Succede sempre più spesso e, ormai, non fa nemmeno più notizia.
Prima la disfida Ibra-Lukaku durante il derby Milan-Inter, poi il dito medio di Antonio Conte e il “coglione” urlato a squarciagola da Andrea Agnelli, fino al battibecco in mondovisione di due tennisti italiani, Salvatore Caruso e Fabio Fognini (uno che crede di essere il McEnroe dei poveri), agli Australian Open.
Ma che succede? Sportivi…sempre meno sportivi?
Del resto, anche poco furbi: nel calcio, senza pubblico e con le telecamere e i microfoni ovunque, si sente davvero tutti: dai riti voodoo alle accuse alla mamma di questo o di quest’altro, dagli insulti alle minacce, fino al “bucio di culo” (detto proprio cosi) di Fognini a Caruso in un tristissimo derby italico della maleducazione.
Esiste una morale della favola?
Certo: innanzitutto non è una favola, lo sport, se arriva a questi infimissimi livelli. Nè, tantomeno, può essere di modello per i più giovani, che fanno dei loro campioni (Ibra e Lukaku lo sono sicuramente, per un’intera generazione) degli esempi, ma stavolta da non imitare.
Un aspetto positivo? Beh, almeno possiamo dire che – in mezzo a tanta ipocrisia – quando due campionissimi grandi e grossi come Ibra e Lukaku non riescono a nascondere al mondo intero la loro reciproca antipatia, se non altro è una questione da uomini veri, tipo “Ti spiezzo in due” (cit. Ivan Drago in “Rocky”) o da “Ti aspetto fuori”. Roba da saloon e da Bud Spencer e Terence Hill, roba da uomini veri, forse. Se un uomo vero, mah, si misura da queste cose…
Ma la sportività – visto che parliamo di sport e non di Far West – è tutta un’altra cosa.
Auguriiii, Vasco!
Ce l’abbiamo una seconda vita? Sì, almeno in certo libri virtuosi
A proposito di tamponi…
Chi? Il comune? I vigili urbani? Troppo impegnati?
Aborto: l’incredibile passo indietro della Polonia
Una larga fetta della Polonia lotta per il diritto all’aborto.
Manifestazioni per le strade di Varsavia, da parte di migliaia di persone, che – nei pressi della sede della Corte Costituzionale – hanno protestato contro una legge che definiscono assurda e arcaica.
La sentenza della Corte Costituzionale polacca che vieta l’aborto in caso di malformazione del feto – pubblicata “in silenzio” sulla Gazzetta Ufficiale – è, infatti, entrata in vigore da mercoledi 27 gennaio, dopo essere stata congelata dal governo-Morawiecki per tre mesi, dal 22 ottobre scorso, a causa delle massicce proteste che hanno scosso la Polonia, a partire proprio da ottobre, dopo la promulgazione della legge stessa.
Di fatto, ora tutte le interruzioni di gravidanza in Polonia saranno vietate, tranne nei casi di stupro e incesto e quando la vita o la salute della madre sono considerate a rischio.
Un dato su tutti: il 98% degli aborti legali effettuati in Polonia, fino a oggi, era dovuto a malformazioni fetali. Ora non sarà più possibile.
Secondo la sentenza della Corte Costituzionale, gli aborti in caso di anomalie fetali sono “incompatibili” con la Costituzione polacca.
Già adesso, tra le 100.000 e le 200.000 donne polacche sono state costrette a ricorrere all’aborto clandestino o ad andare all’estero, solitamente in Repubblica Ceca, Germania, Slovacchia o Ucraina, per l’interruzione di gravidanza.
La Polonia è un paese molto cattolico e aveva, già in precedenza, alcune delle leggi sull’aborto più severe dell’Unione europea.
Il governo di destra del premier Mateusz Morawiecki – che si regge sul partito Diritto e Giustizia (PiS) – nega ogni pressione nei confronti della Corte Costituzionale.
Secondo Amnesty International, nuove manifestazioni da parte delle organizzazioni femministe e Lgbt e della stessa società civile, sono pronte a scuotere la coscienza della Polonia.
Portogallo: è il settimo paese al mondo a legalizzare l’eutanasia
Con 136 voti favorevoli e 78 contrari, il Parlamento portoghese ha approvato la depenalizzazione della morte medicalmente assistita.
La legge prevede che l’eutanasia sarà possibile, con l’ausilio di un medico, solo per le persone di età superiore ai 18 anni, malati terminali in situazione di sofferenza duratura e insopportabile e senza problemi mentali.
La votazione è durata circa 30 minuti: attesi i canonici tre giorni per eventuali reclami, il testo sarà poi inviato al presidente della Repubblica, Marcelo Rebelo de Sousa, appena rieletto per altri cinque anni.
Quest’ultimo dovrebbe approvarlo, ma potrebbe teoricamente anche bocciarlo o inviarlo alla Corte costituzionale.
Diverse le istituzioni cattoliche che, in questi giorni, hanno indetto mobilitazioni contro la legge, appellandosi proprio al Capo dello Stato per bloccarla.
Se la legge entrerà in vigore, il Portogallo sarà il quarto paese in Europa, settimo al mondo, a legalizzare l’eutanasia.
Robe da matti! Non toccate i cartoni…
Questa è la notizia riportata dal sito della Paramount Network Italy.
Solo un commento da parte mia: ma siete proprio diventati pazzi, con la vostra mania del “politically correct”!!!!
