Il “nuovo” Museo Egizio di Torino

TORINO – Il Museo Egizio di Torino, il secondo dedicato alle antichità egizie più grande al mondo dopo quello del Cairo (e uno dei musei più visitati d’Italia), stavolta racconta un po’ della propria storia.

Meno di cinque anni dopo la sua riconfigurazione dell’aprile 2015 e quattro anni prima del suo bicentenario, che sarà celebrato nel 2024.

Giovedi 19 dicembre, infatti, il Museo Egizio ha aperto al pubblico cinque nuove sale, fra le quali quella dedicata alla fedele ricostruzione di un ambiente museale dell’800.

Nelle cinque sale – le cosiddette “sale storiche”, che accolgono i visitatori al piano ipogeo – si alternano prodotti multimediali e immagini d’archivio: antiche litografie, stampe e fotografie d’epoca, ma anche video e supporti digitali.

Per i cinque nuovi spazi espositivi sono stati investiti, totalmente autofinanziati, 350mila euro.

Il nuovo percorso biografico all’interno dell’ex Collegio dei Nobili è stato modellato intorno agli studi condotti dal curatore Beppe Moiso e dall’archivista Tommaso Montonati.


“E’ un primo passo, un intervento strutturale e creativo, che abbiamo effettuato autofinanziandoci. A maggio saranno pronte nuove sale. Siamo proiettati verso il bicentenario che celebreremo nel 2024”, ha detto la presidente del Museo Egizio, Evelina Christillin

“Questo è un luogo vivo, in continuo divenire, che muta e si evolve in virtù dei risultati della ricerca. Abbiamo realizzato questo importante progetto grazie alla collaborazione con l’Accademia delle scienze che ci ha permesso di ricostruire i passaggi della vita del museo”, ha spiegato il direttore del Museo, Christian Greco.

La storia del Museo Egizio di Torino deriva dalla passione dei Savoia, incuriositi da questa cultura estinta e dal mondo faraonico: si dedicarono cosi a spedizioni alla ricerca di reperti o acquisirono collezioni di oggetti rari.

Un ruolo, quello della monarchia sabauda, che sarà poi determinante nel 1824, con la decisione del Re Carlo Felice di acquistare la collezione Drovetti, facendone il nucleo fondante del Museo, che nasce così in quello stesso anno.

Tra i numerosi pezzi forti del museo: la Tomba di Kha e di Merit, le statue di Ramses II e Amenhotep I e la celebre collezione di papiri, che il celebre filologo Jean-François Champollion studiò nella sua opera di decodifica dei geroglifici.