Greta, nascita di un’icona

È domenica pomeriggio e un gruppo di giornalisti si ritrova all’ingresso dell’Università Complutense di Madrid. Sono lontani dal complesso in cui si svolge da una settimana il summit delle Nazioni Unite sul clima, ma alcuni attivisti li hanno avvertiti dell’arrivo imminente di Greta Thunberg.

Nella calca di fotografi e operatori tv, che cercano di assicurarsi l’angolo migliore, appare la giovane svedese, circondata dai giovani del movimento Fridays for Future, che la proteggono con una catena umana. Si notano anche diversi agenti di sicurezza.

In un attimo è il caos. Giornalisti, cameraman, fotografi, tutti cercano di avvicinare la ragazza, seguendola perfino in bagno, lamentano alcuni volontari. Mentre lascia il college, una studentessa le grida con un megafono: “Greta, ti prego, parla con me”. La lunga treccia bionda si fa appena riconoscere nello sciame di persone che la circondano ovunque vada.

Questo è solo un episodio della Gretamania che ha completamente travolto la COP25.
Qualcosa di simile è avvenuto anche a Torino, nella sua prima tappa italiana. Un uragano, anche in Italia. 

Greta e la sindaca di Torino Chiara Appendino.
Poco più di un anno fa Greta Thunberg era solo un’adolescente di Stoccolma, che tutti venerdì si sedeva sui gradini del parlamento svedese con il suo cartello, “sciopero per il clima”. Un’iniziativa solitaria per richiamare i potenti all’azione contro la crisi ambientale. Ma nel giro di pochi mesi, quest’idea si è trasformata in un movimento globale.

Questa settimana, culminata con l’annuncio di Time che l’ha eletta personaggio dell’anno 2019, l’attivista svedese ha dominato le cronache dell’intera conferenza Onu sul clima, Cop25. Momento clou, la marcia per il clima, venerdì scorso a Madrid. Ma in questa occasione Thunberg è stata costretta a lasciare la piazza: la massa di persone che la seguiva le ha reso impossibile procedere alla testa del corteo.

 “È stato frustrante vederla andare via dopo mesi di preparazione – dice Alejandro Martínez, esponente del Friday for Future in Spagna, che punta il dito su chi ha rovinato l’iniziativa – Tutta colpa dei media e delle persone che non hanno voluto rispettare il nostro spazio”.

Il fatto è che intorno all’adolescente si è scatenato un circo mediatico che la segue ovunque: quando si imbarca per una traversata oceanica, quando prende un treno e quando arriva in stazione. Una mobilitazione da capo dello Stato. “Quest’attenzione sta eclissando il lavoro degli altri attivisti – lamenta Martínez – Quando ci chiamano, ci chiedono solo di lei”.

“I media si focalizzano su Greta. Ma il movimento per il clima racchiude molte voci e tutte meritano di essere ascoltate”, insiste l’attivista. “È vero che tutta questa attenzione non può che fare bene alla nostra causa, ma non è corretto mettere alcune voci al di sopra di altre”.

Per Antón Rodríguez Castromil, docente di opinione pubblica all’Università Complutense di Madrid, il fenomeno si spiega perché Greta è diventata un simbolo. Rappresenta la lotta di un gruppo sociale che non ha mai esercitato il potere contro istituzioni che lo hanno sempre avuto, come i governi o le aziende.

“Ha iniziato dal basso, dai banchi di scuola, il che la rende una persona con cui possiamo facilmente identificarci”, spiega Rodríguez. Come Martínez, anche Rodríguez Castromil pensa che Greta non sarebbe diventata un fenomeno collettivo senza l’intervento dei media.

Alexander Kaufman, giornalista dell’Huffington Post specializzato in politiche climatiche, sottolinea narrazione potente della giovane attivista, basata sull’idea che i politici stiano “rubando” il futuro dei bambini: “È riuscita a rendere virale il cambiamento climatico”, osserva.
Un raro sorriso, torinese, di Greta.

A differenza di altre manie di questa epoca, quella per Greta non si basa sul consumo, ma su una giusta causa. Eppure, le critiche di Thunberg non hanno risparmiato il ruolo i media e il loro modo di affrontare la crisi climatica. Nonostante ciò, tv e giornali l’hanno eletta a paladina dell’ambiente.

“Per i media è molto più facile raccontare storie attraverso i personaggi. Questa volta hanno scelto Greta come protagonista. Si potrebbe sostenere che questo annacqua il messaggio, ma ha anche suscitato l’attenzione di quella parte di pubblico che altrimenti ignorerebbe la crisi climatica”, dice il giornalista.

Greta è diventata un’icona dei media, ne è consapevole e ha imparato subito a usare il suo spazio pubblico non per concentrare l’attenzione su di sé, ma per farsi portavoce dei messaggi che scienziati e organizzazioni ambientaliste sostengono da anni, ignorati dal pubblico generalista e dalle istituzioni.

E gli scienziati concordano sul fatto che, finora, l’effetto Thunberg sia stato l’unica cosa davvero efficace contro l’immobilismo politico.

Saleemul Huq, direttore dell’International Center for Climate Change and Development (ICCCAD), dice che da trent’anni gli scienziati lanciano l’allarme sulle conseguenze del cambiamento climatico, ma i loro avvertimenti sono rimasti lettera morta.

“Dieci anni fa gli effetti della crisi climatica sono diventati molto concreti nei paesi meno sviluppati. In quel momento abbiamo deciso di alzare la voce, ma – ancora una volta – siamo stati ignorati”. Greta ripete oggi questo monito, in nome degli adulti del futuro, e sembra essere ascoltata. “Un risultato che non abbiamo mai ottenuto – dice lo scienziato – Per chi inquina è ora di ascoltare i propri figli”.

Non è stato l’unico ad esprimersi a favore dell’attenzione mediatica per l’attivista svedese. Santiago Martín Barajas, di Ecologistas en Acción, ha scritto su Twitter che l’impegno di Greta è “una grande gioia” perché sta facendo qualcosa di necessario, mobilitando un’intera generazione.