Gianni Minà: non solo conoscere i fatti, ma anche i personaggi

Gianni Minà ha inventato un nuovo genere di giornalismo: non solo conoscere i fatti, ma conoscere da vicino i anche i personaggi, protagonisti di quegli stessi fatti. 
E quindi, Fidel Castro, Diego Maradona, Pietro Mennea, Gabriel Garcia Marquez, Muhammed Alì, Robert de Niro e tanti tanti altri (come con Sandro Mazzola, in questa curiosa foto con Gianni Minaà che guarda altrove)… 
Come faceva ad arrivarci? Inizialmente con la sua aria rassicurante, piccoletto, tarchiato e i baffoni: poi, stando dalla “loro parte”, sempre. Sposando in pieno i loro progetti, le loro idee. Forse persino qualcuna sbagliata o discutibile, ma con la forza della coerenza di un grande giornalista. Dotato di una famosa agendina, con tutti i numeri di telefono dei “suoi” personaggi. E a lui bastava alzare la cornetta…
Non è stato Gianni Minà, il mio mito di giornalismo, se mai ne ho avuti. Ma indubbiamente è stato un gigante della televisione, in ogni angolo del mondo e in ogni inquadratura del piccolo schermo. Speriamo che, dietro di sè, abbia lasciato qualche degno erede. 

 

Il lusso del “disimpegno”: mollare lo smartphone e tornare al telefonino

Stanchi di stare sempre incollati allo smartphone?
Non ne potete piû della costante raffica di notifiche e della pressione di essere connessi al mondo 24 ore su 24, 7 giorni su 7?
Vi mancano i vecchi tempi in cui – una ventina di anni fa – i telefoni servivano solo per effettuare chiamate e inviare messaggi Sms?
Negli ultimi anni, in effetti, c’è stata la tendenza crescente ad abbandonare gli smartphone multifunzionali per tornare a telefoni più semplici e classici, soprannominati affettuosamente “dumbphones”. E se la tendenza ha coinvolto, per ora, soprattutto gli Stati Uniti, non tarderà ad arrivare anche in Europa e in Italia.
Ma perché questo improvviso ritorno di fiamma verso una tecnologia meno evoluta?
Analizziamo alcuni dei motivi alla base di questa rivoluzione “vintage”.

Innanzitutto, il lusso del “disimpegno” e del tentativo di semplificarsi la vita, tornando a vecchie abitudini ormai in disuso: come, ad esempio, usare i cd per ascoltare la musica, invece dello streaming, oppure stampare una mappa stradale prima di partire e, se necessario, chiedere informazioni ai passanti, anzichè fiondarsi immediatamente su Google Maps.
Josè Briones, 27enne del Colorado, è uno dei capofila mondiali di questo nuovo lifestyle: da quando abbandonato il suo smartphone per un “telefonino”, non si è più voltato indietro.
“La gente dimentica che vivevamo bene anche senza smartphone, il mondo funzionava anche prima degli smartphone”, spiega Briones. “Una scelta per le persone che vogliono riconquistare il loro tempo e la loro attenzione e avere una vita più profonda e propositiva”, aggiunge, con un tocco sapiente di filosofia.
Come riportato da ExplodingTopics, a livello globale le persone passano in media 6 ore e 58 minuti al giorno davanti allo schermo, con un aumento di quasi 50 minuti al giorno dal 2013.
Briones non è solo nella sua ricerca di riconnettersi al mondo analogico. Aiuta, infatti, a moderare una pagina social della community di Reddit, dedicata ai cosiddetti “dumbphones”, che conta più di 17.000 membri.
Un membro della pagina – Melanin_King0 – ha dichiarato di sentirsi molto meglio in generale da quando è passato a un “dumbphone”, circa tre settimane fa.
“Quando ero costantemente sul mio smartphone sentivo come se il mio cervello si annebbiasse”, dice.

