteroth, vicino a Dusseldorf, nel Nord Reno-Westfalia. Ma sicuramente tutti si ricordano della tragedia ferroviaria più spaventosa di sempre in Germania, l’incidente del 3 giugno 1998, ad Eschede, in Bassa Sassonia: un IntercityExpress da Monaco di Baviera ad Amburgo deragliò, causando la morte di 101 passeggeri. Da allora le cose non sono migliorate granchè, nonostante la riconosciuta efficienza tedesca, forse un po’ offuscata recentemente, dopo la parziale privatizzazione della Deutsche Bahn. L’associazione dei consumatori Stiftung Warentest, addirittura, ha indicato che il 32% dei treni tedeschi non è in orario, come citato in un articolo di Panorama del 2015. Come se ad un aumento delle tariffe, che c’è stato, abbia fatto da contraltare un abbassamento della qualità del servizio. Ma nessuno è immune da colpe e da incidenti, come dimostra lo scontro tra due treni avvenuto in Austria, il 12 febbraio scorso, nei pressi di Niklasdorf. Una vittima, anche qui una donna, e 22 feriti. E 8 persone ferite in un deragliamento a fine dicembre vicino a Vienna.
Basta, finiamola qui.
Servono, ovunque, investimenti non solo per l’alta velocità e per arrivare sempre più velocemente da una città a l’altra, come fossimo trottole, ma anche e soprattutto per la nostra sicurezza, per ridurre al minimo il pericolo nel viaggiare su questi autentici “proiettili viaggianti”. Anche se, a volte, sembrano vecchie littorine.
NELLA FOTO: IL SUPER TRENO VELOCE “ICE” DELLA FERROVIE TEDESCHE