Quattro mesi, più di quattro mesi. 122 giorni, per la precisione.
Senza lavoro, senza sentirmi utile.
Non per colpa della crisi, non per colpa della guerra, non per colpa del terrorismo.
Ma per colpa di un nemico invisibile, il virus.
Ora, dopo tutto questo tempo, non nascondo di essere emozionato a tornare al lavoro, qui nel Cubo Verde di Euronews, a Lione.
Ormai non ci speravo più, perchè temo che il virus rischi di diventare una buona scusa per ridurre ancora di più il lavoro e le attività economiche.
Chissà. Per ora non ci penso. Per ora mi godo il ritorno al lavoro, una delle mie ragioni di vita (insieme alla famiglia, s’intende). Ma senza lavoro è dura, e non soltanto per la mancanza di denaro.
Il lavoro è vita.
Sono lieto perciò di pubblicare questa mia foto, per certi versi storica, ma nemmeno bellissima, mi è venuta una strana espressione sardonica.
Sarà stata l’emozione, pochi minuti prima di entrare di nuovo al lavoro.
122 giorno dopo.
Quei mancini di Dio…
Se ne sono andati in punta di piedi, a pochi giorni di distanza l’uno dall’altro: Mariolino Corso e Pierino Prati.
Due nomi con il diminutivo per due Campioni con la C maiuscola.
Due “mancini di Dio”, baciati in fronte dal talento pallonaro.
Una vera sfida da derby di Milano, come tutti quelli che hanno giocato a San Siro.
Mario Corso detto “Mariolino” ancora di più, con il suo sinistro fatato, le sue punizioni “a foglia morta”, le grandi vittorie con l’Inter morattiana nonostante un rapporto non certo idilliaco con il “Caudillo” Helenio Herrera, che tutte le estati ne chiedeva le cessione, inutilmente. Per poi accorgersi di non poter fare a meno di Mariolino.
Piero Prato detto “Pierino”, attaccante di razza e di potenza, mancino e pure ambidestro, le sue fortune con il Milan nella notte della tripletta di Coppa Campioni con l’Ajax, poi i gol spettacolari e acrobatici con una Roma che era Rometta, ma che pure lo ha amato immensamente.
Insieme a Pietro Anastasi, detto “Petruzzu”, ora Lassù formano un tridente imbattibile, che meraviglierà anche il mondo celeste con i loro prodigi e i loro gol. Chissà se poi l’allenatore lo farà Helenio Herrera o Nereo Rocco…
Riparte il calcio, riparte la vita. Poi aspettiamo la scuola e il lavoro
Forse sarà persino un tantino esagerato, ma con la ripartenza del calcio, riparte davvero la vita!
In realtà, attendiamo anche la riapertura di altri aspetti della vita di tutti i giorni, come ad esempio la scuola: e solo allora potremo finalmente parlare di vero ritorno alla normalità. La scuola, certo, ci mancherebbe altro…
E il lavoro, ovvio: per tutte le attività che hanno avuto problemi con la quarantena e per tutti coloro che hanno perso il lavoro in questo periodo di m…
Ma, indubbiamente, il valore sociale dello sport, del calcio in particolare, è altissimo: e a dispetto di polemiche infinite e stucchevoli, il nuovo inizio della stagione pallonara, con la Coppa Italia vinta ai rigori dal Napoli sulla Juve, ha ridato fiato alle nostre discussioni da bar (finalmente aperti: ma i giornali bisogna portarseli da casa!) su Sarri, Gattuso, Cristiano Ronaldo e compagnia bella.
Molto meglio che su parole chiave che abbiamo scoperto in questi mesi – “asintomatici”, “assembramento”, “distanziamento sociale” e via maledicendo – che faremo di tutto per dimenticare il prima possibile.
Ce la faremo? Certo che ce la faremo.
Anche con l’aiuto di un pallone.
Di un film al cinema.
Di una cena al ristorante.
Di uno spettacolo a teatro.
Di una campanella a scuola.
Di un lavoro. Nuovo o vecchio.
Anche in libri in quarantena
Come gli esseri umani, i libri sono in quarantena alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, una delle più importanti istituzioni culturali d’Italia. Qui, più di cento chilometri di scaffali raccolgono e conservano tutto ciò che ogni anno viene pubblicato in Italia.
