“L’Amor senza baruffa” fa sempre centro!
Grazie ancora di cuore .
Le troppe parole del dolore
L’ondata emotiva e mediatica ci ha travolti. Ormai da giorni e giorni, telegiornali, trasmissioni tv, giornali e social non fanno altro che parlare e discutere del caso di Giulia e Filippo, i due giovani fidanzati veneti, poi diventati ex, poi diventati ben altro: lei una vittima innocente, lui un assassino spietato e calcolatore.
Troppe, però, le parole attorno a questo dolore.
Troppe, da parte degli stessi familiari.
Personalmente, mi infastidisce sentire la sorella della povera Giulia pontificare contro tutti gli uomini e contro la “cultura del patriarcato” e dire “bisogna bruciare tutto”. Ma tutto cosa?
Mi infastidiscono anche tutte le interviste rilasciate dal padre di Giulia e dal padre di Filippo, il killer, per il quale, in fin dei conti, “la vita continua”.
Per lui, per il figlio assassino, ma non per Giulia.
Ma, sicuramente, sono parole dettate dal dolore e dalla disperazione.
Mi infastidisce questa ennesima spettacolarizzazione del dolore: 20 anni dopo Cogne e la Franzoni è persino peggio.
Qualcuno mi ha chiesto: “Perché dovrebbero tacere? Le donne tacciono da troppo tempo e questo è il risultato”.
Non sono convinto che sbraitare sia una valida alternativa. Forse lo saranno i corsi di “affettività” ed “educazione sentimentale” proposti nelle scuole, chissà, sicuramente conterà di più la certezza della pena, appena verrà finalmente varata una legge molto più dura di quella attuale sullo stalking, con condanne severissime già alle prime minacce da parte di ex mariti, ex conviventi, ex fidanzati.
Casi singoli, tantissimi certo, ma senza tirare fuori per forza la storia del patriarcato e di tutti gli “uomini cattivi”.
Troppo rumore, troppe parole.
Ma forse è nella nostra natura di essere umani volerci “sfogare” e non tenerci tutto dentro.
Eppure vorrei che fossimo tutti come i genitori di Yara Gambirasio: ve li ricordate? Una conferenza stampa, una volta, e poi basta.
Fine delle inutili parole. Silenzio. Il silenzio del dolore.
Con grande dignità.
Qualcuno mi ha chiesto: “E se fosse successo a tua figlia, che avresti fatto”?
Silenzio. Il silenzio del dolore.
Almeno credo.
Spero di non scoprirlo mai.
Troppe mine antiuomo nel mondo: l’allarme della Campagna internazionale per la messa al bando delle mine
Nonostante siano trascorsi oltre 25 anni dall’adozione dello storico Trattato (o Convenzione) per la messa al bando delle mine, firmato a Ottawa (Canada) il 3 dicembre 1997, le mine terrestri antiuomo sono ancora armi da guerra letali e causano danni catastrofici a persone e comunità.
È stato pubblicato un rapporto – “Landmine Monitor” – sul monitoraggio delle mine terrestri, commissionato dalla Campagna internazionale per la messa al bando delle mine antiuomo (ICBL), che esamina la portata del loro uso e chi le sta ancora utilizzando.
Gli ordigni esplosivi uccidono e feriscono durante le guerre e, vigliaccamente, anche molto tempo dopo la fine delle guerre.
Le mine vengono posizionate sopra o sotto il terreno ed esplodono al contatto con chi le calpesta inavvertitamente, o anche solo in presenza di un minimo contatto.
I bambini, ad esempio, giocano in terreni che potrebbero essere minati: non c’è da meravigliarsi, quindi, che siano proprio loro i soggetti maggiormente a rischio.
Secondo il report 2023, il maggior numero di vittime delle mine è stato registrato in Siria, Ucraina, Yemen e Myanmar.
- Siria: 834
- Ucraina: 608
- Yemen: 500
- Myanmar: 500
Le mine antiuomo vengono generalmente posizionate a mano, ma possono anche essere disperse da aerei, razzi e artiglieria o da veicoli specializzati.
Le mine terrestri distruggono i mezzi di sussistenza, negano l’uso del territorio e ostacolano ulteriormente l’accesso ai servizi essenziali e agli aiuti umanitari in almeno 60 Paesi e territori nel mondo.