Un altro dei motivi del “cambiamento” è che questa sensazione di “benessere post-smartphone” è supportata anche da uno studio scientifico condotto lo scorso anno dalla Lorestan University of Medical Sciences, un prestigioso ateneo iraniano, secondo cui l’uso eccessivo dello smartphone è fortemente correlato all’aumento dei livelli di ansia e stress.
Inoltre, un altro motivo per cui in molti optano per i cellulari basici è che sono molto più convenienti rispetto agli smartphone. Un semplice telefono può costare ora appena 30 euro, rispetto agli oltre 1.000 euro dell’ultimo iPhone 14 Max Pro.
Sebbene il mercato dei dispositivi non smartphone sia piuttosto limitato, alcune aziende si rivolgono in particolar modo proprio ai consumatori che scelgono di seguire la tendenza tornata in auge. Una di queste società ha sede a Brooklyn e produce il Light Phone, il cui slogan – bellissimo – è: “progettato per essere usato il meno possibile”.
I loro telefoni sono minimalisti ed escludono deliberatamente i social media, la navigazione in Internet e altre funzionalità potenzialmente stressanti.
Il telefono può, tuttavia, funzionare come hotspot wireless e includere strumenti di base, come il lettore musicale e l’app per le mappe.
Secondo i rispettivi amministratori delegati, sia Light Phone che il suo concorrente Punkt hanno registrato una notevole crescita delle vendite negli ultimi mesi.

Quindi: è davvero arrivato il momento di dire addio ai nostri smartphone e tornare alle origini?
A noi la scelta (andando a rovistare in qualche cassetto, dove abbiamo abbandonato i vecchi cellulari)…

“Era ora”

Complice il mio status di influenzato, ho visto su Netflix il film “Era ora”, con Edoardo Leo e Barbara Ronchi come protagonisti.
Un film sul tempo che scorre, che nemmeno te ne accorgi. A tal punto, che dopo la festa di compleanno dei suoi 40 anni, ogni giorno per Dante è di nuovo…il compleanno. E in 10 giorni invecchia di 10 anni….
In realtà non è proprio cosi. Gli altri 364 giorni di ogni anno li vive, ma sembra non viverli, sicuramente non li ricorda, dimenticando e confondendo cose e persone, complicando tutto: dalla famiglia al lavoro. A quel punto, bisogna fare qualcosa per…non perdere altro tempo.
Il tema “tempo da dedicare ai propri cari” è delicato: in una scena del film, la bimba del protagonista dice finalmente “papà”, ma è soltanto all’8°posto tra le parole già dette, persino dopo “cacca”. Al padre deluso, la mamma spiega: “Del resto tua figlia vede più spesso la cacca del papà”….

Remake di un film australiano, “Era ora” è davvero bello e commovente, persino da lacrimoni. Ma si ride pure. Edoardo Leo si conferma un grande, sottovalutatissimo dalla critica.

In 10.000 a Milano per i diritti delle famiglie “arcobaleno”

Circa 10.000 persone sono scese in piazza, sabato 18 marzo a Milano, per protestare contro le misure del governo Meloni, che mirano a limitare il riconoscimento dei diritti genitoriali al solo genitore biologico nelle famiglie dello stesso sesso.

La manifestazione è stata indetta da varie organizzazioni per i diritti Lgbt+ che vedono nella decisione una “discriminazione” nei confronti delle famiglie “arcobaleno”.

Tra i momenti più significativi, il flashmob al presidio per il riconoscimento delle famiglie omogenitoriali, organizzato da FamiglieArcobaleno, I Sentinelli e Cig Arcigay Milano.
Migliaia di penne levate verso il cielo di Milano, simbolo delle firme sui registri che non possono essere più apposte.

Tra i manifestanti, anche Elly Schlein, neo segretaria del Partito Democratico, che ha definito ideologica, “crudele” e discriminatoria la “repressione burocratica” del governo sulle famiglie Lgbt+ e ha promesso di spingere affinché una nuova legge.
“Parliamo di diritti calpestati quando sono già riconosciuti dalla nostra Costituzione. Parliamo di ragazze e ragazzi già cresciuti nelle nostre comunità, che frequentano le nostre scuole”, ha dichiarato Elly Schlein. riconosca e protegga meglio i loro diritti.

Questa settimana, il ministero dell’Interno – tramite il Prefetto di Milano, Renato Saccone – ha ordinato al Comune di Milano e al sindaco Beppe Sala di interrompere la registrazione dei bambini nati all’estero come figli di coppie dello stesso sesso.
Queste registrazioni sono un atto burocratico necessario per riconoscere una serie di diritti dei genitori, come l’autorizzazione a cure mediche o la partecipazione a gite scolastiche.

Questa misura limita la potestà genitoriale solo al genitore biologico, nel momento in cui una coppia dello stesso sesso registra i propri figli in comune. Una decisione basata su una legge del 2004 sulla procreazione medicalmente assistita, consentita solo alle coppie eterosessuali,

A luglio 2022, il sindaco di Milano, Sala, ha iniziato ad autorizzare l’iscrizione dei figli delle coppie omosessuali, considerato che esisteva a tutti gli effetti un vuoto normativo e circa 300 famiglie hanno potuto iscrivere i figli come “propri”, e non solo adottati, nel registro civile.