Dopo oltre 2 mesi di chiusura, la Biblioteca ha parzialmente riaperto i battenti e i suoi utenti hanno iniziato a restituire i libri che avevano preso in prestito prima della chiusura.
Tuttavia, i libri non possono essere facilmente disinfettati perché la carta è troppo delicata per essere trattata con qualsiasi tipo di detersivo.
Anna Lucarelli della Biblioteca Nazionale di Firenze: “Tutti i materiali e i volumi, che sono stati in prestito, sono conservati in una stanza designata e ordinati in contenitori specifici, in base alla data di restituzione, per rimanere qui per 7 gi
Nella Biblioteca, la sala di lettura è ora chiusa. L’ultima volta che è rimasta blindata è stato nel 1966, al tempo della grande alluvione. Poi è stata usata come deposito dei libri salvati dal fango e dalla furia dell’acqua.
Secondo Anna Lucarelli, “quella tragedia si trasformò in una grande opportunità perché per la prima volta molti cittadini, non solo italiani ma anche stranieri e molti giovani, percorsero in diversi casi lunghe distanze per venire qui a salvare il loro patrimonio culturale”.
Per tanti, riportare in vita i libri significa fare un passo ulteriore verso il ritorno alla normalità.
Italia ’90 e l’estate dei nostri vent’anni
Porca miseria, ragazzi!
Sono passati 30 anni da quella sera afosa del 9 giugno 1990, quando Totò Schillaci entrò in campo e, su cross di Vialli, segnò di testa il gol della vittoria dell’Italia sull’Austria. 1-0. Iniziarono così, per noi ventenni di allora, le “notti magiche” dei Mondiali di Italia 90. Finiti male per colpa di Maradona e dell’Argentina, ma comunque assolutamente INDIMENTICABILI per tutto il contorno di quella meravigliosa estate.
L’estate dei nostri vent’anni, appunto.
Vi ricordate dove e come avete visto quella partita? Ovviamente si. Io, pure.
L’ho vista a casa della fidanzatina di allora, mi ricordo ancora il nome, Maria Paola Diana (adesso non mi vuole più vedere nemmeno su Facebook), che mi avrebbe scaricato di lì a poco, giusto il tempo di arrivare alla finale per il 3° e 4° posto…
Con lei c’erano alcuni suoi amici bolognesi, visto che la partita l’abbiamo vista in una casa signorile a San Lazzaro di Savena, alla periferia di Bologna. Un boato GOOOOOL! alla zuccata vincente di tale Salvatore Schillaci detto Totò, l’omino con gli occhi fuori dalla testa che sarà capocannoniere dei mondiali e simbolo di quelle “notti magiche”, come le cantavano Bennato e la Nannini nella loro celeberrima canzone.
Porca miseria, ragazzi!
Sono passati 30 anni…
Poi gli azzurri hanno fatto strada, hanno vinto con gli Usa, con la Cecoslovacchia (zampino del solito inarrestabile Totò, ma anche di Roby Baggio), negli ottavi con l’Uruguay e ai quarti con l’Irlanda. Poi, la maledetta semifinale contro l’Argentina, quel maledetto 3 luglio 1990. E sappiamo tutti com’è andata a finire, con l’uscita a vuoto di Zenga, il gol di Caniggia e i rigori vincenti argentini. Quindi, il contentino del terzo posto, nella finale di consolazione contro l’Inghilterra (che nei quarti aveva eliminato un fortissimo e sorprendente Camerun).
Il calcio è fatto di ricordi di vita.
Porca miseria, ragazzi!
Sono passati 30 anni…
Sembra ieri.
Lasciamo perdere cosa abbiamo fatto (e non fatto) in questi 30 anni della nostra vita.
Pensiamo soltanto a quella estate “magica”, a quelle partite viste con gli amici, a quei momenti che non torneranno più, ma che – per un attimo – ci fanno tornare giovani, belli, spensierati e…azzurri.
Tre anni dopo….
3 giugno 2017.
Sono passati tre anni da quella notte in Piazza San Carlo a Torino, dove rischiai di morire. Io, insieme a migliaia di persone. E due donne hanno davvero perso la vita.
Tre anni dopo, nessuno dimentica.
Nessuno dimentica i colpevoli e chi non controllò a dovere che il peggio non accadesse.