Secondo il “Landmine Monitor 2023” dell’ICBL (Campagna internazionale per la messa al bando delle mine antiuomo), i paesi più “contaminati” dalle mine antiuomo sono:
- Afghanistan
- Bosnia-Erzegovina
- Cambogia
- Croazia
- Etiopia
- Iraq
- Turchia
- Ucraina
Il Trattato di Ottawa comprende 164 Paesi nel mondo.
USA, Russia e Cina non hanno mai firmato né ratificato il Trattato.
33 Stati membri dell’Onu non aderiscono al Trattato.
Lettere d’amore (senza tempo) ai marinai. 260 anni dopo….
L’affascinante mondo delle lettere, anche 260 anni dopo essere state scritte.
Le ha scoperte uno storico francese, Renaud Morieux, negli archivi di Sua Maestà: una serie di lettere scritte a marinai francesi è stata finalmente aperta e studiata.
La loro nave “Galatee” fu catturata dagli inglesi durante il viaggio da Bordeaux al Quebec nel 1758, al culmine della Guerra dei Sette Anni (1756-1763), che vide Francia e Regno Unito negli schieramenti contrapposti.
Le lettere vennero inviate soprattutto da mogli e madri, che non conoscevano il destino dei loro mariti e figli.
“Mi sono reso conto subito che non si trattava di lettere ufficiali, di diplomatici, di aristocratici o dell’alta borghesia, ma lettere di gente comune. E così il mio battito cardiaco ha accelerato…
Le lettere offrono uno spaccato straordinariamente “reale” della vita delle famiglie comuni attorno alla metà del Settecento.
Alcune lettere esprimono amore e fedeltà ai mariti e ai fidanzati assenti.
In un’altra – datata 27 gennaio 1758 – una madre, Marguerite (61 anni), rimprovera il figlio Nicolas Quesnel di non scriverle mai.
La maggior parte di chi ha scritto queste lettere non ha mai piu rivisto i propri cari.
Lettere conservate gelosamente
I funzionari dell’Ammiragliato britannico, all’epoca, ritenevano le lettere prive di significato militare e la stragrande maggioranza languiva negli archivi, non aperte, finché non hanno attirato l’attenzione del professor Morieux.
“Ho ordinato la scatola solo per curiosità”, racconta Morieux, i cui risultati sono stati pubblicati martedì sulla rivista “Annales. Histoire, Sciences Sociales”.
Tre pile di lettere molto piccole, tenute insieme da un nastro: Morieux ha detto di “aver realizzato che ero la prima persona a leggere questi messaggi molto personali, da quando sono stati scritti. I destinatari previsti non hanno avuto questa possibilità. È stato molto emozionante”, ha confessato il professor Morieux.
“Queste lettere parlano di esperienze umane universali e non riguardano solo la Francia o il XVIII secolo”, ha aggiunto Morieux. “Rivelano come tutti noi affrontiamo le principali sfide della vita. Quando siamo separati dai nostri cari a causa di eventi al di fuori del nostro controllo, come la pandemia o le guerre, dobbiamo capire come rimanere in contatto, come rassicurare, come prenderci cura delle persone e mantenere viva la passione. Oggi abbiamo Zoom e WhatsApp”, conclude il professor Morieux, “ma nel XVIII secolo le persone avevano solo le lettere. Eppure ciò di cui scrivevano sembra molto familiare”.
È arrivato un bastimento carico di “Bradipi”
Dopo “Pesci Grossi“, Papurello&Tassinari – i Fruttero&Lucentini de’ noartri – decidono di dare un seguito alla storia dell'”Avvelenatrice di Lione”, trasferitasi, sotto falso nome, in Costarica per lasciarsi alle spalle ciò che è stato. Ma quel passato è ancora presente per Elena Grimaldi, alias la misteriosa Luisa Bosco.
Un thriller avvincente che vede coinvolto, anche stavolta, l’ex poliziotto italo-francese Alphonse Ferreri, una spietata killer russa, Irina Asanova, che agisce per conto dello Zar del Cremlino.
E poi un bradipo, inconsapevole protagonista della vicenda…
Questo speciale edizione “cofanetto retro” – edito da Atene del Canavese, grazie all’editore Giampaolo Verga e alla nostra agente Loredana Cella – contiene entrambi i libri, disponibili anche separatamente, con diverse copertine.