Gli attivisti per i diritti Lgbt+ hanno denunciato il provvedimento come prova dell’omofobia e della discriminazione del governo nei confronti delle loro famiglie e dei loro figli.
“Peggio che in Ungheria”, ha dichiarato il parlamentare Pd, Alessandro Zan.

Cos’è il “certificato europeo di filiazione”?

Nei giorni scorsi è arrivato il “No” del governo-Meloni alla proposta di regolamento Ue sul certificato europeo di filiazione: quello secondo cui la genitorialità stabilita in uno Stato membro va riconosciuta in ogni altro Stato membro, senza procedure speciali, che si tratti di figli di coppie eterosessuali od omogenitoriali, di figli adottati o avuti con la maternità surrogata dove sia consentita.

La commissione Politiche europee del Senato ha infatti approvato con 11 voti a favore su 18 una risoluzione della maggioranza che di fatto affossa il regolamento europeo.

Compatte sul no tutte le opposizioni, ma non è bastato per fermare il blitz della maggioranza. Il testo della risoluzione sostiene che “l’obbligo di riconoscimento del certificato Ue di filiazione non rispetta i principi di sussidiarietà e proporzionalità, per cui se venisse adottato sarebbe un’invasione del diritto europeo su quello nazionale”. 

“Si trattava di riconoscere uguaglianza e civiltà. Ormai siamo alla destra ungherese”, ha commentato il deputato del PD Alessandro Zan.
Entrando nello specifico del testo del regolamento, questo non richiede agli Stati di riconoscere alle coppie gay il diritto di adottare bambini né tanto meno obbliga a riconoscere la pratica della maternità surrogata nella propria nazione, ma richiede solo di riconoscere ai bambini eventualmente nati in altri Stati da coppie gay o da maternità surrogata gli stessi diritti che hanno gli altri bambini. L’idea è appunto armonizzare il diritto degli Stati membri per fare in modo che un bambino che ha un diritto in una nazione non lo perda se per caso va in un’altra. Ad esempio, un bambino che è figlio di una coppia gay regolarmente residente e sposata in Spagna, dovrebbe secondo Bruxelles essere considerato come figlio di entrambi i genitori anche nel caso la famiglia si trasferisse in Italia.
L’intervento della Commissione europea nasce dal fatto che in passato figli di coppie gay si sono trovati in una sorta di limbo quando i loro genitori si sono spostati da uno Stato membro dell’Ue all’altro. Uno dei casi limite che ha scatenato un forte dibattito è stato quello di una coppia di donne, una bulgara (la madre biologica) e una di Gilbilterra, che si erano sposate in Spagna e avevano avuto lì un bambino. Questo bambino non poteva avere la cittadinanza spagnola non avendo genitori spagnoli, ma anche la Bulgaria gli voleva rifiutare la sua cittadinanza, non riconoscendo il certificato di nascita che, come concesso dalla legge spagnola, elencava le due donne come madri del piccolo assegnandogli entrambi i loro cognomi. Alla fine la Corte Ue ha stabilito che Sofia doveva concedere il passaporto al bambino, che altrimenti sarebbe rimasto apolide, pur essendo nato da una madre bulgara.

RIFLESSIONE SULLA TV DEL DOLORE: NON PER I MIGRANTI, MA PER COSTANZO

Ore e ore di “tv del dolore”. Non sulla tragedia dei migranti in Calabria, no. Ma sulla morte di Maurizio Costanzo. Mediaset non parla d’altro da quattro giorni, la Rai più o meno la stessa cosa. Nemmeno per Ratzinger e Wojtyla, cosi tanto.
Ma fanno bene. Acchiappano l’interesse del pubblico, del loro pubblico. Numeroso, in qualunque fascia d’età. Una platea sterminata di telespettatori che diventano “amici”, a tal punto da chiedere un selfie per ricordo.
Un livello nazional-popolare, creato proprio con l’aiuto delle trasmissioni di Costanzo, di qualità più alta, e della vedova di Costanzo, di qualità più bassa, che rispecchia però fedelmente l’interesse della nostra società, interessata soprattutto ai fatti dei Vip: vita morte e miracoli.
Ma non è grave, succede.
Anch’io qualche giorno fa ho fatto un selfie con un personaggio famoso, Giacomo Agostini, incontrato per caso. Chi non vorrebbe avere un selfie con un Vip?
In questo mondo, del resto, conta più essere famosi che ricchi, credo.
Purtroppo i migranti, in questo, non fanno notizia. Non erano famosi.
“La tv del dolore”, tranne qualche servizio nel Tg, non è fatta per loro.

