Carbonara Day!

Il grande dilemma – guanciale o pancetta? – aggiunge persino un pizzico di mistero al gusto comunque inconfondibile di questo Carbonara Day, che si celebra proprio oggi, 6 aprile. E la carbonara, in fin dei conti, piace proprio a tutti: ai puristi e agli innovatori, a quelli che usano la pasta lunga o la pasta corta, a chi preferisce il pecorino o il parmigiano, l’uovo intero o solo il tuorlo, piace molto anche agli stranieri, anche se magari ci mettono il bacon e la frittata.
Era piaciuta molto anche ai soldati alleati che, durante la seconda guerra mondiale, si ritrovarono tra Lazio, Abruzzo, Molise e Campania, che ebbero il piacere di provare la tipica pasta “cacio e ova” abruzzese, poi esportata a Roma, aggiungendovi la novità della pancetta affumicata, che i militari americani avevano sempre con sè.
Il nome fa riferimento alla tradizione: si racconta, infatti, che la pasta venne chiamata “carbonara” pensando ai boscaioli che lavoravano sui monti, raccogliendo la legna per farne carbone. Quindi, c’è sempre la tradizione e c’è sempre la novità. Perchè la carbonara, e non solo per il Carbonara Day, è proprio fatta cosi.
E a ognuno, piace farla a modo suo.

Siamo sempre “in onda”!

Che bello poter gridare al mondo “Son tornato!”
Per tre pomeriggi, infatti, è stato cosi: dopo quasi quattro anni, sono tornato a condurre la trasmissione “In Onda”, il programma – …in onda su Tvqui, canale 19 del digitale terrestre in Emilia-Romagna – più bello e più luuungo (oltre 7 ore in diretta) della televisione italiana, interamente dedicato alla musica da ballo, ma non solo, con un occhio di riguardo alle “contaminazioni” musicali dei giorni nostri.
Da adesso in poi, per coadiuvare il conduttore Maurizio Rizzi, ci sarò anch’io, qualche pomeriggio al mese, per accontare le centinaia di dediche e richieste che ci arrivano da tutta l’Emilia-Romagna e oltre, grazie al sito Home – Tv Qui Modena.
Una serata speciale l’abbiamo dedicata a Raoul Casadei e il mio primo ospite è stato il mitico Diego Zamboni, bresciano di Montichiari, da vent’anni sulla scena della musica da orchestra. Un grande artista che, non a caso, nella foto che abbiamo fatto negli studi della tv, è l’unico che…sembra serio!

Posso dirlo, forte: a volte è proprio bello “tornare a casa”!

Arriva il “Captain America” gay che difende i diritti LGBTQ

Arriva il nuovo Captain America, gay e attivista dei diritti LGBTQ.

Davvero una svolta epocale, con l’uscita – prevista a giugno, in occasione del “Pride Month” – dei nuovi comic books dal titolo “The United States of Captain America”.
Nel suo viaggio, in giro negli Stati Uniti, per ritrovare lo scudo perduto, Captain America incontrerà diverse persone che, inspirandosi a lui, proteggono i membri delle proprie comunità.
Tra questi c’è Aaron Fisher, un adolescente gay, paladino della comunità LGBTQ e di tutti i “fuggitivi e diseredati”, come è stato descritto dai suoi ideatori.Un prodotto editoriale “rivoluzionario” che la Marvel vuole regalare ai suoi fan, sostenendo apertamente i diritti delle LGBTQ.  A disegnare le fattezze del nuovo Captain America ci ha pensato l’illustratrice transgender messicana, Jan Bazaldua: “Captain America combatte contro esseri molto potenti e salva il mondo quasi sempre, ma Aaron aiuta quelli che camminano da soli nelle strade con problemi che affrontano ogni giorno. Sono felice di aver dato vita a un personaggio apertamente gay, che combatte per le persone invisibili agli occhi della società”.
Lo stile del “Captain America of Railways” – l’altro nome di Aaron Fisher, che si riferisce, appunto, alle ferrovie dove spesso si rifugiano senza tetto o adolescenti in fuga – è molto “urban” e “metropolitan”: capelli rasati, cresta, salopette e Converse All star nere. Per lo sceneggiatore, Joshua Trujillo, l’ispirazione è arrivata pensando a tutti i giovani attivisti che, negli ultimi anni, lottano con coraggio per rivendicare i propri diritti in tema ambientale, sociale e politico. “Spero tanto”, ha spiegato Trujillo, “che questa storia ispiri le prossime generazioni di lettori”.E anche di cinefili, aggiungiamo noi, visto che ad Hollywood stanno già preparando il film…