Sogno un mondo che non ha bisogno di eroi. E nemmeno di bandiere sui social
Sono tornate le bandiere del Belgio su tutti social network, come già accadde nel 2016 per gli attentati nella metropolitana e all’aeroporto si Bruxelles. L’effetto “social” dell’attentato di lunedì sera nella capitale belga è stato travolgente: il terrorismo dei “lupi solitari” dell’Isis è tornato a farsi sentire, nel giardino dell’Europa Occidentale, nella capitale dell’Unione europea: un 46enne tunisino, clandestino, radicalizzato, cacciato dalla Moschea del quartiere di Schaerbeek per “estremismo”, già conosciuto ai servizi segreti (che, però, l’hanno perso di vista, mostrando vorticose falle nell’intelligence belga) ha ucciso due cittadini svedesi, a bordo di un taxi, pronti per andare allo stadio a vedere la partita. I video postati sui social rivelano dettagli agghiaccianti: il terrorista con il giubbotto arancione fosforescente (quasi una sfida, per non passare inosservato), in tutta calma ha caricato il kalashnikov, lo ha puntato sul taxi, e ha sparato. Poi inseguendo una delle due vittime, che – ancora vivo – era riuscito a fuggire: il killer lo ha raggiunto e freddato nell’androne di un palazzo. Per poi fuggire, per tutta la notte, per ore e ore, nel cuore della Bruxelles europea. Poi rintracciato per colpa di un cappuccino in un bar e ucciso dalla polizia.
Questa la cronaca, che conoscete tutti. E sono spuntate le bandiere belghe, cosè come erano spuntate le bandiere francesi ai tempi – era il 2015 – degli assalti a Charlie Hebdo e del Bataclan.
Era un po’ che le bandiere mancano dai social: dall’inizio della guerra in Ucraina, con il gialloblu ovunque, che poi ha stufato un po’ tutti, dopo 600 e passa giorni di conflitto. Forse era comparsa la bandiera della Turchia, dopo il devastante terremoto del febbraio scorso, che ha provocato circa 50.000 vittime. Ma, certamente, non abbiamo visto invadere i social da bandiere palestinesi e, men che meno, israeliane. Beh, qualche bandiera palestinese in più, senz’altro. Ma non tantissime. Perchè? Perchè è un conflitto in cui non è così netta la distinzione tra “buoni” e “cattivi”, perchè sei i palestinesi sono le povere vittime di decenni di soprusi israeliani, sono anche quelli – non tutti, s’intende – che rinforzano le fila del gruppo terroristico Hamas, perchè gli israeliani, il 7 ottobre, hanno subito una sorta di nuovo “Olocausto”, ma sono pur sempre quelli il cui governo occupa i Territori e tiranneggia gli abitanti della Striscia di Gaza, centellinando da sempre acqua, elettricità, cibo, carburante…
Anche se bisogna sempre distinguere tra popolazione civile, governi e terroristi!
E se non si è sicuri di chi siano esattamente u “buoni” e i “cattivi”, meglio astenersi dalle bandierina usa-getta-acchiappaclick, no?
Ma la guerra, quella sporca e cattiva, non si combatte in un mondo virtuale, ma nel mondo vero e assolutamente imperfetto dell’Anno Domini 2023, dove puà succedere di tutto: che ti entri un palestinese in casa, che ti finisca un missile israeliano sulla testa e persino che il “Macellaio del Cremlino” chieda l’immediato cessate il fuoco. In Medio Oriente, però, non in Ucraina…
Al di là di tutto, retorica compresa, sogno un mondo che non ha bisogno di eroi.
E nemmeno di bandiere sui social.
Genitori-nonni…in salsa latina!
All’asilo di mio figlio Santiago hanno fatto una bella Festa dei Nonni, che si festeggia il 2 ottobre.
Erano invitati tutti i nonni dei 22 bambini della classe di mio figlio: qualcuno, più fortunato, ce li ha tutti e quattro, qualcun altro – come Santiago – ne ha uno solo (Nonno Guido), ma abita lontano. E, quindi, in questo caso, alla festa erano “ammessi” i genitori, al posto dei nonni. Del resto, per l’età, quasi potremmo pure esserlo….
Dalla fantasia delle maestre Elodia e Elena, dopo la canzone dei bambini per i nonni, è nata l’idea di fare una foto in stile-Caraibi. Ci siamo divertiti da matti!
A voi, l’indiscutibile giudizio: stiamo bene con le camicie hawaiane?