il favoloso mondo dei “senza”

All’inizio, fu la margarina. Il primo prodotto ad essere “demonizzato” sulle cucine italiane, e anche dall’opinione pubblica, in quanto considerata troppo grassa e, quindi, ben presto sparita dalla ricette, benchè – viceversa – sia tutt’altro che sparita dagli scaffali dei supermercati. Ma ora, da diversi anni ormai, all’indice alimentare è arrivato il “maledetto” olio di palma. Praticamente tutti biscotti e le merendine pubblicizzate in tv puntano sul potere etico – e commerciale, certo – della frase magica “senza olio di palma”. Resiste solo la Nutella, visto che l’azienda produttrice, la Ferrero, ha più volte ribadito di non voler eliminare l’olio di palma dalla ricetta segreta della spalmabile più famosa del mondo, proprio per non diminuire la qualità della Nutella, che – “senza l’olio di palma non sarebbe più la stessa”, come ha dichiarato recentemente un dirigente dell’azienda di Alba. Del resto la Ferrero se lo puô permettere, resistendo pure ad un eventuale calo “etico” delle vendite…
Difficile, se non impossibile, esprimere un giudizio sul gusto dell’olio di palma, ma se rende cosi buona la Nutella, tanto male non dev’essere! Ma, piuttosto: fa veramente cosi male l’olio di palma?

“Senza olio di palma” 
Come spiega bene il sito sicurezzalimentare.it, da anni l’uso alimentare dell’olio di palma è al centro di accese polemiche, sia perchè la sua produzione comporta un forte impatto ambientale sia a causa del suo elevato contenuto di acido palmitico. Paradossalmente, è soprattutto l’impatto ambientale a colpire maggiormente i consumatori, sempre più sensibili alle tematiche legate al nostro pianeta. E ciò nonostante il problema ambientale sia stato affrontato e, almeno in parte, risolto, mettendo sotto controllo le deforestazioni selvagge e introducendo misure maggiormente rispettose degli eco-sistemi.
Eppure, soprattutto sul web, circolano ancora veementi campagne denigratorie nei confronti di quelle poche aziende, Ferrero compresa, che ancora utilizzano l’olio di palma. utilizzando slogan di sicuro effetto come “Per l’olio di palma intere foreste vengono rase al suolo e gli oranghi vengono sterminati” oppure “L’olio di palma ha ucciso 100mila oranghi“.
Il dato si riferirebbe agli ultimi 16 anni, nella zona del Borneo, in Malesia, paese che offre al mercato mondiale il 39% della produzione complessiva di olio di palma.
La demonizzazione completa dell’olio di palma è stata certificata nel 2016, quando l’EFSA (Autorità Europea della Sicurezza degli Alimenti) ha prodotto un documento secondo il quale nell’olio di palma sarebbero presenti, in quanti maggiore rispetto ad altri olii vegetali, dei cosiddetti “contaminanti”, che si formano quando i grassi sono esposti a temperature molto elevate e potenzialmente cancerogeni.

Da allora, apriti cielo e tutti “senza olio di palma”.
Ma questa è soltanto la storia più recente e più famosa del favoloso mondo alimentare del “senza”.

 
“Senza glutine”
Un’altra storia interessante è quella del “senza glutine”, peraltro legata ad una effettiva necessità alimentare da parte dei consumatori celiaci. Un prodotto “senza glutine”, per essere definito tale, deve contenere una quantità di glutine inferiore ai 20 ppm, che significa “20 parti per milione” e corrisponde ad una concentrazione di 20 mg di glutine su un kg di alimento. L’indicazione “senza glutine, specificamente formulato per celiaci” o “senza glutine, specificamente formulato per persone intolleranti al glutine” diventa obbligatoria per i prodotti inseriri nel Registro nazionale degli alimenti senza glutine, erogabili al celiaco attraverso il Servizio Sanitario Nazionale italiano. Purtroppo, dopo un’iniziale impennata dei ristoranti – ma anche dei panifici, ad esempio – “gluten free”, visto il numero comunque ridotto di celiaci, molti locali hanno tolto dal menu i piatti specifici senza glutine, sostituendoli con altri più alla moda, a cominciare da quelli vegetariani e, soprattutto, vegani.

“Senza zuccheri aggiunti”
La battaglia dell’associazione “Altro Consumo” sembra aver funzionato contro gli zuccheri aggiunti: la scritta “senza zuccheri aggiunti”, fino a qualche anno applicata in maniera ingannevole, ora sembra finalmente rispettare la realtà. Anche il fruttosio – che godeva di una immeritata fama salutistica – e il saccarosio sono ormai finiti sul libro nero.

E gli alimenti “con”?
I prodotti figli del “senza” sono sicuramente prodotti più sani e salubri, frutto di una maggiore consapevolezza di quella che è, ogni giorno la nostra alimentazione. Ma sarebbe bello avere la stessa attenzione anche per gli alimenti “con” qualcosa in più: facciamo un esempio? “Con” più potassio, e non soltanto nelle banane, già famose per il loro contenuto di potasso. Ma anche, scientificamente provato, nei fagioli borlotti, nelle patate, negli spinaci (Braccio di Ferro ha sempre ragione!), nell’avocado e nel salmone affumicato. E potremmo continuare “con” più magnesio, ferro, fosforo…
Che dite? Magari ne parliamo la prossima volta.