(c.t.)
Dopo film come Via col vento e Grease, anche alcuni classici animati Disney sono finiti al centro delle polemiche, con l’accusa di proporre stereotipi razzisti. In Gran Bretagna, il servizio di streaming Disney+ ha così deciso di vietare Gli Aristogatti, Peter Pan e Dumbo ai bambini di età inferiore ai 7 anni.
“Gli Aristogatti“, pellicola del 1970, è finita sotto accusa principalmente per la presenza di Shun Ghon, un gatto siamese che fa parte del gruppo di Romeo con tratti del viso stereotipati e un accento dell’Asia orientale.
Le avventure di “Peter Pan“, film d’animazione del 1953, invece perché presenta una tribù di nativi americani, quella di Giglio Tigrato, che viene chiamata “pelli rosse”.
Riguardo a “Dumbo – L’elefante volante”, la versione animata del 1941, c’è una scena con Jim Crow che viene ritratto seguendo uno stereotipo afroamericano considerato offensivo. Sotto accusa in particolare alcuni versi della canzone “Song of the South”, considerati una mancanza di rispetto alla memoria degli schiavi afroamericani e al lavoro nelle piantagioni del Sud degli USA.
Nel Regno Unito, questi tre film sono stati rimossi dalla sezione di Disney+ dedicata ai bambini più piccoli. Restano, invece, disponibili per il pubblico sopra ai 7 anni, anticipati da una scritta disclaimer: “Questo programma include rappresentazioni negative e/o denigra popolazioni o culture. Questi stereotipi erano sbagliati allora e lo sono ancora. Piuttosto che rimuovere questo contenuto, vogliamo riconoscerne l’impatto dannoso, imparare da esso e stimolare il dibattito per creare insieme un futuro più inclusivo”.
Alla Casa Bianca arriva Rachel Levine, la prima transgender nel governo americano
Svolta nell’amministrazione-Biden.
Alla Casa Bianca arriva Rachel Levine, 54 anni. Ricoprirà il ruolo di sottosegretaria alla Sanità. E’ la prima transgender della storia americana ad entrare nella squadra di governo, la primo ad ottenere un incarico federale.
Laureata ad Harvard, di professione pediatra, per anni insegnante al Penn State College of Medicine, Physician General (il medico che dà disposizioni sanitarie nello Stato della Pennsylvania) e, recentemente, ministra delle Salute della Pennsylvania durante questi difficili mesi della pandemia, la neo ministra ha cominciato a mettere in discussione il suo genere dopo i 40 anni: fino ad allora era sposata con Martha Peaslee Levine, anche lei dottoressa, dalla quale ha avuto due figli, David e Dayna. La transizione è avvenuta nel 2011. «Avevo finalmente deciso di vivere la mia vita senza segreti» ha raccontato Rachel in un’intervista…
Ha detto di lei, il neopresidente Joe Biden: “Rachel Levine porterà la stabile leadership e l’ampia conoscenza di cui abbiamo bisogno per affrontare la pandemia, a prescindere dalla razza, religione, orientamento sessuale, identità di genere o disabilità”.
Una presa di posizione non indifferente da parte dell’amministrazione-Biden, che ha deciso di premiare l’impegno lavorativo e la professionalità, oltre i pregiudizi (e gli insulti sul web), che purtroppo non sono mancati da quando Rachel Levine è diventata un personaggio pubblico. Alcuni esempi? Quando ha imposto l’uso della mascherina in pubblico è stata presa in giro sulla pagina Facebook di una cittadina dello Stato che si è riferito a lei come a «un uomo che porta il reggiseno». E il sindaco di una cittadina vicino a Pittsburgh ha detto che «era stanco di stare a sentire un uomo vestito da donna».
Tra le altre nomine di persone Lgbt decise da Biden ci sono anche Emmy Ruiz, direttrice della strategia politica, Gautam Raghavan, vice direttore dell’ufficio del personale e Karine Jean-Pierre, vice capo ufficio stampa della Casa Bianca.
Ci vorrebbe un Braccio di Ferro
Ha appena compiuto 92 anni, il marinaio più famoso dei fumetti, della televisione e del cinema: Braccio di Ferro!
Il popolare “Popeye” ha visto la luce ufficialmente il 17 gennaio 1929, con la pubblicazione negli Stati Uniti delle prime strisce, nate dalla fantasia del fumettista E.C.Segar: e fu subito in successo!
Ben presto, già negli anni Trenta, Braccio di Ferro arrivò anche in Italia, diventando un beniamino dei più piccoli, anche grazie alla televisione – con i fumetti in tv – che amplificò la popolarità del mitico marinario, ma anche della svampita Olivia, dell’aggressivo Bruto, del serafico Poldo e di tutti gli altri personaggi di contorno.
Però i veri protagonisti sono sempre stati gli spinaci, che Braccio di Ferro apre in caso di necessità, ingurgitandoli in un sol boccone e ricavandone una immediata forza straripante.
Quanti spinaci mi ha fatto mangiare la mamma, sperando che io non facessi i capricci (non è che gli spinaci mi facessero impazzire!), ma con la scusa di diventare forte come Braccio di Ferro!!! E io ci credevo pure…
Ecco, di questi tempi ci vorrebbe proprio un Braccio di Ferro che aprisse la sua scatola di spinaci e salvasse il mondo intero dai cattivi…