TUTTI PAZZI PER IL MOSCATO D’ASTI, LA BARBERA E IL TARTUFO!

Una vera e propria “Moscato and Barbera Experience”.

Proprio così, all’inglese, perchè il Moscato d’Asti e la Barbera d’Asti hanno ormai varcato i confini dell’Astigiano, del Monferrato e del Piemonte per diventare vini sempre più internazionali.

A tal punto che cento giornalisti, blogger e “influecer” del settore wine&food – provenienti da 15 paesi, con folta rappresentanza da Usa, Cina, Corea e Giappone (e molte donne: il gentil sesso beve “meglio”…) – hanno letteralmente preso d’assalto Asti e le altre tappe del tour promozionale, organizzato dal Consorzio dell’Asti DOCG e dal Consorzio Barbera d’Asti e Vini del Monferrato, nelle terre considerate patrimonio dell’Umanità dall’Unesco.

Luoghi meravigliosi e carichi di storia

Il tour ha visitato il Castello Gancia di Canelli (mai aperto al pubblico), il Relais San Maurizio, in località San Maurizio di Santo Stefano Belbo (paese natale dello scrittore Cesare Pavese), il Castello di Costigliole d’Asti (sede dell’ICIF, Italian Culinary Institute for Foreigners: la scuola di cucina italiana per stranieri), Acqui Terme (patria del Brachetto, con capatina alla favolosa fonte termale “La Bollente”, che sgorga acqua curativa a 74,5 gradi), il Foro Boario di Nizza Monferrato e il Castello di Grinzane Cavour, che ospita l’Enoteca Regionale del Piemonte). Oltre a qualche interessante cantina locale.

Tutti sognano la Cina

Con i loro 9.700 e 4.600 ettari di territorio piemontese, Moscato d’Asti e Barbera d’Asti (e ci aggiungiamo il Brachetto d’Acqui, per una doverosa incursione per l’esordio dell’Acqui Rosè secco, presentato in comune ad Acqui Terme, in provincia di Alessandria) hanno già una dimensione mondiale e un fiorente mercato internazionale: basti pensare, ad esempio, che la maggior parte dei 90 milioni di bottiglie di Moscato d’Asti prodotte ogni anni finisce già all’estero (circa 32 milioni di bottiglie).

Ma non è mai abbastanza, visti i limiti del mercato italiano: un occhio di riguardo, da parte dei consorzi e dei produttori, va sempre allo sterminato – ma complicato – mercato asiatico e, in particolare, a quello cinese.

In realtà, il consumatore medio cinese non ha ancora una grande vera cultura del vino“, spiega Francesco Ye, in un italiano perfetto, frutto di dieci anni di collaborazione tra Shanghai, dove vive, e l’Italia.
Per cui conta ancora molto la pubblicità, la fama del marchio, la zona d’origine, lo status symbol che rappresenta quel vino. Non a caso, lo champagne è sempre il numero uno, anche se lo spumante Moscato d’Asti si sta facendo sempre più conoscere“, aggiunge Francesco Ye, Business Consulting di “ITaste”.

…e il sogno americano continua

Se un vino è di qualità, un buon marketing lo può lanciare definitivamente. Ma una buona vendemmia rimane comunque meglio di un buon marketing.
Lo dice Walter Speller, inglese che fa la spola tra Padova e Londra, esperto del vino italiano del sito www.jancisrobinson.com.

Sulla qualità di Moscato e Barbera, del resto, non ci sono dubbi. Per il Moscato, una sola uva, ma tre differenti interpretazioni (Asti secco, Asti dolce, Moscato d’Asti) e una precisa identità rurale: le bollicine, dolci o secche, che gli americani apprezzano e che amano abbinare – pensate un po’ – con il cibo asiatico molto speziato.

Ormai un buon Moscato si trova dappertutto negli Stati Uniti, anche nelle cittadine più sperdute del Texas o del Kansas, per intenderci“, racconta con un ottimo italiano Jeremy Parzen, giornalista esperto di “roba buona” italiana, uno dei più quotati, insieme al connazionale Joe Roberts.
Nello store sotto casa si può sempre trovare il Moscato d’Asti DOCG originale, di solito con il marchio Cupcake, uno dei più famosi degli States“, aggiunge Jeremy Parzen.

