Caporalato, un sistema “malato” che va cambiato

di Simona Zecchi, giornalista Euronews

La morte dei 12 braccianti, tutti migranti, avvenuta sulla statale 16 nei pressi di Lesina il 6 agosto, insieme a quelle verificatasi due giorni prima di altri 4 migranti lavoratori agricoli, a causa del violento scontro sulla strada provinciale 105 tra Ascoli Satriano e Castelluccio dei Sauri, sempre nel foggiano, ha riportato all’attenzione dei media un fenomeno che non smette mai di fornire dati preoccupanti.

“Il sistema del capolarato riguarda lavoratori italiani e migranti (divisi questi in comunitari ed extracomunitari: bulgari, rumeni e provenienti dall’africa subsahariana) e le condizioni di schiavitù riguardano tutti con delle differenze sociali fra lavoratori italiani e stranieri (in cui sono coinvolti anche i bambini di 12 anni soprattutto bulgari)”.

Lo ha detto il segretario generale della FLAI-CGIL, Ivana Galli, ai nostri microfoni che ha anche spiegato come funziona lo sfruttamento delle persone lungo la giornata lavorativa che contraddistingue i lavoratori del settore agricolo stagionale. Un sistema “malato, parallelo” oliato soprattutto da quelle aziende (non tutte) che, pur mostrando una situazione amministrativa regolare con dei lavoratori regolari alle loro dipendenze, permettono dinamiche di sfruttamento al limite della decenza umana. Vediamo nel dettaglio cosa succede, mentre nella parte audio si affrontano anche questi temi ma si approfondiscono tutti quegli aspetti che riguardano le aziende e le loro mancanze e le battaglie che la FLAI_CGIL, che combatte da anni per sensibilizzare istituzioni, aziende, comuni, regioni e associazioni.

Secondo il report della FLAI-CGIL su circa un milione di lavoratori agricoli, i migranti si confermano una risorsa fondamentale.

Lavoratori italiani e stranieri: trattamenti differenti ma per tutti c’è sfruttamento: nessuna tutela e nessun diritto garantito dai contratti e dalla legge; una paga media tra i 20 e i 30 euro al giorno; lavoro a cottimo per un compenso di 3/4 € per un cassone da 375Kg; un salario inferiore di circa il 50% di quanto previsto dai contratti di lavoro regolari.

Ogni cassone di prodotti raccolti corrisponde a 3,00 euro di compenso: un lavoratore straniero guadagna mediamente – su una giornata di lavoro che va dalle 8 alle 12 ore – dai 23 ai 25 euro. Importo che cambia per un lavoratore italiano che guardagna intorno ai 35/40 euro giornalieri. La situazione contributiva cambia anche in base al sesso, sia per gli italiani sia per gli stranieri: le donne guadagnano di meno circa 30 euro al giorno e subiscono anche abusi e attenzioni sessuali. A questi importi, ogni lavoratore deve togliere 5 euro per il trasporto e per i lavoratori stranieri, che devono appoggiarsi in tutto e per tutto ai caporali da cui acquistano anche beni di prima necessità: in tutto, per questi una 10ina di euro in meno dal guadagno giornaliero. Diverse aziende, cosiddette regolari, poi, che forniscono busta paga ai lavoratori stranieri e italiani iscritti agli elenchi anagrafici dell’Inps, che dunque non vengono presi su “piazza”, dichiarano importi maggiori rispetto a quello che viene loro dato realmente. E’ a questa cifra reale, più bassa, che vanno calcolati le sottrazioni per trasporto e cibo.

I lavoratori italiani (tra i quali molte donne), ormai fuori dai normali cicli produttivi italiani, partono dalle piazze dei Paesi o dei capoluoghi del sud, con autobus normali turistici, alle 3.30 del mattino e ritornano in media alle 18.30 della sera (le zone distano mediamente per i lavoratori italiani circa 250 km) approvigionandosi da soli per quanto riguarda il cibo; sono invece anche loro costretti a consegnare parte del guadagno (sempre 5,00 euro) ai loro caporali per il trasporto. Là dove invece nel contratto di lavoro è indicato che il trasporto deve essere a cura delle aziende. I migranti vivono per lo più nelle bidonville, ammassati e distanti dai campi di lavoro almeno 20 km in media. Quelli irregolari sono costretti a non uscire mai o quasi mai dalle strutture fatiscenti, che i migranti stessi si costruiscono da sé con mezzi di fortuna che trovano.

Criminalità mafiosa e modalità mafiosa dei caporali

La criminalità organizzata o agromafia si inserisce anche in questo sistema con i loro caporali, ma molto diffusa è l’organizzazione di singoli soggetti “sfruttatori del lavoro altrui”, afferma la Galli, che agiscono con metodo mafioso e che in caso di predisposizione di mezzi di trasporto da parte delle aziende con il finanziamento pubblico, impediscono a queste ultime di trovare la manodopera che gli è indispensabile per non perdere il prodotto al momento della maturazione. Tra i caporali ci sono anche i lavoratori stranieri, quando riescono ad acquistare dei mezzi di trasporto, sempre fatiscenti e non regolari e che operano lo stesso tipo di sfruttamento.

Dati:

Sono impiegati per il lavoro stagionale in provincia di Foggia in tutto 50mila lavoratori, il 50% dei quali è straniero (tra lavoratori comunitari ed extracomunitari); a questi si aggiungono circa 10/15mila lavoratori irregolari stranieri. A stagione vengono impiegati circa 4/5000 lavoratori a seconda del prodotto agricolo trattato, sui quali i caporali contano per il guadagno nero del trasporto.

Sono in tutto invece 1.050 milione i lavoratori in tutta Italia impiegati nel settore, tra cui 903mila stagionali e circa 400 mila sfruttati e sotto ricatto.

A differenza dei lavoratori italiani, inoltre, che tornano nelle proprie case a fine giornata, gli stranieri devono in tutto e per tutto affidarsi ai loro caporali che non hanno in genere attenzione per l’individuo e i loro diritti.

E’ un sistema parallelo, malato che – come ci riferisce Ivana Galli – se bloccato invece cambierebbe anche la situazione contributiva dell’Inps perché il sottobosco di inevaso di questo settore rientrerebbe. L’insieme dell’economia sommersa e illegale (Economia non osservata ndr) ammonta a 208 miliardi, il 37% (77 miliardi) proviene dal lavoro irregolare. Infine 4,8 i miliardi provenienti dal Business del lavoro irregolare e del caporalato in agricoltura.

La legge (in particolare la 199/2016) prevede tutta una serie di risorse per le aziende che si vogliono mettere in regola, ma la maggior parte di loro non agisce in questo senso perché dovrebbe dichiarare il numero di persone impiegate, se sono in regola e il tragitto che devono compiere.

Un altro dato da segnalare, a esempio in zone come Mondragone, soprattutto tra i bulgari, è la presenza di nuclei familiari ai quali è riservata la paga intera per tutti i componenti (50,00 euro da suddividere tra loro; tra di loro anche bambini di 12 anni).