La Spagna approva l’eutanasia attiva

Alla fine anche la Spagna ha legalizzato l’eutanasia attiva: la camera dei Deputati ha appena approvato la misura, dopo un’elaborazione parlamentare durata un anno a causa della pandemia.

“È un giorno importante per tutti i cittadini – ha detto il ministro per la Salute Carolina Darias – perché si va verso una società più umana e giusta. Ma soprattutto è un giorno importante per quanti si trovano in una situazione di grave sofferenza, così come per le loro famiglie e i loro cari”. 

La Spagna diventa così il sesto paese ad approvare l’eutanasia attiva, dopo Canada, Colombia, Olanda, Belgio e Lussemburgo. La legge permetterà a chiunque abbia una malattia grave e incurabile o una condizione cronica e invalidante di chiedere aiuto per morire ed evitare così una sofferenza che non si riesce a sopportare. 

I limiti di legge comunque sono chiari e rigorosi: al momento della richiesta, che andrà inoltrata per iscritto, il paziente, cittadino spagnolo o quantomeno legalmente residente, dovrà essere cosciente e ritenuto capace di intendere e di volere.

Dovrà inoltre essere pienamente informato delle alternative e delle cure palliative disponibili, e bisognerà accertarsi che la richiesta non sia frutto di pressioni esterne, prima che possa confermare, fino a quattro volte se ritenuto necessario, la volontà di morire.

La richiesta dovrà quindi essere approvata da due medici e una Commissione valutatrice: un iter che si stima dovrebbe durare attorno alle cinque settimane.

Ciao, “Marvelous”!

Era un mito per la mia generazione, quando la boxe si vedeva spesso in tv. Io tifavo Patrizio Olivia, ma chi non tifava per Marvin Hagler, detto “The Marvelous”, sicuramente uno dei più grandi pugili di tutti i tempi.
E’ mancato qualche giornio fa, all’improvviso: aveva 66 anni, amava l’Italia, si era sposato con una donna italiana, aveva vissuto a Milano e nel calcio tifava per la Sampdoria. Ma, semplicemente, era “The Marvelous”. Solo un certo, mitico Vito Antuofermo riuscì a tenergli testa, strappando – nel loro primo match – un incredibile battagliero pareggio.
Ci mancherai, “Marvelous”.

UNITED STATES – NOVEMBER 30: Boxing: WBC/WBA Middleweight Title, Portrait of Marvin Hagler and Vito Antuofermo after match at Caesars Palace, Las Vegas, NV 11/30/1979 (Photo by James Drake/Sports Illustrated/Getty Images) (SetNumber: X23988 TK1 R11 F21)

Secondo e Raoul, la storia del “lissio”

