Io stesso sono, da almeno dieci anni, un assiduo “praticante” del mondo dei social network, quindi lungi da me criticare un sistema di trasmissione delle notizie e delle opinioni che ha rivoluzionato al 1000% il modo di fare informazione. Tutti, ormai, ci siamo accorti di quanto velocissima sia la diffusione di una notizia tramite i social (Twitter, ma soprattutto il molto più “popolare” Facebook). Prendiamo l’esempio di una scossa di terremoto: dopo pochi secondi, l’evento è riportato da decine, centinaia, migliaia di persone, che hanno appena “subito” l’evento stesso e l’hanno descritto immediatamente sulla loro bacheca social, scatenando un immediato moto di solidarietà e preoccupazione. Non c’è radio, non c’è tv all news, non c’è sito, non c’è giornale che possa stare umanamente al passo con questa pazzesca velocità di reazione garantita da un dito su un touchscreen.
Per qualcuno, ad esempio i tanto temuti “Gilet Jaunes” francesi, l’unica vera informazione è quella dei social network. Qualcun altro, sui social e sui blog, ci ha costruito una carriera politica, da parlamentare o da vice-ministro.
Tutto assolutamente fantastico, certo, A parte un paio di controindicazioni (e lasciamo perdere quello che pensava Umberto Eco). La prima, va da sè, è quella delle fake-news, il cui proliferare è diventato direttamente proporzionale all’aumentata percentuali di “creduloni da tastiera” pronti a credere ciecamente a quello che si scrive sui social. Non siamo ai livelli di “l’ha detto la televisione” di qualche tempo fa, ma poco ci manca. Con la possibilità, oltretutto, di replicare in tempo reale: e questa è la vera rivoluzione culturale dell’informazione del Terzo Millennio. Se Nunzio Filogamo, Niccolò Carosio e Enrico Mentana (e, nel suo piccolo, Cristiano Tassinari) pontificavano in televisione o alla radio, nessuno poteva controbattere, se non spegnendo il televisore. Adesso, invece, è il trionfo dei “leoni da tastiera”, dei cosiddetti “haters”, coloro che odiano tutti e tutti, ma anche dei “professori di Facebook”, che sanno sempre tutto e sono insopportabili come il primo della classe che non passa il compito da copiare, bastardo lui…
Un altro grande difetto dei social network, forse sottovalutato, è quello di ingigantire tutto. Prendiamo, anche in questo caso, alcuni esempi: non tanto il caso-Battisti, decisamente “pompato” con dirette televisive fuori luogo del suo arrivo in Italia, quando altre piccole storie, quisquiglie di cronaca che senza i social non avrebbero mai raggiunto gli onori delle prime pagine: le dichiarazioni “pro migranti” di Baglioni, direttore artistico del Festival Sanremo o, notizia di ieri, la presenza di un corazziere nero al Quirinale proprio nel giorno dell’arrivo di Salvini, quasi fosse uno sgarbo del Presidente della Repubblica, Mattarella, al ministro dell’interno.
Sono notizie degne di particolare attenzione, quasi morbosa? Direi proprio di no. Anzi: la storia del corazziere potrebbe essere anche interessante da raccontare (e qualcuno l’ha fatto: 29 anni, brasiliano, adottato insieme alla sorella da una famiglia siciliana), ma senza l’ideologia “stranieri o italiani?” di questi cinici tempi.
Quindi: senza i social, queste due micro-notizie non sarebbero arrivate sui siti, sui telegiornali, sui giornali. Notizie e polemiche stucchevoli ingigantite dai social. Ma, del resto, quando migliaia di persone si prendono la briga di commentare, immediatamente la notizia vola alta, vive di vita propria e di un elevatissimo numero di click. O no?
In definitiva: beati quelli che non frequentano Facebook o Twitter, e si accontentano di radio, tv e quotidiani, perchè cosi rimangono piacevolmente all’oscuro di notizie inutili e polemiche fastidiose.
E, per una volta, essere “ignoranti” diventa una nota di merito.