Otto anni dopo la primavera araba, è il momento di un nuovo autunno, altrettanto caldo.
Il mondo è attraversato da un’ondata di proteste senza precedenti, da Hong Kong al Cile, passando per la Francia e la Catalogna: nonostante le coordinate geografiche siano molto diverse tra loro, il minimo comune denominatore delle rivolte, a detta delle organizzazioni per i diritti umani consultate da Euronews, è la repressione.
Secondo Geneviève Garrigos, responsabile delle Americhe per Amnesty International in Francia, nonostante le complessità e particolarità delle proteste, è possibile individuare alcuni elementi comuni che caratterizzano questo momento storico così eccezionale: la lotta per la salvaguardia dei propri diritti.
“In alcuni paesi, come l’Egitto, il Libano e l’Iraq, le proteste nascono per denunciare la corruzione che nega ai cittadini i propri diritti”, afferma Garrigos.
In altri paesi, invece, si è scesi in piazza contro il costo della vita: succede in Francia, Cile o Nicaragua. In questo paese per esempio le proteste si sono scatenate a seguito della riforma delle pensioni, anche se gli studenti si erano già mobilitati contro l’incendio della riserva dell’Indio Maíz.
Molti manifestanti si ribellano contro le disuguaglianze, un caso fra tutti il Cile, che è uno dei paesi con le disuguaglianze più marcate. Contesti con equilibri precari a cui spesso si sommano i problemi derivanti dal cambiamento climatico.