Per gli amanti della musica da ballo, Raoul Casadei era semplicemente il re del liscio (o, per meglio dire, del “lissio”).
Per colpa del maledetto Covid, dopo un ricovero all’ospedale Bufalini di Cesena, Raoul Casadei se n’è andato in punta di piedi, a 83 anni, dopo aver fatto ballare tanto, i piedi di migliaia e milioni di sconosciuti ballerini, nella balere della Romagna e di tutta Italia.
Casadei era ed è ancora il nome di famiglia del liscio, soprattutto per merito di Secondo Casadei, lo zio di Raoul, il fondatore della storica orchestra: pensate, era il 1928…. Ma è stato con lui à alla guida dell’orchesta per 40 anni, dal 1960 al 2000 – che il liscio è entrato in una nuova dimensione, più popolare e meno folkloristica, non solo la Romagna e le feste di paese, ma tutta l’Italia e persino le piazze televisive più importanti, dove canticchiare – insieme a fior di cantanti, come la mitica Luana Babini, voce femminile per più di dieci anni – l’indimenticabile “Romagna Mia” o la solare “Ciao, Mare” con quel suo sorriso largo, bonario e sincero da vero romagnolo che ama la vita.

Raoul si è spento nella sua tenuta di Villamarina di Cesenatico, circondato dall’affetto della sua “tribù”, a cominciare dal figlio Mirko, che ha modernizzato ancor di più il sound dei Casadei, ma sempre nel solco di quella tradizione “made in Romagna” che tanto piaceva al papà Raoul.

 

 

L’uomo che inventò le musicassette

Grazie a lui la musica è diventata più democratica e alla portata di tutti e soprattutto è uscita dalle case potendo essere trasportata in una magica “scatoletta” di plastica che poteva entrare nella tasca di una giacca. E’ morto a 94 anni l’ingegnere olandese Lou Ottens, rivoluzionario inventore negli anni ’60 delle musicassette di cui sono stati vendute più di 100 miliardi di esemplari in questi anni.
Secondo i media olandesi che annunciano la notizia, Ottens è morto nella sua casa di Duizel sabato. In seguito come direttore tecnico della Philips a fine anni ’70, Ottens prese parte anche allo sviluppo del compact disc. “Tradendo” di fatto la sua invenzione che, sparita da tempo, potrebbe rivivere presto una “seconda giovinezza”.

Astor Piazzolla, i 100 anni di vita del tango “alla Piazzolla”

Articolo di Massimo Scapin

Cento anni fa, l’11 marzo 1921, nasceva il maggiore musicista dell’Argentina della seconda metà del secolo scor­so: Astor Piazzolla.

In Argentina era nato a Mar del Plata da genitori italiani (il padre di Trani in Puglia, la madre della Garfagnana in Toscana) ed è morto il 4 luglio del 1992 a Buenos Aires. Divenuto famoso come uno dei massimi esecutori di tango, anzi come elaboratore del nuevo tango, egli è stato in realtà un musicista attento a ogni tipo di musica, lasciando circa 600 opere di vario genere di una grande comunicativa, tra cui l’opera María de Buenos Aires (1967), l’oratorio El pueblo joven (1973), il Concerto per bandoneon e orchestra (1979), la colonna sonora del film Enrico IV di M. Bellocchio (1984).

Il nuevo tango, in cui il nostro bandoneonista argentino inserisce armonie impreviste, dissonanze, improvvisazione, contrappunto, riesce inviso ai musicisti e a parte del pubblico tradizionali. Durante un’intervista del 1954 Piazzolla dichiara: «Sì, è sicuro, sono un nemico del tango; ma del tango come lo intendono loro. […] Se tutto è cambiato, deve cambiare anche la musica di Buenos Aires. Siamo molti a voler cambiare il tango, ma questi signori che mi attaccano non lo capiscono né lo capiranno mai. Io vado avanti, senza considerarli» (D. Piazzolla, Astor, Emecé Editores, Buenos Aires 1987, p. 159).

