La casa di Detroit in cui Rosa Parks si è rifugiata dopo aver ricevuto minacce di morte al processo per il suo famoso “No” sull’autobus è stata ricostruita come progetto artistico a Napoli.
La sua ricostruzione ha spinto chi conosce la storia di Rosa Parks (1913-2005) a riflettere sulla sua eredità sociale, in un momento in cui le tensioni razziali aumentano. negli Stati Uniti e altrove.
Rosa Parks ha vissuto in quella casa di Detroit per poco tempo dopo il suo atto di sfida del 1° dicembre 1955.
Rosa ha 42 anni, fa la sarta e ha la pelle nera.
Questa volta si rifiuta di cedere il suo posto sull’autobus 2857 ad un passeggero bianco, come imponeva allora la legge.
Accadde a Montgomery, in Alabama.
Per Rosa Parks scattarono addirittura le manette.
Da lì, da quel gesto così significativo, da quel “No” così potente, il mondo cambiò
Il rifiuto degli afro-americani di salire sugli autobus urbani che ne seguì – e che durò un anno – è considerato la prima grande manifestazione americana contro la segregazione razziale.
Da quel giorno, anche Martin Luther King iniziò a mettere in atto la sua filosofia di azione sociale diretta e non violenta.
Al centro dell’imponente cortile centrale del Palazzo Reale di Napoli si trova una fatiscente casa di Detroit, dipinta a schegge.
Il suo significato? È il luogo dove visse Rosa Parks, simbolo della lotta per i diritti civili degli afroamericani.
È l’ultima tappa di una saga davvero familiare lunga anni, iniziata quando la nipote di Rosa Parks ha salvato la minuscola casa a due piani di Detroit dalla demolizione, dopo la crisi finanziaria del 2008.
La nipote di Rosa ha donato la casa ad un artista americano, Ryan Mendoza, che l’ha ricostruita per un’esposizione pubblica in Germania, e ora in Italia, dopo non aver trovato un luogo di esposizione permanente negli Stati Uniti.
“I membri della famiglia di Rosa Parks sono venuti da me e mi hanno chiesto di salvare la casa in cui Rosa viveva nel 1957”, spiega l’artista Ryan Mendoza.
“Era una casa sulla lista delle demolizioni, una casa che il governo americano era pronto a demolire. E la famiglia Parks ha pagato 500 dollari per salvare la casa dalla demolizione, e – dopo aver chiesto a 25 diverse istituzioni – mi hanno chiesto se sarei stato disposto ad aiutare a salvare la casa. E io, naturalmente, ho detto sì”.
La famiglia ricorda che Rosa Parks, morta nel 2005, aveva vissuto in quella casa di Detroit insieme ad altri 17 parenti.
Ryan Mendoza ha condotto una campagna di sensibilizzazione di oltre cinque anni per richiamare l’attenzione sul valore storico della casa.
“Questa casa racconta davvero la storia del perché la gente in America è così arrabbiata”, dice l’artista.
“È la memoria di quello che diremo ai nostri figli. Come considereremo la memoria e la storia? Questa casa è stata considerata spazzatura dal governo americano. È questo il modo in cui vogliamo andare avanti?”
La Fondazione Morra Greco di Napoli ha contribuito all’organizzazione della mostra “Almost Home” – in programma fino al 6 gennaio 2021 -, con il sostegno del Ministero della Cultura italiano e della Regione Campania.
Maurizio Morra Greco, presidente della Fondazione Morra Greco, afferma che la casa è un indelebile simbolo di ingiustizia razziale.
“Sono convinto che, in questo momento, Napoli abbia l’opportunità di contribuire a questo fenomeno di integrazione. Credo che esporre qui quest’opera sia un dono, ma è anche un onere, perché ci obbliga necessariamente a riflettere“, aggiunge Morra Greco.
L’esposizione è accompagnata da una colonna sonora che si ripete, intitolata “8:46“, e che dura esattamente 8 minuti e 46 secondi.
È il “tempo della morte” di George Floyd, ucciso da agenti di polizia bianchi a Minneapolis, il 25 maggio 2020, tragico episodio che ha alimentato il movimento Black Lives Matter e le proteste in tutti gli Stati Uniti.
E in tutto il mondo.