Fausto Coppi, il Campionissimo, l’Airone, uno dei più grandi ciclisti di tutti i tempi, compirerebbe 100 anni il 15 settembre.
Nato nel 1919 a Castellania, in provincia di Alessandria, Coppi è da sempre un simbolo dello sport italiano, ma anche della rinascita del nostro paese dopo la Seconda Guerra Mondiale – a cui Fausto sacrificò parecchi anni della carriera – e di un certo stile di vita nell’Italia del Dopoguerra che stava cambiando.
Ma soprattutto, è stato un grande campione.
L’albo d’oro parla chiaro: 5 Giri d’Italia (1940-47-49-52-53), 2 Tour de France (1949-52), 5 Giri di Lombardia, 3 Milano-Ssanremo, un Campionato del Mondo, il record dell’ora su pista e un’infinità di altre vittorie.
In mezzo, la Guerra, la prigionia, la tragedia del fratello Serse, l’amore per la *Dama Bianca*, la rivalità – strumentalizzata anche politicamente – con Gino Bartali.
Fino alla morte prematura, ad appena 40 anni.
Caserta è la città dove Fausto, dopo la prigionia in Tunisia e in Algeria, era stato trasferito nel febbraio del ’45 come attendente del colonnello inglese Towell.
A guerra finita, Coppi era partito in bici da Caserta il 30 aprile e, un po’ pedalando e un po’ grazie a passaggi di fortuna in automobile, aveva risalito la penisola semidistrutta, giungendo al suo paese nel pomeriggio di sabato 5 maggio.
Poco prima di arrivare a casa, aveva fatto una sosta a Villalvernia per salutare la fidanzata Bruna, che non vedeva da due anni e mezzo e che avrebbe sposato il 22 novembre di quello stesso anno.
La gente lo ama ancora, come prima, come sempre.
Come quei cicloamatori che – tutti gli anni a settembre – partono proprio da Caserta per arrivare a Castellania, ripercorrendo il “percorso storico” compiuto dal Campionissimo per tornare a casa.
800 km.
Semplicemente nel nome di Fausto Coppi.