TOPSHOT – A photograph taken on February 28, 2023 shows a onesie and pieces of wodd washed up on the beach, two days after a boat of migrants sank off Italy’s southern Calabria region, in Steccato di Cutro, south of Crotone. – The overloaded wooden boat broke up and sank early on February 26, 2023 in stormy seas off Italy’s southern coast, with bodies, shoes and debris washing up along a long stretch of shoreline. The death toll rose on February 27, 2023 to 62 people, a coast guard official told AFP — and

QUELLE CLASSICHE RAPINE ALLE GIOIELLERIE…

Sono un appassionato lettore dei gialli di Paolo Roversi, in particolare della serie di Radeschi, ma questo è il mio primo “contatto” con la profiler Gaia Virgili: e mi è piaciuto molto!
Una classica serie di rapine nelle gioiellerie di mezza Europa e una vertiginosa caccia alla banda da parte della squadra guidata da Gaia Virgili.
Molta azione, pochissime divagazioni, tutti i personaggi azzeccati, le caratterizzazioni psicologiche che servono e i “buoni” che ce la fanno anche stavolta a spuntarla sui “cattivi”.
Ma le avventure della profiler continueranno… E io, intanto, mi leggo quelle che ancora non ho letto!

 

 

Il lusso del caviale: non al ristorante, ma nelle boutique di cosmetica

Il caviale non più solo come delizioso status-symbol gastronomico, ma anche lussuoso ed efficacissimo prodotto per la bellezza della pelle e del corpo. Benchè il caviale sia usato da tempo in cosmetica, soltanto negli ultimi tempi ha ottenuto – anche in questo settore- il successo e la considerazione che merita.
E sgombriamo subito il campo dai dubbi sui prezzi potenzialmente stratosferici delle creme al caviale: in genere, più costose della media, ma in linea con il mercato d’elite. Tranne per alcuni prodotti di assoluta “eccellenza”.
La più grande qualità del caviale in ambito cosmetico? Combatte l’invecchiamento della pelle, lasciandola liscia e luminosa.
Le creme al caviale sono un toccasana per avere un aspetto più giovane e tonico: è un concentrato di proteine, aminoacidi, acidi grassi, lipidi, minerali e vitamine A, B1, B2, B6 e D, particolarmente indicato per uomini e donne in età matura che vogliono contrastare i segni del tempo.
Creme, sieri e maschere al caviale: c’è solo l’imbarazzo della scelta. Dall’elisir anti-age al contorno occhi, dalle maschere viso ai trattamenti per le labbra e alle creme per le mani, fino al “Vitabay” alle perle di caviale – un eccellente siero in gel anti-invecchiamento – e al “Locherber Green Caviar”, un mix tra cellule staminali vegetali e caviale botanico, da utlizzare come straordinaria crema anti-age.
Nei negozi di cosmetica, questi sono prodotti che, in confezioni da 30 ml, si possono trovare a 60-70 euro, qualcuno di questi prodotti anche prezzo inferiore.
Il livello sale con la crema Caviar Matis, 100% di caviale francese con ricco contenuto di Omega3, proteine, minerali e citamine al collagene marino alla rosa damascena. Confezioni a partire da 156 euro.
Ma il vero “deluxe” comincia con i prodotti “hors catégorie“, come la preziosa crema al caviale La Prairie, l’apice del lusso in fatto di skincar, con tecniche di bioingegneria per arricchire l’estratto di caviale naturale con gli ingredienti più efficace: in questo caso, una confezione grande costa 1.154 euro! 478 euro quella più piccola…
Che sia a tavola o sulla pelle, in definitiva il caviale resta sempre e comunque un prodotto di lusso: adesso per avere un buon caviale, però, non bisogna più andare al ristorante, bensì in una boutique di cosmetica

 