Dall’altra parte dell’Oceano, è molto apprezzata anche la Barbera d’Asti, finalmente non più vista solo come un “secondo vino” alle spalle del Barolo: da abbinare rigorosamente con le bisteccone americane e persino con le mitiche “ribs”, le braciole alla griglia tipicamente made in Usa.
Ora stiamo puntando molto sul Nizza, un Barbera Superiore che ci sta regalando molte soddisfazioni, soprattutto sui nostri tradizionali mercati esteri“, dice Filippo Mobrici, vulcanico Presidente del Consorzio di Tutela della Barbera d’Asti. “Del resto ce lo stanno confermando in numerosi riconoscimenti che ci stanno arrivando“, continua Mobrici.

E a proposito del Nizza. proprio nelle ultime settimane il Nizza 2015 “Cipressi” dell’azienda di Michele Chiarlo è stato giudicato il Miglior Vino del Mondo del 2018, secondo la prestigiosa rivista americana “Wine Enthusiast”, che recensisce i migliori 100 vini del Pianeta. Miglior pubblicità di così….

 

Il Castello Gancia, a Canelli.
Giornalisti “mangia e bevi”…
Piacevole “invasione” cinese.

Una delle giornaliste di punta proprio di “Wine Enthusiast” è Kerin O’Keefe, americana di Boston, innamorata della Toscana, del Piemonte e dei suoi vini (anche se poi ha scelto di vivere in Svizzera..).

Presente al Foro Boario di Nizza Monferrato, Karin O’Keefe ha confermato la sua passione per le nostre bottiglie. “Ci sono ancora potenzialità enormi sul mercato americano per il Moscato, per la Barbera e per molti altri vini italiani di qualità”, ha detto la giornalista americana. Confermando una tendenza alla “sperimentazione” degli abbinamenti vini-cibo, che parrebbero assai azzardati. In Norvegia, ad esempio, bevono la Barbera con il salmone!
In altri tempi, il pesce con il rosso avrebbe fatto inorridire i puristi, ma ora i tempi sono proprio cambiati.

Bollicine bianche o rosso corposo? Impossibile scegliere

L’evento “Moscato and Barbera Experience” – oltre ad una splendida sinergia tra i due consorzi nell’attività di promozione e comunicazione – è stata anche l’occasione per presentare l’anteprima della vendemmia 2018 del Moscato. “Ci è sembrata un’ottima opportunità per presentare agli esperti internazionali, provenienti da tutto il mondo, il nostro prodotto più fresco“, dice Giorgio Bosticco, Direttore del Consorzio di Tutela dell’Asti.

Abbiamo fatto degustare in anteprima, ad appena due mesi dalla vendemmia, il Moscato d’Asti 2018: è il primo vino, a denominazione d’origine controllata, che si può già presentare a così breve tempo dalla vendemmia e, grazie alla tecnologia del freddo, può essere conservato e imbottigliato nell’arco dell’anno fino all’arrivo della prossima annata“, aggiunge Bosticco.

Nel corso di questo vero e proprio “tour de force” tra bollicine bianche e corposo rosso (con adeguato uso del “secchiello-sputacchiera” per non…perdere la testa), tra Moscato e Barbera – ma non solo: ci è capitato di godere di eccezionali tajarin al tartufo bianco, fatti con 40 tuorli! -, i 100 giornalisti internazionali hanno dimostrato grande attenzione ed entusiasmo.

A tal punto che qualcuno di loro, un paio di giovani cinesi e un un attempato signore olandese, hanno alzato il gomito, sono crollati in pieno pomeriggio e si sono messi a ronfare alla grande. Lo abbiamo interpretato come un ottimo segno della qualità del vino italiano e piemontese.

Come dire: non si vive di solo “prozecco” (come lo chiamano i tedeschi).