La popolare danza a coppie, a ritmo binario e movimento moderato, spesso accelerato verso la fine, giunta in Europa dai sobborghi di Buenos Aires in Argentina, grazie a Piazzolla ha ottenuto una propria dignità artistica. Di essa si occupò anche il papa san Pio X (1835-1914). Il Pontefice, «flagello dei modernisti», revocò le interdizioni richieste dalle autorità ecclesiastiche della «città dei Lumi», che ritenevano «la danza d’importazione straniera, conosciuta con il nome di tango», secondo la condanna del cardinale Léon Adolph Amette, Arcivescovo di Parigi, «per sua natura lasciva e offensiva per la morale» (ne Le Mercure Musical, 1 febbraio 1914, p. 47). Si narra che nel gennaio 1914, dopo aver assistito in Vaticano a un’esibizione riservata di «tango romano (ampiamente castigato, rispetto a quello argentino)», avesse commentato: «È tem­po di feste e capisco come e quanto i giovani amino ballare. Ma perché adottare quelle ri­dicole contorsioni barbare dei Negri e degli Indiani? Perché non preferire piuttosto la bella danza di Venezia, elegante, graziosa e latina, la furlana?» (Civitas Christiana nn. 10-13, agosto 1997-marzo 1998, Verona, p. 89).

L’aneddoto – non sappiamo quanto fondato – scatenò l’ironia di Trilussa (1871-1950), er poeta de Roma – di cui ci siamo occupati qui -, che il 1° febbraio 1914 scrisse nel malizioso sonetto Tango e Furlana: «Er Papa nun vo’ er Tango perché, spesso, / er cavajere spigne e se strufina / sopra la panza de la ballerina / che su per giù, se regola lo stesso. // Invece la Furlana è più carina: / la donna balla, l’omo je va appresso, / e l’unico contatto chè permesso / se basa sur de dietro de la schina. // Ma un ballo ch’è der secolo passato / co’ le veste attillate se fa male: / e er Papa, a questo, mica cià pensato; // come voi che se movino? Nun resta / che la Curia permetta in via speciale, / che le signore s’arsino la vesta» (Trilussa, Tutte le poesie, Mondadori, 1954, pag. 390).

Tornando all’argomento dopo questa digressione, diremo che Astor Piazzolla, battezzato e cresciuto nella fede, nel 1968 si definiva «cattolico ma non troppo». Nel 1976 incontra la cantante e presentatrice televisiva Laura Escalada e la sposa in seconde nozze nel 1988. In quel periodo il nostro musicista divenne un cattolico più fervente. Nel 1980 dichiarava: «Sono cattolico. Credo in Dio e lo prego in inglese. Mi piace anche entrare in chiesa. È come disintossicarmi. È come fare un bagno di pace» (M. S. Azzi & S. Collier, Le grand tango: the life and music of Astor Piazzolla, Oxford University Press 2000, pp. 139-140).

Nell’ultima parte della sua vita, Astor è visto come «un uomo dalla fede toccante», molto pio, che si reca in pellegrinaggio annuale al Santuario nazionale di Luján, dedicato alla Madre di Dio, dove l’immagine benedetta di Maria – cara ai papi Urbano VIII, Clemente XI, Leone XIII, Pio XI, Pio XII e Giovanni Paolo II – dal 1630 accoglie maternamente quanti le si accostano per implorare la sua protezione. La cosiddetta «medaglia miracolosa», coniata dopo le apparizioni – nel 1830 in rue du Bac, a Parigi – della Madonna a santa Caterina Labouré (1806-1876), ebbe il nostro musicista tra i suoi devoti. Egli spesso regalava ai suoi amici medaglie, stampe della Vergine e boccette d’acqua santa, raccolte nei suoi viaggi in Europa (cfr. M. S. Azzi & S. Collier, ibidem).

Un pezzo che esprime la profonda religiosità del compositore argentino può considerarsi la sua Ave Maria. Fu scritta per oboe e pianoforte nel 1984 con il titolo Tanti anni prima per il film Enrico IV, dall’omonima commedia di Luigi Pirandello, di Marco Bellocchio, in cui era il tema di Matilde, impersonata da Claudia Cardinale che vi lavorava insieme a Marcello Mastroianni. Poco prima di morire, con la raccomandazione di eseguirla al momento giusto, Piazzolla donò questa Ave Maria alla cantante Milva, sua amica dal 1981, che l’ha proposta al pubblico mondiale nell’ambito del Grande Giubileo del 2000.