Il “dispiacere” di essere Ignazio La Russa

“Accetterei con dispiacere la notizia di un figlio gay: come se fosse milanista, diverso da me. Un padre etero vorrebbe che il figlio fosse come lui”.
Frase molto infelice di Ignazio La Russa, che prima di essere un padre più o meno orgoglioso e un focoso tifoso dell’Inter, dovrebbe ricordarsi – ma se ne dimentica spesso – di essere il Presidente del Senato dela Repubblica, la seconda carica dello Stato in Italia.
Intervistato dal programma Rai “Belve”, La Russa prova a spiegarsi, ma peggiorando le cose: “Leggo di tante critiche che vengono da chi non ha neanche visto il programma, visto che va in onda stasera, senza capire il contesto. A una domanda specifica ho risposto che avere un figlio gay sarebbe un piccolo dispiacere, ma non un problema. Poi mi è capitato sul serio: uno dei miei figli andava allo stadio a vedere il Milan, e per me è stato un piccolo dispiacere, nulla di più”.
Apriti cielo, per l’ennesima gaffe di La Russa.
Subito sono arrivati commenti al vetriolo, nei confronti del numero uno di Palazzo Madama: “Avere un padre con i busti di Mussolini in camera da letto, quello si che è un dispiacere”, ha scritto su Twitter il deputato PD Alessandro Zan.
Rincara la dose Elly Schlein, in corsa per la segreteria del Partito Democratico: “L’unica sciagura per le famiglie italiane è avere la seconda carica dello Stato che fa dichiarazioni omofobe, sessiste e nostalgiche dimostrando la totale inadeguatezza al ruolo istituzionale che ricopre”.
La figuraccia di La Russa è continuata a livello planeterio, con siti e giornali di mezzo mondo che hanno ripreso la sua infausta affermazione.
Adesso, il vulcanico Ignazio dirà che “era una battuta” e che è stato “mal interpretato”, ma per lui vale in assoluto il sempre valido consiglio: il bel tacer non fu mai scritto.

Spagna, via libera alla legge per il cambio di genere a partire dai 16 anni

La Spagna ha approvato la cosiddetta “Legge Trans” che consente il libero cambio di genere a partire dai 16 anni.

I parlamentari spagnoli hanno definitivamente adottato la normativa che consente alle persone di cambiare sesso attraverso una semplice dichiarazione amministrativa. La decisione ha scatenato un acceso dibattito all’interno della stessa coalizione di sinistra al potere.

Il testo elimina l’obbligo di fornire referti medici attestanti la disforia di genere e la prova del trattamento ormonale seguito per due anni, come avveniva finora per gli adulti.
La legge, promossa in particolare dalla ministra spagnola delle Pari Opportunità Irene Montero (Unidas Podemos) e richiesta a gran voce da diversi collettivi LGTB+, contempla la possibilità di chiedere la modifica del proprio sesso all’anagrafe (attraverso una doppia dichiarazione a distanza di tre mesi) senza autorizzazioni giudiziarie o mediche a partire dai 16 anni (dai 14 previo assenso genitoriale).  Tra i 14 e i 16 anni servirà invece il consenso dei genitori, mentre tra i 12 e i 14 l’approvazione giudiziaria.
La legge, inoltre, proibisce le terapie di conversione e mette in atto misure contro l’omofobia nei settori della salute, dell’istruzione e dell’occupazione.

Proprio questo e altri aspetti del testo sono stati a lungo oggetto di polemiche che hanno provocato divisioni all’interno del movimento femminista spagnolo: in particolare, una parte delle femministe si dice contraria a questa norma in quanto vede in essa problemi potenziali di “insicurezza giuridica”, di applicazione di politiche contro la discriminazione delle donne e per quanto riguardo l’autodeterminazione dei minori di 18 anni.

Il Congresso spagnolo dei deputati ha approvato in via definitiva anche la riforma sulla salute sessuale e riproduttiva e l’interruzione volontaria della gravidanza che introduce il congedo mestruale, sovvenzionato dallo Stato, con certificato medico, per chi soffre di mestruazioni dolorose e invalidanti.

Lo stesso provvedimento garantisce l’aborto “libero e sicuro” nelle strutture pubbliche a partire dai 16 anni e introduce in Spagna la distribuzione gratuita di assorbenti e prodotti di igiene intima per il ciclo mestruale in scuole, carceri ed enti pubblici.

Il provvedimento è stato approvato con 185 voti a favore e 154 contrari.

People celebrate the new Transgender Law on the steps of the parliament in Madrid, Spain, Thursday, Dec. 22, 2022. Spain’s lower house of Parliament has passed a transgender law that allows citizens over 16 to change their registered gender without medical supervision. Under the law, drawn up by the center-left coalition government, minors between 12 and 13 will need a judge’s authorization to undergo the change and those between 14 and 16 will need to be accompanied by their parents or legal tutors. (AP Photo/Paul White)